Voucher INPS: un nuovo medioevo?

 

Immagine realizzata da: Kosta Kostov “Three Business men”, disponibile su www.publicdomainpictures.net

Progettato per giovani professionisti “in erba”, dilettanti e soggetti in difficoltà, è rapidamente diventato la prima tappa d’ingresso nel mercato del lavoro. È il voucher, volano di occupazione per alcuni, sfruttamento à la page per altri.

Se esiste una categoria di lavoratori in prima linea sul fronte del precariato, è quella dei lavoratori retribuiti con i buoni-lavoro INPS, noti a tutti come “voucher”.

Abbiamo fatto una telefonata a Mario Bravi, Responsabile Ricerca per CGIL Umbria. Ecco come ce ne parla: “Uno strumento introdotto alcuni anni fa, tendente a coprire alcuni lavori particolari, di piccole dimensioni, riservati soprattutto a pensionati, ed alcune forme di lavoro stagionale. Ma che con il Jobs Act, che ne ha allargato l’utilizzo, sta oggi imbarbarendo il mercato del lavoro”.

 Il termine “voucher” è un anglicismo. Entrato nella nostra lingua attraverso i “voucher” rilasciati dalle agenzie di viaggi, è poi giunto nel mercato del lavoro. Sul piano documentale, si tratta di un buono (anche elettronico) emesso da INPS e intermediari autorizzati, del valore di 10€, 20€ o 50€ lordi.

Una disciplina embrionale dell’istituto viene in luce con il d.lgs. n. 276 del 2003. Agli artt. 70-74, questo disciplina le «Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti ». Successivamente, nel 2008, l’INPS comincia ad emettere i voucher in via sperimentale.

 Circa i lavoratori, si trattava appunto di soggetti particolari: “soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne”(art. 70, d.lgs. n. 276 del 2003). Studenti, pensionati, neolaureati, lavoratori in mobilità o cassa integrazione guadagni.

Le prestazioni erano tipizzate: piccoli lavori domestici, assistenza domiciliare, insegnamento privato supplementare. Vi si aggiunsero poi, fra gli altri, i lavori prestati durante le vacanze da studenti under 25; quelli svolti nell’impresa familiare; le attività agricole, anche stagionali. E proprio per la vendemmia dell’annata 2008 il voucher è stato impiegato per la prima volta.

Committente, ossia datore di lavoro (senza possibilità di somministrazione od intermediazione) poteva essere anche un ente pubblico, ma figure cardine erano l’imprenditore commerciale e il professionista.

La finalità della disciplina era l’emersione del lavoro nero, garantendo ai lavoratori un sia pur minimo salario (il limite originario era di 5.000€ per anno solare) e, grazie alla gestione INPS, una minima forma di previdenza.

Dal 2003, la disciplina ha subito più modifiche.La l. n. 92 del 2012 sostituisce il testo dell’art. 70, cancellando l’elenco tassativo e liberalizzando così le prestazioni.

Il d.l. n. 76 del 2013, poi, abroga la parte del nuovo art. 70 inerente la “natura occasionale” della prestazione. Da allora, non è più la frequenza della prestazione lavorativa ad essere determinante per l’individuazione della figura.

Infine, la disciplina è stata riformata e posta agli artt. 48-50 del d.lgs. n. 81 del 2015. L’art. 48 definisce così il lavoro accessorio: “attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000€ nel corso di un anno civile […]. Fermo restando il limite complessivo di 7.000€, nei confronti dei committenti imprenditori o professionisti, le attività lavorative possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000€ […]. Prestazioni di lavoro possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3.000€ […], da percettori di prestazioni integrative di salario o di sostegno al reddito”.

Due sono gli interventi di grande portata:

Il primo è la scomparsa di ogni limite circa il committente: praticamente chiunque può richiedere una prestazione accessoria e pagare col voucher. Per le prestazioni, si conferma la linea del 2012: in pratica, esclusi i casi disciplinati da leggi speciali, qualunque prestazione è retribuibile col voucher, e chiunque può esercitarla.

