Chi non si è mai sentito stressato? Ci sentiamo spesso sovraccaricati da richieste, da aspettative – sia familiari che lavorative – e da mille impegni giornalieri, le cui pressioni ci spingono a credere di non farcela a gestire il tutto nelle 24 ore di una giornata. In realtà è la società odierna ad essere stressante, tale da rendere il termine talmente diffuso che lo sentiamo ormai lamentare anche dai bambini. Ma lo stress può diventare un elemento positivo?
Sebbene comunemente esso venga inteso nella sua accezione negativa, in realtà si presenta in due modi diversi: accanto a quello negativo, definito “distress”, vi è uno stress positivo, detto “eustress”. Quest’ultimo è una forma di energia, proveniente da stimoli di varia natura e a cui siamo naturalmente esposti, che ci infonde vitalità e che risulta essere indispensabile per mantenerci attivi e per allenare la nostra capacità di adattamento psicofisica. In fondo è un meccanismo di difesa, una reazione a condizioni di forte stimolazione emotiva e psicologica, con la funzione di proteggerci da ciò che viene percepito pericoloso. É il “distress”, quale stato cronico di tensione ad essere, invece, dannoso: in quanto parte dello stile di vita quotidiano si intensifica col tempo, tramutandosi in malessere.
Il nostro organismo percepisce istantaneamente la tensione provocata dallo stress e, interpretandola come situazione di emergenza, innesca una serie di alterazioni fisiologiche. Il corpo necessita di energia e quindi il fegato rilascia glucosio; la pressione, il battito cardiaco, il respiro e il metabolismo aumentano; viene prodotta maggior quantità di adrenalina e di cortisolo; il midollo spinale emette più globuli bianchi. Dunque se tali modificazioni fisiologiche cessano in un breve lasso di tempo, non ci saranno danni, ma se lo stress si prolunga risulta certamente nocivo, determinando notevoli conseguenze negative. L’equilibrio psicofisico viene alterato; il sistema immunitario si indebolisce; l’ansia aumenta; la depressione o l’aggressività diventano risposte frequenti; le capacita cognitive, come la concentrazione o la capacita di prendere decisioni, vengono inficiate; il sonno e l’appetito alterati, fino a sviluppare dei propri disturbi fisici di origine psicosomatica.
Certamente non possiamo eliminare tutte le fonti di stress, la vita stessa ha ritmi pressanti e ci riserva eventi imprevedibili e non sempre piacevoli. Allora per non soccombere, bisogna intervenire in modo tempestivo se sentiamo che il carico sia oltre i nostri limiti o agire preventivamente. Prevenire vuol dire rendere i nostri doveri ed impegni maggiormente sopportabili, introducendo nella nostra quotidianità attività piacevoli come hobby, attività fisica o meditativa e momenti di svago, per scaricare la tensione evitando che se ne accumuli troppa e si trasformi appunto in di-stress. Un altro fattore di prevenzione è il coltivare rapporti sociali: studi sperimentali hanno dimostrato che avere una rete di relazioni importanti nel quale trovare supporto nei momenti delicati, riduce il rilascio del tipico ormone dello stress, il cortisolo.
Sicuramente il nostro atteggiamento di fronte agli impegni ne condiziona il modo di viverli. Gli studi cognitivi ci insegnano che un pensiero pessimista porta a considerare gli eventi più stressanti del dovuto, mettendoci in un continuo stato di allerta e di preoccupazione. Un atteggiamento ottimista, invece, ci permette di dare un diverso significato a ciò che accade, vivendo anche un evento sfavorevole come esperienza di crescita e questo dà la possibilità di adattarci e trasformarlo in spinta propulsiva.
Dunque per non subire il deterioramento fisico e psicologico causato dallo stress, è necessario mettere in atto strategie adattive, comportamenti salutari e sviluppare il pensiero positivo; siamo noi stessi la difesa più forte contro il di-stress, quindi possiamo reagire alle tante stimolazioni, neutralizzando gli effetti negativi e trasformando gli elementi stressogeni in energia dinamica.
Ornella Maggio
Bibliografia
O’Sullivan, G., The Relationship Between Hope, Eustress, Self-Efficacy, and Life Satisfaction Among Undergraduates (2010).
Folkman, S., Schaefer, C. & Lazarus, R.S. “Cognitive Processes as mediators of Stress and Coping”, in V. Hamilton e D.M. Warburton (a cura di), Human Stress Cognition, Chichester, Wiley & Sons. (1980).
Articolo molto interessate sopratutto per la differenza tra eustress e distress!