Molto spesso genitori stremati dai capricci dei propri figli si rivolgono ad un consulente pedagogico o ad un insegnante per trovare una soluzione. Ma cosa sono i famosi e tanto temuti capricci?
Innanzitutto, così come riteneva Franco Panizon, fondatore dell’Associazione Culturale Pediatri e della rivista Medico e Bambino, si tratta di un fenomeno relazionale: significa che per strutturarsi e avvenire è necessaria la compresenza di un bambino e di un adulto di riferimento, che può essere un genitore o un’altra persona molto vicina. Troppo spesso infatti si considera il capriccio come un fenomeno che riguarda soltanto il bambino e si utilizza l’aggettivo capriccioso per descrivere una caratteristica personale del bambino; in realtà non esiste nessun bambino che faccia un capriccio per via della sua personalità o quando si trova da solo. I capricci sono manifestazioni relazionali, cioè nascono all’interno della relazione, si svolgono all’interno della relazione e mirano a modificare qualcosa di importante all’interno della relazione stessa.
I capricci possono essere considerati un normale passaggio della crescita e dello sviluppo in età pre-scolare, e non tutte le sfaccettature e caratteristiche del capriccio dipendono dallo stile educativo che acquisiamo, cioè dall’insieme di tutti quegli atteggiamenti e comportamenti che i genitori esercitano nei confronti dei figli. I capricci sono strutturati sempre su due piani: uno, quello esplicito, che riguarda richieste sciocche, praticamente irrilevanti per entrambi i partner relazionali (per esempio, un gelato non acquistato); l’altro piano, quello importante, implicito, di cui entrambi non sono consapevoli, se non in modo piuttosto sfumato: quello che si gioca sul piano implicito può riguardare molti aspetti della vita mentale e relazionale del bambino e della relazione tra il bambino e l’adulto.
Quindi, alla base dei temibili capricci, ci possono essere diverse motivazioni, che potremmo definire bisogni:
- bisogni di base o fisici: la fame e la stanchezza comportano un malfunzionamento del cervello e sono forti generatori di stress, quindi in momenti particolari sarà più facile che un bimbo manifesti atteggiamenti “capricciosi”;
- bisogni collegati al contesto di vita: il bambino potrebbe lanciare segnali di disagio causato da situazioni interne o esterne al nucleo familiare; di fronte ad un capriccio è possibile porsi delle domande: può essere che sia successo qualcosa a scuola o con un amico, oppure che all’uscita da scuola noi non abbiamo accolto adeguatamente i nostri figli, magari non li abbracciamo, oppure non dedichiamo abbastanza attenzione alle loro spiegazioni, o ancora non rispettiamo i loro stati d’animo. I bambini non sanno dire esattamente cosa provano di fronte a tali atteggiamenti, così rispondono attraverso richieste “materiali”; solo in questo modo riescono ad ottenere una “prova d’amore”, dal momento che non l’hanno ricevuta attraverso il contatto e la comprensione;
- bisogni psicologici legati allo sviluppo e alla crescita. Questi ultimi, secondo Margot Sunderland, insegnante e psicoterapeuta, direttrice dell’ Institute for Arts in Therapy and Education di Londra, sono:
- Il bisogno di sentirsi amato. È come se il bambino stesse dicendo “Ho bisogno di un segno concreto del tuo amore, perché non sono sicuro che tu (in questo momento, o in questo periodo) mi ami”.
- Il bisogno di misurare il proprio potere. È come se il bimbo stesse dicendo “ho bisogno di sapere quanto potere ho”: percepire di avere un effettivo potere è il modo per percepire se stesso come soggetto della propria vita.
- Il bisogno di misurare il potere dell’adulto. Il bambino segnala che ha bisogno che vengano attivate funzioni “paterne”, benevoli ma ferme, che sanciscano i limiti e le regole.
- Il bisogno di autonomia. È come se il bimbo volesse dire “Ho bisogno di sapere che ho un certo grado di autonomia”.
- Il bisogno di contenimento come soggetto. In questo caso il bambino vorrebbe dire “Ho bisogno di percepire me come soggetto ma voglio anche che tu mi dia dei limiti e dei paletti entro i quali sentirmi pienamente e tranquillamente un soggetto”. Per il bambino, come del resto per l’adulto, è più importante sentirsi riconosciuto come soggetto desiderante, piuttosto che non ottenere la cosa desiderata.