Il secondo riguarda l’entità del compenso, aumentato a 7.000€ per anno civile per i soggetti che non percepiscono integrazioni salariali o sostegni al reddito.

Oggi, dunque, i limiti riguardano soltanto la retribuzione. Non più necessariamente occasionale la natura della prestazione, non più ristretta la fattispecie al lavoro presso imprese commerciali o studi professionali, svanito l’elenco di prestazioni, l’intenzione del legislatore pare univocamente orientata verso la totale liberalizzazione, col solo limite economico a distinguere la figura.

Le liberalizzazioni hanno portato a quella che per Bravi è una vera e propria “esplosione” del voucher, confermata anche dai dati INPS, che ne rilevano un decollo esponenziale dal 2012. Ma anche ad un suo uso indiscriminato in settori che avrebbero dovuto rimanerne estranei, quali l’edilizia.

Per capire meglio, occorre spiegare come funziona il voucher in concreto. Supponiamo che un privato abbia bisogno di un’insegnante di lingue. Dopo essersi accordati sulla cifra, il datore di lavoro si recherà presso uno degli emittenti e ritirerà il voucher per il valore concordato, inserendovi i dati del lavoratore. All’inizio della prestazione, si richiede una comunicazione all’INAIL per determinare il momento d’inizio della copertura assicurativa. Eseguita la prestazione (nel nostro esempio, potrebbero essere due ore di discussione ed esercizi scritti in lingua inglese), il nostro diligente allievo consegnerà il voucher (che potrebbe essere di 10€ o 20€ lordi, ad esempio) alla sua insegnante. Questa, ricevuto il buono, potrà a sua volta recarsi presso l’intermediario e farsi consegnare la cifra netta (a seconda del valore potrebbe essere di 7,50€, 15€ o 37,50€ per buono). Il netto a lei, parte delle trattenute in previdenza e parte per la gestione della transazione.

L’abuso è dietro l’angolo. Poco o nessun controllo, anche in riferimento alle comunicazioni all’INAIL richieste al committente all’inizio della prestazione (ma che senza controlli sono facilmente inoltrabili successivamente), e la mancanza di tutela, ad esempio, della maternità, fanno assistere, denuncia Bravi, “ad una totale mercificazione del lavoratore e ad un moderno Medioevo”.

 Anche più inquietante è che, nonostante il valore di 10€ lordi di retribuzione oraria, nulla vieta al committente di sfruttare il lavoratore: nulla impedisce infatti di rifiutare il pagamento e riconsegnare il voucher all’emittente nel caso in cui, ad esempio, il lavoratore si opponesse ad un aumento di ore non retribuito. La mancanza di controlli è anche qui esiziale, tralasciando gli effetti su prestazioni continuate nel tempo e retribuite in unica soluzione con cifre inadeguate (e, perché non ammetterlo, spesso “arrotondate” in nero, con solo parziale ed improbabile soluzione sia del fenomeno economico che di quello culturale).

 Quale soluzione? Oltre a maggiori controlli, Bravi segnala che “anche trasmissioni televisive di livello nazionale, come Report hanno dimostrato come nei maggiori Paesi europei lo strumento del buono-lavoro sia fortemente ridimensionato rispetto alle ultime riforme”. E la pressione per un ridimensionamento è la via che anche la CGIL intende intraprendere per arginare la “deriva” del voucher. “Come direbbe Bergoglio, se non si interviene”, conclude Bravi, “qui la dignità del lavoro non c’è”.

