Dopo il caso Wikileaks (l’organizzazione internazionale che ha pubblicato documenti di grande rilevanza politica coperti dal segreto) e lo scandalo Datagate (grazie al quale l’intero mondo è venuto a conoscenza del fatto che la National Security Agency ha intercettato indiscriminatamente persone in tutto il mondo), la stampa internazionale ha seguito le vicende dello scontro tra Apple Inc. e FBI.
La disputa è iniziata perché quest’ultima voleva che la prima l’aiutasse a sbloccare il telefono usato da Syed Rizwan Farook, che, insieme alla moglie Tashfeen Malik, ha ucciso quattordici persone in una sparatoria il 2 dicembre 2015 a San Bernardino, in California. Ma la Apple si è rifiutata di collaborare perché tale richiesta, secondo l’amministratore delegato Tim Cook, rappresentava una minaccia alla privacy degli utenti. Il governo statunitense ha, allora, deciso di citare in giudizio la Apple, ma non ha mai avuto luogo nemmeno la prima udienza perché l’FBI ha rivelato all’ultimo momento di aver trovato un modo per accedere ai dati del suddetto telefono senza l’aiuto dell’azienda.
In sostanza, però, cos’è il diritto alla privacy per cui la Apple si è tanto battuta? Partiamo da un breve e non affatto esaustivo excursus storico che ha portato all’evoluzione di questo diritto.
I primi a formulare una legge sulla riservatezza furono gli avvocati statunitensi Samuel Warren e Louis Brandeis, che insieme scrissero l’articolo “The right to Privacy” nel 1890, dove si parla appunto de “il diritto di essere lasciati in pace”, a seguito della pubblicazione in un giornale locale di Boston di indiscrezioni sulle abitudini private della moglie di Warren.
A livello europeo bisogna fare riferimento all’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, il quale recita: “Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere personale che lo riguardano. Tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge. Ogni individuo ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica.” Ma è comunque solo con successive direttive che in ambito comunitario viene definito in modo preciso il diritto alla privacy, in modo particolare con l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e l’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
In Italia, invece, pur non essendoci nessun riferimento esplicito nella Costituzione, è il giurista e filosofo del diritto Adolfo Ravà ad individuare il diritto alla riservatezza tra i diritti inviolabili dell’uomo dell’art. 2 Cost. Nel tempo, poi, si sono trovati altri riferimenti, sempre nella Costituzione, anche negli articoli 14 (inviolabilità del domicilio), 15 (libertà e segretezza della corrispondenza) e 21 (libertà di manifestazione del pensiero).
Ma la prima vera elaborazione del diritto alla privacy si ha con la sentenza della Corte di Cassazione n. 4487/1956, a seguito di un ricorso degli eredi del tenore Enrico Caruso, con la quale si identificava tale diritto nella tutela delle situazioni e vicende strettamente personali e familiari, le quali, anche se verificatesi fuori dal domicilio domestico, non hanno per i terzi un interesse socialmente apprezzabile. Quindi, la linea di demarcazione tra privacy e diritto all’informazione di terzi è data dalla popolarità del soggetto, pur precisando che anche i soggetti famosi conservano tale diritto, però limitatamente a fatti che non hanno niente a che vedere con i motivi della propria popolarità.
In seguito il concetto di privacy si è evoluto grazie ad ulteriori sentenze. Una di queste è quella della Corte di Cassazione n. 990/1963, con la quale si riconosce fondata la pretesa dei familiari di Claretta Petacci, amante del Duce, a non raccontare in un libro le vicende private ed estremamente intime della donna in assenza di interesse pubblico. Però, se nelle predette sentenze la Cassazione formalmente non riconosceva l’esistenza di un diritto alla riservatezza, ma nella sostanza ammetteva il diritto ad un tutela in tale ambito, solo a metà degli anni ’70 finalmente si riconosce nel nostro ordinamento il diritto alla privacy con la sentenza n. 2129/1975 della Corte di Cassazione, con la quale si tutelava il diritto alla riservatezza di Soraya Esfandiari, la seconda moglie dell’ultimo Scià di Persia, la quale era stata ritratta da alcuni giornali in atteggiamenti intimi con un uomo all’interno della sua abitazione.
Nonostante ciò, solo nel 1996 si arriva ad approvare la legge n. 675 sulla tutela della privacy e solo con il d.lgs. 196/2003 si ottiene il Codice in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy), dal quale si evince che i propri dati non possono essere trattati senza consenso e l’adozione di cautele tecniche ed organizzative che tutti devono rispettare per procedere in maniera corretta al trattamento dei dati altrui.
Tornando alla questione iniziale, di fatto, però, il confronto tra diritto alla privacy e diritto alla sicurezza nazionale non ha trovato una soluzione definitiva, sebbene questa battaglia si sia risolta a favore del secondo. Di sicuro si può dedurre che, nonostante l’evoluzione tecnologica, nessun dispositivo è veramente sicuro ed inattaccabile. Un’altra cosa certa, per contro, è che la Apple cercherà di capire in che modo l’FBI sia riuscita a violare i loro sistemi per sbloccare l’iphone di Farook, affinché possa provvedere a modificare l’errore e rendere più sicuri gli smartphone successivi. Non di marginale importanza, inoltre, è il fatto che pure Twitter, di recente, abbia dichiarato di voler negare l’accesso ai dati del servizio Dataminr, che analizza in tempo reale i “cinguettii”, inviando degli alert in caso di attacchi terroristici o disordini politici.
Dunque, la questione è tutt’altro che risolta e solo col tempo si scoprirà da che parte pende l’ago della bilancia.
Alessandra Rossi
Bibliografia
Iaselli M. – Gorla S. (2015), Storia della privacy, Edizione Lex et Ars
Perlingieri P. (2006), Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Edizioni Scientifiche Italiane
Rodotà S. (2005), Intervista su privacy e libertà, Edizioni Laterza
Sitografia
Testo integrale dell’articolo di S. Warren e L. Branden, The right to privacy, pubblicato nel 1890: http://www.english.illinois.edu/-people-/faculty/debaron/582/582%20readings/right%20to%20privacy.pdf
Legge 31 dicembre 1996, n. 675, Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/28335
Decreto legislativo 30 giurgno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali: http://www.privacy.it/codiceprivacy.html (codice 2003)
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), proclamate il 7 dicembre 2000: http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf
Cassazione Civile 22 dicembre 1956, n. 4487: http://www.jus.unitn.it/users/pascuzzi/varie/sem-inf99/Cass_1956.htm
Cassazione Civile 20 aprile 1963, n. 990: http://www.jus.unitn.it/users/pascuzzi/privcomp99-00/topics/3/Cass_1963.htm
Cassazione Civile 27 maggio 1975, n. 2129: http://www.jus.unitn.it/users/pascuzzi/varie/sem-inf99/Cass_1975.htm