È doveroso ricordare che la zona cerebrale adibita al riconoscimento, al controllo e alla modulazione delle emozioni nei bambini non è ancora strutturata completamente: questa parte è in continua formazione, pertanto il bambino non è in grado di controllare la sua emotività. Per questo motivo spesso il bambino entra, involontariamente, in un circolo vizioso (chiamato nella letteratura anglosassone “tantrum”) del quale lui stesso diventa la vittima; inizia una crisi isterica e il bambino perde il controllo, diventa davvero ingestibile e incontenibile.
Ed eccoci arrivati alla domanda che ogni genitore si pone: “Cosa devo fare?”
Spesso l’adulto si sente investito da un turbinio di sensazioni e di emozioni (angoscia, frustrazione, delusione, tristezza, rabbia, ansia…), per cui può perdere l’orientamento e brancolare. Ciò accade innanzitutto perché ci si lascia trascinare dalla parte emozionale e istintiva di noi che non ci permette di andare oltre al piano esplicito del capriccio. Quindi, uno dei due partner relazionali cede, ma questo genera frustrazione e rabbia in entrambi, sia nel mentre della situazione sia dopo, quando il capriccio è stato accantonato.
Come è possibile agire nel migliore dei modi?
Innanzitutto è indispensabile che sia individuato il piano importante, quello implicito, e che le interazioni proseguano su quel piano, abbandonando quello falso di superficie.
Ecco alcuni suggerimenti per affrontare i capricci: utilizzare la nostra intelligenza emotiva e le nostre competenze empatiche, mantenendo la calma per poter essere disponibili all’ascolto e al dialogo; cercare di analizzare la situazione e chiedersi quale potrebbe essere il vero motivo del capriccio; tenere in considerazione le emozioni del bambino e le proprie, mettendo in primo piano la relazione; insegnare le modalità idonee per esprimere emozioni, disagi, preoccupazioni e bisogni; proporre alternative; osservare e ascoltare, così come descrivono esaurientemente nei loro testi Panarese e Cavallo, scrittori, formatori, consulenti genitoriali e fondatori di Bimbiveri, la società per la crescita felice dei bambini secondo natura.
Perchè si consiglia di evitare punizioni e castighi? I castighi impediscono al bambino di imparare a risolvere i conflitti in modo costruttivo e propositivo; comunicano un messaggio di rifiuto del bambino e delle sue emozioni; i castighi e le minacce insegnano a fare le cose di nascosto affinchè nessuno se ne accorga; picchiare insegna la violenza e le punizioni affermano la “legge del più forte”, così come sostenuto da Oliver Maurel, professore di lettere, nel suo testo “La sculacciata. Perché farne a meno. Domande e riflessioni”.
Il compito importante dei genitori allora è quello di aiutare il proprio figlio a riconoscere, gestire e modulare le sue emozioni e le azioni che ne conseguono, soprattutto quando si tratta di emozioni forti, come la rabbia. Il raggiungimento dell’autoregolazione emotiva è un processo lungo: sta al genitore facilitarlo, riconoscendo l’emozione provata dal bambino, verbalizzando ciò che sta succedendo e contenendolo anche fisicamente se fosse necessario.
Bibliografia
Fillozat, I., Le emozioni dei bambini, ed. Piemme
Gonzales C., Besame mucho, Coleman editore
Balsamo, E., Libertà e amore, Il leone verde
Panarese, Cavallo, Smettila di fare i capricci, Mondadori
Panarese, Cavallo, Smettila di reprimere tuo figlio, Uno Editori
Davis, La rabbia nei bambini, Ed. Armando
Rosenberg, Le sorprendenti funzioni della rabbia, Ed. Esserci
Kohn, A., Amarli senza se e senza ma, Il leone verde
Juul, J., La famiglia che vogliamo, Feltrinelli
Juul, J., Il bambino è competente, Feltrinelli
Maurel, O., La sculacciata, Perché farne a meno. Domande e riflessioni, Il leone verde
Ferraris, A., O., Non solo amore. I bisogni psicologici dei bambini,, Giunti Demetra
Il Tuo Bambino. Come educarlo e capirlo: guida pratica al benessere emozionale, al sonno, al pianto, al gioco, Tecniche nuove
Sunderland, M., Aiutare i Bambini a esprimere le Emozioni. Attività psicoeducative con il supporto di una favola, Erickson Edizioni
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