“Il lupacchiotto che faceva sempre i dispetti”

Quello delle Sette Querce era proprio un bosco normale come gli altri di questa terra e quindi c’erano anche lì gli animali tranquilli che tutti giudicavano buoni e quelli scatenati che tutti ritenevano cattivi.

Ma c’era un cucciolo che in fatto di cattiveria non aveva rivali: era un lupacchiotto scuro e col pelo irto, sempre pronto ad attaccare e a fare i dispetti agli altri, finchè tutti lo scacciavano. Anche quando andava alla Scuola dello Spiazzo trovava sempre il modo di infastidire qualcuno; o tirava la zampa a uno, o pestava la coda a un altro, o lanciava le ghiande sul naso di chi gli stava di fronte, ma fermo non stava proprio mai. E ogni volta era sempre la stessa storia: gli altri cuccioli si lamentavano, c’era chi si ribellava, chi subiva, chi andava a dirlo al gruppo degli Anziani, chi cambiava posto finchè lui restava solo con suo pelo nero irto che lo faceva sembrare ancora più brutto. E così gli altri cuccioli si vendicavano chiamandolo ‘il Brutto’ e lo prendevano in giro per il suo pelo.

Lupacchiotto faceva finta di niente, ma dentro di sé ne soffriva molto. Il fatto è che tutti gli altri cuccioli, almeno così sembrava a lui, avevano a casa una mamma che li amava, che gli spazzolava il pelo prima che uscissero dalla tana, che gli cambiava il fiocco tutti i giorni e glielo preparava ogni volta bello lavato e stirato di fresco. Invece sua mamma non aveva mai il tempo di fare tutte queste cose.

Era una mamma che aveva sempre da fare, ma che non riusciva a concludere tutti i lavori anche perchè aveva quattro figli: Lupacchiotto, che era sempre ribelle, Lupetta che era molto più carina ma voleva sempre lei l’attenzione, e due gemelli che erano molto piccoli e avevano ancora bisogno di tutto. E così quando si arrabbiava, era con Lupacchiotto che si sfogava spesso e gli diceva delle cose che i grandi a volte dicono senza crederci fino in fondo quando sono proprio fuori di sè, perchè sono molto arrabbiati e non si rendono conto che i cuccioli invece a quelle parole ci credono davvero, anche quando fingono il contrario. Allora quando la mamma gli urlava: ‘Tu sei proprio la mia rovina, mi farai morire!’, Lupacchiotto ci credeva davvero e aveva veramente paura che la mamma morisse e a volte era così terrorizzato che desiderava davvero che lei morisse e poi subito dopo si spaventava di quel pensiero che gli era venuto e per cancellarlo faceva tutto quello che poteva per aiutare la mamma: andava a prendere il latte, accompagnava la sorellina a scuola,accudiva i fratelli piccoli e così di seguito.

Però Lupacchiotto era un cucciolo molto triste. Lui non aveva il problema di non riuscire a imparare le storie, anzi, quelli gli piacevano proprio; era solo sui calcoli che non riusciva molto, ma si sa che in un bosco i numeri non servono tanto e, in ogni caso, quelli che servono tutti li conoscono naturalmente. Quello che invece non gli piaceva era il fatto che, secondo lui, la mamma trattava meglio i fratelli più piccoli e, soprattutto, gli pesava che loro fossero figli del suo papà attuale, mentre lui era figlio di un altro papà, da cui la mamma si era separata. E così il cucciolo si sentiva diverso dagli altri in casa e si sentiva diverso dagli altri allo Spiazzo delle Sette Querce.

Per fortuna c’era una cosa che lui sapeva fare molto bene: le partite del bosco. In queste gare era proprio un cucciolo contento perchè correva e giocava insieme agli altri e non era mai rifiutato, anzi tutto lo cercavano perchè era bravo, agile e svelto e in certi momenti lo applaudivano persino e lui si sentiva tutto caldo dentro dalla soddisfazione e in quei momenti dimenticava le altre volte in cui era triste e arrabbiato.

Però le partite del bosco erano una o due volte la settimana, per cui per la maggior parte del tempo Lupacchiotto era scontento.

E una sera che era particolarmente arrabbiato e che i suoi compagni lo scacciavano e si lamentavano con il gruppo dei vecchi, ecco che uno dei saggi che gli erano più simpatici, il leone Criniera d’Oro, lo guardò dritto negli occhi e disse: Adesso vi racconterò la mia storia in questo bosco. Tanto e tanto tempo fa io ero un cucciolo, proprio come voi, non ero vecchio come ora. Ero molto forte e prepotente, vincevo quasi tutte le gare del bosco, mi piaceva andare in giro tutto il giorno, ma ero sempre scontento perchè ero convinto che la mia mamma volesse più bene ai miei fratelli che a me. E così facevo sempre i dispetti ai miei fratelli fino a quando le prendevo di santa ragione e quando uscivo dalla tana facevo sempre i dispetti agli altri finchè tutti mi lasciavano solo. C’era, è vero, un momento in cui tutti mi ammiravano ed era quando ruggivo, avevo il ruggito più potente del bosco, ma non potevo ruggire tutto il giorno per farmi ammirare e così per la maggior parte del tempo ero scontento e arrabbiato.

