De Martino e la Lucania: viaggio in un mondo magico

 

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Lucania, anni Cinquanta del Novecento. Sullo sfondo di un’Italia post ricostruzione, in cui si va affermando il “miracolo economico” e lo sviluppo tecnologico, sopravvive in questa regione del Sud (inteso non solo geograficamente, ma tale per una designazione di carattere politico e sociale) un folklore magico-religioso appartenente alla cultura contadina.
In questi luoghi, desolati, e a lungo dimenticati, l’antropologo Ernesto De Martino, fondatore della moderna antropologia italiana, si reca tra il 1952 e il 1956 per le sue spedizioni etnografiche.

Affascinato dagli scritti di Carlo Levi (Cristo si è fermato ad Eboli) e di Antonio Gramsci (Quaderni del carcere), stimolato dall’incontro con Rocco Scotellaro e politicamente interessato alla questione meridionale (militava nei partiti di Sinistra), De Martino sceglie la terra di Lucania, oggi meglio conosciuta come Basilicata, per mettere in atto il suo innovativo approccio alla ricerca: il cosiddetto “etnocentrismo critico”, ossia l’impegno, da parte dell’etnologo, di mettere in discussione le proprie categorie analitiche adoperando una forma di autocritica del proprio punto d’osservazione.
De Martino non svolge la sua impresa in solitaria. Le sue spedizioni rappresentano un caso di etnografia di gruppo, un pionieristico lavoro d’équipe svolto assieme allo psicoanalista Emilio Servadio, al medico igienista Mario Pitzurra, al sociologo Adam Abruzzi, Diego Carpitella, l’etnomusicologo del gruppo, Romano Calisi, anche lui antropologo, e i fotografi Franco Pinna, prima e Ando Gilardi in seguito.

L’indagine non si limitava alla mera e semplice documentazione di pratiche quali espressione della drammatica umanità di un mondo subalterno, piuttosto, l’etnologo itinerante, come amava definirsi, perorava la causa del riscatto delle plebi meridionali, considerate l’alterità per eccellenza sul territorio nazionale. Un giudizio mitico difficile da scardinare, matrice dell’emarginazione di un Sud considerato un fardello per quella parte dell’Italia che più tendeva ad allinearsi all’immagine dell’ “Occidente moderno1” .
«Noi non siamo andati laggiù alla ricerca del pittoresco o per soddisfare un semplice zelo erudito, ma per tentare di ricostruire la vita culturale, tradizionale, delle generazioni contadine che si sono avvicendate sul suolo lucano» [De Martino, 1952].

L’intento fu quello di individuare non solo la struttura delle tecniche magiche, ma anche la loro funzione psicologica e gli elementi che ne permettono il loro mantenersi vive nella cultura popolare. Il tutto viene analizzato prestando attenzione alle particolari forme del cattolicesimo meridionale e ai modi di devozione popolare.

Affascine ca vaie pe’ la via – da N. N. non ci ire – che è bona nata; battezzata, cresimata. A nome de Ddie e de la Santissima Trinitate
(Fascino che vai per la via – da N. N. non ci andare – che è ben nata; battezzata, cresimata. In nome di Dio e della Santissima Trinità).

Così, a Colobraro, una fattucchiera effettua il trattamento su una donna afflitta da mal di testa di sospetta natura magica: la suddetta formula viene pronunciata operando dei massaggi a forma di croce sulla fronte della donna, con un’acqua nella quali sono stati versati nove pizzichi di sale e tre tizzoni accesi del focolare.

Albano di Lucania, Colobraro, Genzano di Lucania, Montemurro, Oppido Lucano, S. Costantino Albanese, Tricarico, Valsinni, Grottole, ecc. «Qui, più che altrove, hanno ancora suggestione le fantasie del rito magico. Hanno ancora un significato i termini fattura, malia, filtro d’amore. E si ricorre al mago, o alla fattucchiera. Anche un male fisico ha una causa sovrannaturale» [Di Gianni, 1958].
Il fulcro della magia cerimoniale lucana è la fascinazione: «con questo termine si indica una condizione psichica di impedimento e di inibizione, e al tempo stesso un senso di dominazione, un essere agito da una forza altrettanto potente quanto occulta, che lascia senza margine l’autonomia della persona, la sua capacità di decisione e di scelta» [De Martino, 1959:15].
La fascinazione (spesso chiamata anche malocchio, invidia, fattura) vede sempre la presenza di un agente fascinatore e di una vittima.
Il trattamento della fascinazione è svolto da operatori magici specializzati, (fattucchiere, maciare, guaritori, indovini), descritti dai contadini come persone nate prima di Cristo. Nei quaderni di De Martino e di tutta l’equipe sono riportate numerose ed interessanti narrazioni circa le modalità di svolgimento delle tecniche magiche.

