“Maud aprì la finestra ed il rumore della valle riempì la camera. Il sole tramontava. Lasciava al suo posto grandi nuvole che si agglomeravano e si precipitavano come ciechi verso una voragine di luce. Il “Settimo” dove abitavano sembrava stare ad una altezza vertiginosa. Vi si scopriva un paesaggio sonoro e profondo che si prolungava fino alla striscia cupa delle colline di Sévres. Tra quest’orizzonte lontano, pieno di fabbriche, di sobborghi e l’appartamento aperto in pieno cielo, l’aria carica di una sottile foschia ricordava, glauca e densa, l’acqua” – Marguerite Duras
Il paesaggio sonoro può essere definito in breve come «la colonna sonora della nostra esistenza» (Laghezza, 2013:71), partendo dai suoni che percepiamo involontariamente a quelli che invece cerchiamo e creiamo. La definizione di paesaggio sonoro rappresenta quindi «una categoria generale e include sia l’ambiente sonoro che circonda un soggetto, sia le relazioni che un individuo costruisce con esso, in base alla propria sensibilità ed educazione, ponendo così in posizione centrale la questione dell’ascolto» [Ivi, p. 71].
All’interno di quella che può essere una “gerarchia dei sensi” (teorizzata e discussa già dai filosofi dell’antica Grecia) si nota come il modo prevalente di comprendere la società è sicuramente “osservarne lo spettacolo”, la comprensione è quindi identificata quasi sempre con il senso della vista. Già Aristotele nel De Anima ne parla come «vocazione sapienziale». Nonostante ciò l’esperienza della vita quotidana sembra oggi essere sempre più mediata da una moltitudne di suoni (cfr. Bull e Back, 2003). Il compositore e studioso M. Schäfer ricorda come l’orecchio sia un veicolo di percezione costantemente attivo, e come sia proprio l’ultimo organo ad addormentarsi e il primo a risvegliarsi (cfr. Shafer, 1985, in Ricci, 2016). Tutta la nostra esistenza, che noi lo vogliamo o no, è intimamente collegata alla percezione sonora, «il suono ci connette gli uni agli altri in modi che la visione non consente […], il suono e la sua recezione sono imbevuti di valori culturali. Così come la vista […] anche il suono possiede una sua narrazione di desiderio» (Bull e Back, 2003:13-14).
Una prima importante distinzione va introdotta quando si parla di suoni.
Bisogna chiarire la loro relazione con il concetto di rumore. Molti direbbero che un rumore è esattamente il contrario di un suono, altri sosterrebbero invece che si tratta di un particolare tipo di suono, e in effetti, come spesso accade in tutte le cose, la verità sta nel mezzo. Un punto di vista vuole che la differenza tra un suono e un rumore risieda nella gradevolezza all’ ascolto; come è facile intuire i suoni sarebbero quei segnali che risultano piacevoli, mentre i rumori quelli sgradevoli e addirittura fastidiosi. Secondo questa idea includeremmo, ad esempio, nei suoni una melodia di arpa celtica, e nei rumori un martello pneumatico che perfora l’asfalto. È anche vero che una chitarra molto distorta potrebbe però rappresentare un rumore per un teorico di acustica, come altresì un suono celeste per i grandi chitarristi rock. È evidente quanto forte sia la componente culturale, «noi impariamo culturalmente cosa significa un determinato suono. Questi significati culturali vengono identificati e appresi man mano che ci sviluppiamo e cresciamo all’interno di una società […]» [Moore, in Bull e Back, 2003:165].
In Mytologique II Lévi-Strauss espone una teoria che mette in parallelo il rumore e il sacro, da un lato, e il silenzio e il profano dall’altro. Il mondo profano se non era silenzioso certamente era calmo, ad esempio in un mondo pervaso dal silenzio il rumore di un fulmine può venir associato ad una manifestazione divina. Se consideriamo quindi il termine rumore nella sua espressione “meno peggiorativa”, ovvero come un suono particolarmente intenso, l’accoppiata rumore/sacro diventa di più facile comprensione (cfr. Schäfer, 1998). Thorn afferma che «il paesaggio sonoro caratteristico di qualsiasi insieme particolare di circostanze culturali e geografiche produce le “fondamenta dell’esperienza” per coloro il cui intero modo di vivere è costruito su quelle fondamenta, non solo su frammenti uditivi superficiali» [Thorn, in Bull e Back, 2003:166]. Così è la musica: un qualcosa che agisce direttamente sulla sfera emotiva dell’ascoltatore, assumendo qualsiasi significato, «tuttavia, è un oggetto costruito e mediato» [Laghezza, 2013:25].
Negli ultimi anni il concetto stesso di musica ha subito graduali trasformazioni, nonostante “Musica” non abbia una definizione stabile.