Finchè un giorno ero così stanco che decisi di aspettare la notte e di partire per cercare anch’io il libro della mia storia, e così feci. Quando finalmente arrivai all’albero di tutte le storie trovai Gufo Millenario che mi guardò e disse: ‘Andiamo a vedere che cosa c’è scritto sul tuo libro’. E mi portò all’interno del tronco millenario. E quando ebbe trovato il libro della mia storia la lesse e poi mi disse: ‘Sai qual è il tuo problema, cucciolo? Che tu non hai ancora trovato chi sei. Finora ti sei visto o rifiutato dagli altri, o applaudito, per cui non puoi che comportarti in modo da farti rifiutare o applaudire. Questo succede però perchè tu hai sempre bisogno che gli altri si occupino di te, in quanto pensi che la tua mamma non l’abbia fatto abbastanza. Ma se la tua mamma non si fosse occupata quanto tu eri molto piccolo, saresti morto di fame, non saresti cresciuto e non avresti imparato né a camminare, né a cacciare, né a ruggire. È stata lei che ti ha sfamato quando avevi fame, ti ha protetto dai temporali e dal freddo dell’inverno, ti ha rialzato quando ruzzolavi perchè non sapevi camminare e ti ha insegnato a essere forte e a ruggire. È proprio perchè lei si è occupata di te che tu ora sai fare queste cose e adesso lei le deve fare per i tuoi fratellini, che queste cose non le sanno ancora fare. Allora, quando ti viene il pensiero che la tua mamma non ti voglia bene, prova a pensare a che cosa ne sarebbe stato di te se lei non ti avesse portato nella sua pancia prima e poi nutrito, protetto e riscaldato quando eri piccolo. Forse, se lasci che questo pensiero possa entrare nella tua testa, ti sentirai meno arrabbiato con tutti’.

‘Devo dire che io ero molto perplesso e non capivo che cosa c’entrasse la mia mamma col fatto che gli altri mi rifiutassero, però Gufo Millenario aveva l’aria molto saggia e mi ispirava fiducia. E così a poco a poco provai a fare quello che mi aveva suggerito e permisi a quel pensiero che prima non era mai voluto entrare nella mia testa di entrarci.

‘Le prime volte lo faceva di sfuggita e scappava subito fuori; era proprio come se non volesse coabitare con la mia testa; poi cominciò a fermarsi qualche volta e alla fine arrivava liberamente e si fermava. E a poco a poco mi accorsi che anche i pensieri dentro di me cominciarono a cambiare e quando finalmente io mi resi conto che la mia mamma voleva bene a ognuno di noi in modo differente perchè ognuno era diverso, anche con gli altri cuccioli io mi trovai molto meglio: non avevo bisogno nè di fare continuamente i dispetti né di farmi applaudire. Ero semplicemente uno come loro, che giocava, si divertiva, imparava, litigava, piangeva e si faceva male esattamente come tutti gli altri.

‘Adesso sapevo finalmente chi ero: non dovevo più farmi rifiutare o applaudire ad ogni costo.’

Lupacchiotto aveva ascoltato molto attentamente la storia del vecchio leone, e in certi momenti gli era sembrato di vedersela proprio lì davanti a lui, come se fosse stato lui il protagonista, anzi, si era tanto immedesimato che a volte gli era persino venuto il batticuore. Ma quando la storia fu finita emise un gran sospiro e pensò tra sé che quella sì era una bella storia, ma lui non era come Criniera d’Oro, la sua era certamente diversa, e se ne andò via scontento più di prima.

Ma si sa che i pensieri che cascano una volta nella testa sono come i semi, da uno ne nasce un altro, da questo un altro ancora e così via. E un giorno che Lupacchiotto era come al solito arrabbiato con la sua mamma, ecco che gli cadde in testa il pensiero delle parole di Gufo Millenario e allora provò a guardare meglio la sua mamma e vide delle cose che prima non aveva mai visto.

Vide una mamma che era molto stanca e che aveva sofferto tante cose nella vita e che si dava sempre da fare, ma che, anche se voleva, tante cose non riusciva a farle, proprio come lui con i conti. Era una mamma che faceva tutto quello che poteva, proprio tutto quello che poteva, anche per lui, anche se lo sgridava tanto.

Lupacchiotto fu molto sorpreso da quel pensiero; non gli piaceva proprio, preferiva la sua vecchia idea che gli faceva sempre compagnia, e così lo scacciò. Però qualche giorno dopo il pensiero gli cascò nuovamente dentro alla testa e si fermò un minuto di più. E così la lotta fra lui e il suo nuovo pensiero andò avanti per un po’, poi alla fine si era tutti e due talmente abituati a lottare e a farsi compagnia, che decisero di fare la pace.

E così nel Bosco delle Sette Querce si vide a poco a poco un lupacchiotto che giocava con gli altri, che litigava, che si faceva male, che faceva la pace e giocava di nuovo, proprio come tutti gli altri cuccioli del bosco, e non si ebbe più un cucciolo rifiutato o applaudito che per trovare se stesso aveva sempre bisogno di essere ammirato o scacciato.

 

Bibliografia:

Marcoli, A. (1996), Il bambino arrabbiato, Milano, Mondadori