Michelangelo Scalimichelangeloscali

Info

 

 

 

Bibliografia

AA.VV. (2015). “Contratti e Mansioni. Il riordino dopo il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81”, Il Sole 24 Ore, Supplemento Le Riforme del Lavoro

Anastasio, G. e Lippolis, V., (2012). “Lavoro occasionale di tipo accessorio, in IPSOA”, Inserto di Diritto e Pratica del Lavoro,n.8

SItografia

http://www.dplmodena.it/lippolis/Lavoro%20Occasionale%20di%20tipo%20accessorio.pdf

Pala, M. (2014). Criticità del lavoro accessorio (voucher) dopo la legge 99/2013, in Diritto24 – diritto24.ilsole24ore.com: http://www.dottrinalavoro.it/wp-content/uploads/2014/07/lavoro-accessorio.pdf

Enciclopedia Treccani Online – Voce “Voucher” in Vocabolario; Voce “Voucher” in Dizionario di Economia e Finanza: http://www.treccani.it/vocabolario/voucher/

http://www.treccani.it/enciclopedia/voucher_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/

INPS – Banche dati sul lavoro accessorio: prestatori di lavoro (2008-2014) e voucher venduti (2008-2015 I semestre)

https://www.inps.it/webidentity/banchedatistatistiche/prestatori/index.jsp

https://www.inps.it/webidentity/banchedatistatistiche/venduti/index.jsp

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Breve cronistoria dei voucher: http://www.lavoro.gov.it/Documents/Resources/Lavoro/Lavoro_Accessorio/cronistoriadeivoucher.pdf

Videografia

Rai.it – Report, puntata 22/11/2015: http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-528f4bd1-c0ae-4742-b15b-1d69980245d2.html

35 Replies to “Voucher INPS: un nuovo medioevo?”

  1. Grazie per la chiarezza….finalmente abbiamo capito che questa è l ennesima presa in giro del nostro governo….altro che occupazione. …

  2. complimenti per la scelta di un argomento ed una problematica tutta italiana, l’impegno di tanti come te può servire a cambiare un sistema, questo sistema, che non funzionerà mai!!!

  3. complimenti, grande argomento di un serio problema tutto italiano, spero che persone come te possano contribuire a far cambiare queste cose “malate”!!!

  4. il voucher e’ diventato in italia,a differenza degli altri paesi europei,uno strumento legale di sfruttamento
    del lavoro.l’articolo e’ molto chiaro ed esaustivo.complimenti.

  5. I voucher dovrebbero essere, come l’articolo illustra, una soluzione di alcune tipologia di lavori.
    Purtroppo la realtà è un’latra: ognuno ne fa l’uso (abuso) che crede.
    Grazie per i chiarimenti.

  6. i ha fatto piacere questa lettura; purtroppo la condizione del lavoro con i voucher non migliora nè la paga, nè la dignità del lavoratore. Grazie per la chiarezza dell’argomento.

  7. Salve ,nel complimentarmi con il dr Scali, per la sensibilità sociale che lo caratterizza, il mio lapidario commento non può che essere uno solo : i voucher Inps , altro non sono che l’ennesima legale fregatura che Stato propina prima ai lavoratori e secondariamente anche a chi li acquista. Ai primi non garantisce un bel nulla ,ai secondi li mette in condizione di abusare di uno strumento che li porta per mano lungo il binario del sommerso, quando,
    basterebbe abbassare gli oneri previdenziali a carico dei datori di lavoro con corrispondenti garanzie per i prestatori d’opera ;rendere più semplice , rapida e in tempo reale, tramite ,ausili informatici e mediante sportelli sparsi su l territorio , tipo i cosiddetti Caf o altre strutture create ad hoc presso i Comuni, la richiesta e la regolarizzazione in qualsiasi momento della giornata lavorativa…. è troppo.. Vincenzo Trimarchi

  8. “E la pressione per un ridimensionamento è la via che anche la CGIL intende intraprendere per arginare la “deriva” del voucher. “Come direbbe Bergoglio, se non si interviene”, conclude Bravi, “qui la dignità del lavoro non c’è”. Interessante lavoro ed una utile riflessione.

  9. Anch’io voglio dire la mia:BRAVO! N on ci guadagna lo stato. Ci perde il lavoratore, sia econo
    micamente che jn dignità. Ci guadagna il datore di lavoro.
    Evviva il lavoro nero e il guadagno sommerso!

  10. Articolo molto chiaro.
    Come giustamente Lei sottolinea, dov’è la tutela del lavoratore?
    Buona giornata.

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