Sfogliando dizionari ed enciclopedie vengono riportate soprattutto varianti di quella enunciata da J. J. Rousseau nel Dictionnaire de la musique: «arte di combinare i suoni in modo gradevole all’orecchio» (Rousseau, 1767, in Gannattasio, 1992). Più recetemente lo Zingarelli, ad esempio, che fino alla sua ottava edizione definiva la musica come «arte di combinare i suoni in guisa che nella forma di melodia, armonia, polifonia, strumentazione ecc., rendano gli affetti dell’animo o immagini e visioni ideali», nella nona trasforma la definizione in «arte di combinare i suoni in base a regole definite, diverse a seconda dei luoghi e delle epoche» (cfr. Giannattasio, 1992). A John Cage, famoso compositore e teorico musicale statunitense, si deve una delle più recenti definizioni: «La musica è i suoni, i suoni che ci circondano, ci si trovi o meno in una sala da concerto, vedi Thoreau» (riferimento al libro di H. D. Thoreau Walden, ovvero la vita nei boschi, nel suo descrivere l’inesauribile spettacolo di suoni e di immagini della natura). Tutti i suoni possono oggi entrare a far parte del territorio del dominio della musica: «Ecco la nuova orchestra: l’universo sonoro. Ed ecco i suoi nuovi musicisti: chiunque e qualsiasi cosa sappia emettere un suono» (Schäfer, 1998).
Definizione di Paesaggio Sonoro:
«qualsiasi campo di studio acustico […]. Un paesaggio sonoro è fatto di eventi uditi e non di oggetti visti» [Schäfer, 1998:19].
E’ recentissima e di una notevole importanza, ai fini di un riconoscimento istituzionale, la Careggi Landscape Declaration on Soundscape, la quale rifacendosi alla Convenzione Europea sul paesaggio definisce il paesaggio sonoro come: «la proprietà acustica di qualsiasi paesaggio in relazione alla percezione specifica di una specie […], è il risultato delle manifestazioni e dinamiche fisiche (geofonie), biologiche (biofonie) e umane (antropofonie)».
Caratteristiche del Paesaggio Sonoro:
Per descrivere un paesaggio sonoro occorre individuare i suoni particolarmente importanti per la loro singolarità e per la loro presenza (cfr. Schäfer, 1998). Essi sono:
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Tonica : è un termine musicale che indica la nota che identifica la chiave o la tonalità di una particolare composizione. Le toniche del paesaggio sonoro non vengono percepite necessariamente in modo cosciente, tali suoni diventano delle abitudini di ascolto. In pratica la tonica di un paesaggio sonoro è costituita dai suoni creati dalla sua geografia, dal suo clima.
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Segnali : sono suoni in primo piano, ascoltati consapevolmente.
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Impronta sonora : è un termine che indica un suono comunitario che possieda caratteristiche di unicità oppure qualità tali da fargli attribuire da parte di una determinata comunità valore e considerazioni particolari (es: il suono della campana di una chiesa).
Infine un paesaggio sonoro può presentarsi come hi-fi (high-fidelity) e low-fi (low-fidelity): un sistema hi-fi è caratterizzato da un soddisfacente rapporto segnale/rumore il che permette di udire con chiarezza i singoli suoni in maniera discreta (in genere la campagna è un ambiente hi-fi).
Secondo Schäfer uno dei compiti dell’ecologia acustica è quello di cercare di ricostruire il più possibile delle condizioni di ascolto hi-fi, dove ogni suono ha il suo giusto spazio e la sua giusta durata, proponendo i contesti tendenzialmente non contaminati dall’uomo come modello di riferimento. Proprio per queste posizioni la concezione di Schafer è stata criticata nel tempo e definita come limitata, utopica e nostalgica. A tal proposito un gruppo di studiosi, coordinato da J.F. Augoyard e riunito nel progetto CRESSON (Centro di Ricerca sullo Spazio Sonoro e sull’Ambiente Costruito), realizza verso la metà degli anni ’80 il Repertorio degli Effetti Sonori. Questo repertorio, rivolto soprattutto all’analisi in ambiente urbano e ai paesaggi costruiti, fornisce un approfondimento della prospettiva rispetto ai precedenti lavori.
«Il suono non vive isolato e riposto in un tempio, ma abita interamente e indiscriminatamente l’ambiente in cui viviamo, dalla strada cittadina al ruscello di montagna, dalla sinfonia domestica ai suoni indesiderati […]. Il paesaggio sonoro rappresenta un campo di interazioni costituito dalle relazioni tra condizioni geografiche, culturali, sociali, economiche ecc., specifiche di un contesto. I paesaggi sonori del mondo sono, dunque, in continuo cambiamento, modificati nel tempo in conformità con le mutazioni della società. L’esperienza e i ricordi di ogni individuo sono costellati da suoni, presenti o passati, abituali o interiorizzati, banali o veicolo di un alto valore simbolico così come le immagini, gli odori e qualsiasi altra sensazione» [Laghezza, 2013:92].
Bibliografia
Augoyard, J. F. e Torgue, H., Repertorio degli effetti sonori, LIM, Lucca, 2004
Bull, M. e Back, L., (a cura di),, Paesaggi Sonori, Il Saggiatore, Milano, 2003
Giannattasio, F., Il concetto di musica, Bulzoni, Roma, 1992
Laghezza, E., “Il paesaggio sonoro: pensieri sul libero ascolto”, in Dada. Rivista di antropologia post-globale, n.1, 2013
Ricci, A., Il secondo senso. Per un’antropologia dell’ascolto, Franco Angeli, Milano, 2006
Schäfer, M., Il paesaggio sonoro, Ricordi, Milano, 1998
Sitografia
Approfondimento sul paesaggio sonoro: http://www.provincia.torino.gov.it/paesaggisonori/?page_id=458
European Network of Universities for the implementation of the European Landscape Convention : http://www.uniscape.eu
Video di riferimento
- Time – Paesaggio Sonoro, Giulio Benullo, 2015
- Monti Simbruini – Soundscapes, Orizzonti Simbruini, 2015