Vediamo in quale ottica leggere e interpretare tali credenze magiche.

La vita delle “classi subalterne” è una vita di stenti e di fatiche quotidiane. Questa la situazione nel Mezzogiorno d’Italia nel secondo dopoguerra: sottoccupazione, scarsa fertilità dei terreni, frammentazione della proprietà. Un miracolo economico che per i contadini del Sud non è neppure un miraggio. In tale contesto di disperata difficoltà, l’essere fascinato, affatturato, è la sublimazione di quello stato di miseria fisica, morale e sociale.
In determinate condizioni di vita, quando nel quotidiano il negativo s’impossessa del naturale fluire dell’esistenza, l’individuo e la comunità tutta, in assenza di strumenti pratici di risoluzione dei problemi (da una malattia alle pene d’amore), si avvalgono di un ordine metastorico. Quest’ultimo si può definire come un ordine superiore, mitico, fuori dal tempo e dalla storia, nel quale situazioni simili sono state risolte.

La magia, la religione, la mitologia appartengono al metastorico e offrono gli strumenti atti a superare quella che De Martino definisce “la crisi di presenza”.
Parafrasando De Martino potremmo definire la presenza un sentirsi parte del mondo, con tutte le memorie e le esperienze che permettono di affrontare in modo adeguato, tramite le proprie azioni, una determinata situazione storica. Nel momento in cui sopraggiunge la “crisi di presenza”, il rituale magico-religioso aiuta a mantenere un orizzonte stabile, ad affrontare il negativo e garantisce, per l’appunto, la “presenza”.
L’analisi delle pratiche magiche è importante leggerle in una dimensione storica. E’ questo uno degli elementi fondanti dell’etnografia demartiniana: lo storicismo, spesso punto di contrasto con gli altri intellettuali contemporanei; una pratica magica è interpretabile, ed efficace, solo se è storicizzata, inserita in un ben definito ambiente e in una ben definita epoca, nonché condivisa dalla comunità che unanimemente a tale ordine fa riferimento.

Storia e metastoria, pertanto, s’intrecciano. La magia cerimoniale persiste all’affermazione dell’alta cultura e si interseca con la cultura popolare.
Dunque, sullo sfondo di una società storicamente determinata, l’obiettivo dell’indagine è quello di restituire una visione unitaria della vita culturale, senza tralasciare aspetti quali «patrimonio melodico, testi letterari, danze, costumanze e superstizioni, come espressione di un’unica visione del mondo adottata da certi strati sociali in condizioni determinate d’esistenza» [De Martino, 1956].

Se allora la magia è un dispositivo sempre presente nella storia e storicamente si trasforma, cosa direbbe oggi De Martino, a sessant’ anni dalle sue spedizioni, della società lucana e del mondo magico tra le nuove generazioni? Un interrogativo che è stimolo per future ricerche: cosa sopravvive e quali echi risuonano, nel 2017 in terra lucana, di quelle “costumanze e superstizioni” di lontana memoria?

“La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma” – Jean Léon Jaurès

 

Maria Silvia Possidente

Info

 

 

 

1La condizione di subalternità del Mezzogiorno è stata spesso celata dalla classe dirigente e dagli intellettuali, i quali, anziché rivelare la vera natura della disuguaglianza (l’esponenziale crescita industriale del Nord ai danni di un Sud che, sfruttato, s’impoveriva sempre più), hanno argomentato facendo appello ad una inferiorità e incapacità biologica ed organica, alimentando così gli stereotipi e, per l’appunto, la condizione di subalternità.

 

Bibliografia

De Martino, E., 1948, Il mondo magico. Prolegomeni a una storia di magismo, Einaudi, Torino 

Talamoniti, A., (a cura di), 2008, Ernesto De Martino, Ricerca sui guaritori e la loro clientela, Argo, Lecce

De Martino, E., 1959, Sud e magia, Feltrinelli, Milano

Pizza, G, 2005, Antropologia medica, Carocci, Roma

Videografia

Ernesto De Martino, documento audio fonico storico “Spedizione in Lucania”, 1952 : 
http://www.teche.rai.it/programmi/spedizione-in-lucania/

Luigi Di Gianni, “Magia lucana”, 1958 : 
http://www.teche.rai.it/1984/03/magia-lucana-un-documentario-di-luigi-di-gianni/

Sitografia

Giornale Critico, Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo di Gianpaolo Cherchi  

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