Cyberbullismo: cos’è e come si previene?

 

bulli

Immagine offerta da No Bullismo

Un tema di attuale interesse educativo riguarda l’uso delle tecnologie digitali e, più in particolare, l’uso della Rete internet da parte di bambini in età compresa tra i 9 ed i 16 anni circa. Spesso i professionisti dell’educazione si trovano a dover rispondere a domande relative ai rischi legati all’utilizzo di dispositivi elettronici o di tecnologie digitali. Attraverso il web è oggi possibile compiere delle azioni concrete, che incidono profondamente sulla qualità della nostra esperienza di vita quotidiana: comunicare istantaneamente attraverso messaggi, condividere immagini, musica, informazioni, stati emotivi, effettuare ricerche o visionare video e video-tutorial correlati a qualsivoglia ambito d’interesse.

In Rete è possibile anche effettuare degli acquisti, fornire i propri dati personali, utilizzare un sistema GPS, che ci consente di orientarci nello spazio o di rendere visibile il luogo preciso in cui ci troviamo. Tutte queste operazioni possono essere intese ed interpretate secondo differenti approcci alla vita. Qualcuno manifesta una visione più propositiva, che mira ad evidenziare i vantaggi delle tecnologie digitali. Altri manifestano un più radicale approccio di chiusura, di sconforto o inadeguatezza, di nostalgia per i tempi della carta stampata. Tuttavia, qualunque sia il nostro approccio, il modo in cui ci muoviamo in Rete, comporta una serie di rischi. Uno dei rischi è rappresentato dal cyberbullismo, ovvero la forma più evoluta ed attuale del bullismo tradizionale.

Il norvegese Dan Olweus (1996) descrive tre importanti caratteristiche che conclamano una situazione di bullismo tradizionale:

  • la prepotenza deve essere intenzionale e orientata a creare un danno;
  • la prepotenza deve avere carattere continuativo e deve essere rivolta ad una stessa vittima;
  • la vittima deve essere incapace di difendersi poiché inferiore di forze rispetto al bullo.

Se una delle caratteristiche del bullismo tradizionale è quella di consumarsi lontano dagli occhi degli adulti, il bullismo che si consuma online può essere visto, assecondato o piuttosto, monitorato, bloccato o denunciato da una platea estremamente ampia di individui. Il cyberbullismo è caratterizzato da tre importanti elementi che si aggiungono al bullismo “faccia a faccia”:

  1. dimensione spazio-temporale, ovvero, se prima gli episodi di bullismo terminavano con le lezioni scolastiche e la vittima aveva modo di distaccarsi dalle prepotenze subite, nel cyberspazio non esiste ora del giorno o luogo in cui ci si trovi che può mettere al riparo la vittima;
  2. possibilità di usufruire di un’identità anonima;
  3. assenza di contatto diretto tra vittima e bullo.

Queste caratteristiche tendono ad agevolare comportamenti che eludono i propri principi etici e i propri valori morali, in fondo non bisogna mai dimenticare che si tratta di un fenomeno legato maggiormente all’età adolescenziale e spesso, tali comportamenti, sono caratterizzati da ingenuità o inconsapevolezza dei rischi intrinseci a queste pratiche.

Alcune azioni che possono essere compiute nel cyberspazio e che vengono indicate come cyberbullismo, secondo la classificazione di N.E. Willard (2007), sono:

  • il flaming, ovvero litigi in rete con sproloqui – la denigration, ovvero la diffusione di pettegolezzi al fine di denigrare una persona;
  • l’impersonation, quando si viola l’account di un’altra persona al fine di inviare messaggi offensivi;
  • l’outing, ovvero la pubblicazione e diffusione di immagini compromettenti su una persona;
  • il trickery, ovvero la ridicolizzazione di una persona, diffondendo informazioni private;
  •  l’exclusion, ovvero l’emarginazione di una persona, per esempio da un gioco online o da un social network o da una community;
  • il cyberstalking, ovvero l’invio ripetuto di minacce, tali da innescare preoccupazione in una persona;
  • l’harrassment, ovvero l’invio ripetuto di messaggi offensivi.

Tutte queste azioni presentano un forte impatto sulla sfera emotiva ed identitaria di chi li subisce. Anche se nel nostro paese, la percentuale di giovani colpititi da cyberbullismo è del 2%, rispetto ad un 11% di giovani colpiti da bullismo tradizionale (EU Kids Online 2009/2011), gli effetti del cyberbullismo risultano essere molto più intensi e devastanti proprio per le tre caratteristiche precedentemente riportate. Le età maggiormente colpite dal rischio di cyberbullismo vanno dai tredici ad i sedici anni, pertanto sarebbe auspicabile una maggiore attenzione da parte dei genitori sulla qualità delle relazioni, sulle modalità di comunicazione e sul tempo trascorso in Rete dai propri figli. Occorre, altresì, impegnarsi in un percorso di alfabetizzazione digitale, tenendo presente che “l’alfabetizzazione digitale ha a che vedere con molto più che il semplice saper utilizzare gli strumenti: significa capire come accedere, organizzare, valutare, e condividere informazioni prodotte o distribuite in digitale,in modo sicuro, legale e creativo” (B. Lewis, 20014). Il rischio può essere rappresentato dall’idea che sapere utilizzare la tecnologia, conoscere meglio le risorse e ciò che si può realizzare in Rete, sia sinonimo di sicurezza. Proprio i casi di cyberbullismo insegnano che le relazioni che i giovani intrattengono con gli adulti di riferimento possono assumere una funzione estremamente rilevante. Infatti, se una delle caratteristiche del bullismo tradizionale è quella di consumarsi lontano dagli occhi degli adulti, il bullismo che si consuma online può essere visto, monitorato, bloccato o denunciato da una platea estremamente ampia di individui. Cosa fare dunque per fronteggiare il rischio di cyberbullismo? Innanzitutto, occorrerebbe:

