Zombie: Finzione o realtà?

 

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Immagine disponibile su www.pixabay.com

“Nessuno aveva il coraggio di fermarli, poiché erano cadaveri che camminavano alla luce del sole” – William Seabrook

 «Gli occhi erano il peggio. Non era la mia immaginazione. In verità erano come gli occhi di un morto, fissi, sfocati, incapaci di vedere. L’intero volto, per quel che importa, era già messo abbastanza male. Era assente, come se non ci fosse niente dietro. Sembrava non solo senza espressione, ma incapace di averne una» (Seabrook, 1929). Occhi spenti e appannati, andatura lenta e zoppicante, sguardo vuoto ma terrificante: una descrizione che ormai siamo abituati ad associare con una delle creature più in voga degli ultimi anni.

Fra telefilm del calibro di The Walking Dead (serie TV tratta dall’omonimo fumetto di Robert Kirkman) e video-giochi come Resident Evil, Dead Island e The Last of Us, la figura dello zombie è divenuta pian piano un’icona dei generi horror e post-apocalittico. L’essere umano, o meglio il sopravvissuto, è costretto ad affrontare una minaccia diversa e terribile: familiari, amici e conoscenti che, trasformati in esseri privi di ragione e intelletto e guidati solamente da un’insaziabile fame, portano distruzione ovunque passano, tanto che spesso, in queste realtà alternative e fittizie, si giunge alla totale scomparsa della civiltà così come la conosciamo.

La citazione introduttiva ha tutta l’aria di essere una rielaborazione moderna del “mito” degli zombie. In realtà, è tratta dal diario di viaggio di William Seabrook, esploratore conosciuto per le sue tendenze verso l’occulto, The Magic Island, pubblicato nel 1929, quasi quarant’anni prima dell’uscita del cult cinematografico di George A. Romero, La notte dei morti viventi (1968), ovvero quello che è considerato il film capostipite di questo nuovo sotto-genere dell’horror. Il diario di Seabrook venne scritto durante una delle sue “avventure”, quando incuriosito dai racconti di magia e di riti vudù, decise di esplorare Haiti, nel Mar dei Caraibi. Qui riscontrò una realtà di sincretismo religioso, dove l’animismo africano degli schiavi, portati dai Portoghesi durante il periodo coloniale, si fuse con il Cattolicesimo, facendo fiorire così una religione erroneamente confusa in seguito con un culto fatto di riti di magia nera e maledizioni vendicative.

Una delle osservazioni compiute da Seabrook e in seguito confermate nei resoconti dei suoi viaggi da Wade Davis (antropologo canadese, nonché illustre autore del libro Il Serpente e l’arcobaleno (1985), testo che verrà romanzato sul grande schermo dal maestro dell’horror Wes Craven) fu riguardo a degli uomini, apparentemente vivi, ma dallo sguardo vuoto e quasi totalmente privi di funzioni intellettive: i cosiddetti zombie. Indagando, scoprì che alcuni praticanti della religione vudù, i bokor o sacerdoti, erano in grado, attraverso dei rituali magici, di riportare in vita degli uomini deceduti di recente. «Lo zombie, dicono, è un cadavere umano privo di vita, ancora morto, ma preso dalla sua tomba in lui è instillata una sembianza di vita meccanica attraverso la stregoneria – è un corpo morto fatto camminare e agire e muovere come fosse vivo.» (Seabrook, 1929). Gli usi di questi fantocci senza ragione erano poi infiniti, c’era chi li utilizzava per compiere qualche crimine efferato o, semplicemente, per svolgere le pesanti e tediose mansioni nella propria fattoria, a mo’ di schiavo.

Ma come era possibile rianimare questi cadaveri?

Sebbene si debba a Seabrook il primo utilizzo del termine “zombie” all’interno di un lavoro di fruizione pubblica (e quindi la diffusione su scala mondiale di un nome per questi morti viventi), fu Wade Davis a rivelare i presunti segreti delle resurrezioni haitiane. Durante la stesura del suo secondo testo sull’argomento, Passage of Darkness: the ethnobiology of the haitian zombie (1988), lo studioso rivela di essere riuscito a corrompere uno dei bokor che gli consegnò quindi un campione della cosiddetta “polvere degli zombie”. Attraverso analisi di laboratorio, fu riscontrata la presenza di una tossina, la TTX o tetrodotossina, un potente veleno psico-attivo presente, per esempio, nel pesce palla, che anche in piccole dosi è in grado di uccidere in poco tempo, spegnendo a poco a poco prima il sistema nervoso (inducendo la vittima in uno stato vegetativo) e poi quello respiratorio.