  1. distaccarsi dall’idea che tali relazioni interessino la coppia bullo-vittima, per abbracciarne una che ponga l’attenzione sul contesto, sul gruppo, sulle istituzioni;
  2. prestare attenzione ad alcune modalità comportamentali dei figli, per esempio il fatto di rifiutarsi di accedere ad Internet o al proprio account; disattivare la navigazione dallo smartphone; ridurre le schermate in icona alla presenza dell’adulto; manifestare una scarsa volontà a socializzare, ad uscire da casa o ad andare a scuola.

Qualora ci si trovasse implicati in circostanza di cyberbullismo, è possibile attuare delle strategie per contrastarlo. Alcuni ottimi suggerimenti riportati dalla Lewis (2014) sono:

  • incoraggiare le vittime a non rispondere, perché gratificherebbe il bullo;
  • scaricare delle copie dei messaggi prima di eliminarli, nel caso servissero in futuro;
  • cercare il modo di bloccare utenti/account sulla piattaforma che utilizza il proprio figlio, anche se bisogna fare attenzione che il bullo non utilizzi diversi login;
  • chiedere al proprio figlio se ha piacere che si contatti la scuola (particolarmente importante se il suo rendimento scolastico ne sta risentendo);
  • se su un altro sito web appaiono informazioni illegali, contattare l’host web, che per legge è obbligato a eliminarle;
  • chiamare il proprio network provider per chiedere di bloccare un determinato numero.

La stessa Rete internet offre una moltitudine di siti che affrontano il tema del cyberbullismo, offrendo ottimi suggerimenti.

Dal sito www.cyberbullyng.org leggiamo che tra gli approcci che possono rendere la navigazione in Rete più sicura, vi sono:
  • adottare un sano scetticismo, non credere mai che qualcuno sia necessariamente chi dice di essere online;
  • imparare la “netiquette”, ovvero essere educato con gli altri online e non rispondere a chi sta cercando di provocare una reazione;
  • non inviare messaggi quando si è arrabbiati, non si può rimettere il dentifricio nel tubetto;
  • non passare tutto il proprio tempo online.

Si ricorda inoltre che dal sito della Polizia di Stato è possibile attivare un browser di ricerca che permette ai più piccoli di esplorare in maggior sicurezza il cyberspazio. Anche il supporto di personale specializzato, come educatori, pedagogisti, psicologi, psicoterapeuti, può certamente offrire maggiori garanzie, non solo circa la sicurezza in Internet, ma in un più ampio progetto di educazione digitale. Il senso di un lavoro educativo rivolto all’uso ed al governo delle tecnologie digitali, si esprime nella capacità di superarne positivamente le avversità e le insidie, partendo dal presupposto che esistono tante operazioni attuabili al fine di rendere la navigazione dei giovani più sicura. Possiamo accedere a delle impostazioni personalizzate,supervisionare la cronologia di navigazione,segnalare abusi o contenuti inappropriati in immagini, commenti, video, attraverso un semplice click; soprattutto, possiamo scegliere di partecipare attivamente in ciò che rappresenta l’incontro e l’esplorazione dell’esperienza digitale, con una evoluzione verso una rete di esperienze relazionali online, che i giovani sperimenteranno nel tempo. Si tratta quindi di partecipazione e non di mero controllo delle attività che i giovani svolgono in Rete. Se il controllo ha carattere di imposizione, la partecipazione ha carattere di condivisione. Il giovane, pertanto, non dovrebbe percepire una condizione di controllo da parte dell’adulto, anche perché v’è sempre modo di sfuggire al controllo. Si tratta quindi di stabilire una relazione di fiducia, di aperta comunicazione che non generi nel giovane la paura di essere giudicato, ma che anzi gli dia la possibilità di ritrovare in sé stesso quella forza necessaria per riprendere in mano la propria esistenza.

Carmelo Di Maria11205072_10208175691380136_6047288421927836598_n

 

 

 

 

Bibliografia

Lewis B. (2014), Educare i figli nell’era digitale. Cogliere le opportunità, evitare i rischi, Tecniche Nuove, Milano

Livingstone S. (2010), Ragazzi Online. Crescere con internet nella società digitale, Vita e Pensiero, Milano

Mascheroni G. (2012), I Ragazzi e la Rete, Editrice La Scuola, Brescia

Novara D., Regoliosi L. (2007), I bulli non sanno litigare! L’intervento sui conflitti e lo sviluppo di comunità, Carocci Faber, Roma

Olweus D. (1996), Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze

Pasqualini C., “Bulli e bullati”, in Mascheroni G. (2012), I Ragazzi e la Rete, Editrice La Scuola, Brescia

Willard N.E. (2007), Cyberbullying and cyberthreats, Research press, Champaign (IL)

Sitografia

White D.S., Le Cornu A. (2011), Visitors and Residents: A Typology for Online Engagement, First Monday :  http://firstmonday.org/ojs/index.php/fm/article/view/3171/3049, Vol. 16:9

EU Kids Online, LSE, London : http://www.lse.ac.uk/media@lse/research/EUKidsOnline/ Home.aspx

Beatbullying: The Model, beatbullying.org : http//www.beatbullying.org/the-model/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.