In Passage of Darkness, Wade spiega anche l’ipotetico funzionamento pseudo-scientifico del rituale: assunta la TTX in dosi irrisorie, il corpo si “spegnerebbe” proprio come negli avvelenamenti registrati, ma, in questo caso, simulerebbe solamente il decesso; una volta riesumato, il corpo in questo stato simile alla morte viene rianimato con delle erbe allucinogene che fanno credere al mal capitato di essere stato riportato in vita dal bokor e, suggestionato da avvenimenti che non riesce a comprendere, accetterebbe la sua nuova realtà di schiavo assoggettato al sacerdote, credendo di essere realmente uno zombie. Anche se quella presentata non è una teoria supportata scientificamente, la presenza della TTX all’interno della polvere sembra essere verificata. Tuttavia i sacerdoti, non possedendo una ricetta vera e propria, sono costretti a sperimentare le dosi della polvere volta per volta e di conseguenza gli zombie, secondo quanto affermato da Davis, sono davvero rari: molte delle vittime muoiono… definitivamente.

Nonostante simili nell’aspetto, le differenze fra lo zombie haitiano e quello “contemporaneo” sono numerose. Una delle più evidenti per appassionati (e fruitori occasionali) è forse l’aspetto cannibalistico (tramite il quale le orde, mosse solamente da una fame primordiale, contagiano il resto della popolazione), che sembra totalmente assente nella versione “originale” della religione vudù. In un’intervista del 2010 a Vanity Fair, Geroge A. Romero conferma di aver inserito lui questa modifica, anche per mantenere un distacco nei confronti del “mito” haitiano, e rivela inoltre (nonostante le varie analisi e ipotesi formatesi nel tempo) di non aver particolarmente dato peso alle spiegazioni dietro la creazione del suo zombie perché il centro dei suoi film sono gli uomini e le loro reazioni, ma, soprattutto, di non aver né creato né mai utilizzato lo zombie “mangia-cervelli” sul quale tutti ancora lo interrogano (il primato di questa innovazione si deve a Il ritorno dei morti viventi del 1985, diretto da Dan O’Bannon, capitolo totalmente a parte rispetto alla celebre saga dei morti viventi di Romero). Altri aspetti come il livello di decomposizione dei vari cadaveri ambulanti, la velocità di trasformazione, le cause dell’infezione, la rapidità del movimento etc. sono tutti fattori che distinguono i vari zombie offerti dai media, presentando ogni volta un nuovo mistero e nuove situazioni nelle quali il resto della popolazione è spesso costretta a compromettere la propria umanità per salvare sé stessi e altri.

Che siano gli innocui schiavi dei bokor o le temibili orde di Romero e Kirkman1, gli zombie sembrano instillare un senso di inquietudine in chi è costretto ad affrontarli, direttamente o attraverso uno schermo televisivo, ma anche una curiosità che ci spinge sempre di più a chiederci come ci comporteremmo durante una fantomatica apocalisse zombie.

Anna Giulia Macchiarelli

Info

 

 

 

1Un’interessante nota su questi due autori riguarda il conflitto tra le due realtà di zombie: Romero ha affermato più volte di non essere un fan della serie The Walking Dead, ridicolizzandola come una soap opera, contornata da qualche zombie occasionale [cfr. Big Issue]. Kirkman, invece, durante il programma di interviste Talking Dead ha spiegato il motivo per cui nel telefilm non compare mai il termine zombie: a quanto pare, nell’universo televisivo di The Walking Dead, i film cult di Romero… non esistono.

 

Bibliografia

Davis, W. (1985), The Serpent and the Rainbow

Davis, W. (1988), Passage of Darkness: the ethnobiology of the haitian zombie

Seabrook, W. (1929), The Magic Island

Sitografia

Mackenzie, Steven, George A. Romero Interview: “The Walking Dead is just a soap opera with the occasional zombie”, 05/11/2013, in bigissue.com, http://www.bigissue.com/features/interviews/3181/george-romero-interview-walking-dead-just-soap-opera-occasional-zombie

Morrison, Jamie, On The Magic Island, 29/06/2008, in thenonist.com, http://thenonist.com/index.php/thenonist/permalink/the_magic_island/

Potts, Kimberly, Why Walking Dead Zombies Are Called Walkers, 24/10/2011, in thewrap.com, http://www.thewrap.com/why-walking-dead-walkers-are-called-walkers-and-an-episode-3-preview-video/

Spitznagel, Eric, George A. Romero: “Who Says Zombies Eat Brains?”, 27/03/2010, in vanityfair.com, http://www.vanityfair.com/hollywood/2010/05/george-romero

Turconi, Gianluca, Il voodoo e i veri zombie: da una religione per gli schiavi alla magia nera, in LettureFantastiche.com, http://www.letturefantastiche.com/il_voodoo_e_i_veri_zombi_da_una_religione_per_gli_schiavi_alla_magia_nera.html

Wikipedia, The Free Encyclopedia (Wade Davis, William Seabrook, George A. Romero).

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