Nonostante molti pensino che la stregoneria sia un fenomeno in estinzione con l’affermarsi delle società moderne, pertanto appartenente ad un tempo ormai trascorso, nell’Africa post-coloniale sembra, oggi ma non solo, conoscere un rinnovato vigore. Molti studiosi hanno difatti riportato come negli ultimi decenni siano aumentati i delitti imputabili a tali pratiche e come esse siano penetrate persino all’interno dei contesti giudiziari [cfr. Moore–Sanders, 2001]; la stregoneria sembra perciò permeare gran parte delle interazioni nei processi sociali in Africa [cfr Schirripa, 2008].
Negli anni Sessanta la stregoneria appariva ancora come una faccenda residuale, tuttavia la questione era destinata a “risorgere” negli anni Ottanta e oggi per l’appunto si è raggiunta la consapevolezza che sia tempo, all’interno del dibattito, di diminuire la distanza tra religioni popolari e storiche, se non altro per la ricca produzione etnografica rilevabile e rilevata all’interno di tutta una serie di fenomeni attuali che in diversi modi attraversano la stregoneria [cfr. Simonicca, 2009].
La stregoneria è un fenomeno sociale.
Si rivela essere ben incastonato sia nel tessuto della vita quotidiana che nelle pratiche giuridico-politiche dei neo-stati africani e «quali che siano i poteri loro attribuiti streghe e stregoni non sfuggono alla storia» [Comaroff, in Bellagamba, 2008] infatti le pratiche e i rituali si modificano nel tempo assieme agli scenari politici, economici e culturali.
Già Edward Evans-Pritchard nel 1937, presso gli Azande, aveva individuato alcuni aspetti fondamentali:
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la stregoneria è un evento comune, non straordinario;
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la stregoneria è comprensibile a livello di logica della situazione e non della scienza;
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la stregoneria è un idioma attraverso il quale si parla del mondo e di sé stessi.
Il celebre studioso mostra quindi come quello della stregoneria sia un sistema che, per quanto basato sulla casualità di ciò che accade, coerente e in grado di auto-giustificarsi.
In quelle zone dell’Africa investite dal mutamento economico indotto dall’introduzione della coltivazione intensiva, le pratiche stregoniche non potevano più essere confinate al villaggio e considerate come un residuo ancestrale; mutando, restarono operative e la stregoneria stessa più che una credenza apparve come uno strumento di analisi sociale [cfr. Schirripa, 2008].
Negli anni Novanta il regime dell’African National Congress(ANC) si attivò, sotto la spinta di una forte pressione popolare (la popolazione ha sempre accusato i governi coloniali e dell’Apartheid di collusione con gli stregoni. Venne istituita una commissione ufficiale, la Commissione Ralushai, la quale raccomandò, al termine delle sue indagini,nel 1996, di modificare le leggi e rendere condannabile chiunque commettesse atti all’origine di un ragionevole sospetto di coinvolgimento in pratiche stregoniche (quindi non più solo specialisti dell’occulto “conclamati”).
Perché tale severità? Perché la paura?
«Non si dovrebbe pensare che paure di questo genere scaturiscano dalla resistenza ostinata di un qualche resto “tradizionale”, considerato come l’opposto di tutto ciò che è “moderno”» [Geschiere, 2009:62]. In Africa, come dimostrato e sostenuto da John e Jean Comaroff [1993], la stregoneria è parte integrante dell’idea di modernità.
Il rapporto con le aule di giustizia è probabilmente un ottimo modo per mostrare come il fenomeno sia realmente iscritto nella realtà. In Camerun, ad esempio, le morti di familiari e stretti collaboratori del presidente Biya furono associate alle forze occulte: le vittime, stando alle voci circolate, sarebbero state sacrificate affinché il presidente riuscisse a superare le sue difficoltà politiche [cfr. Nyamnjoh, in Schirripa, 2008].
Adam Ashforth sostiene che gli stregoni abbiano, da un punto di vista sociale, sostituito il precedente regime dell’Apartheid come spiegazione delle sofferenze della popolazione [cfr. Ashforth, in Geschiere, 2009]. Gli interventi legislativi non a caso sono generalmente basati sul presupposto che la pratica rappresenti un attacco diretto all’ordine sociale, «ogni fonte alternativa di potere che non fosse mediata dalle istituzioni dello stato era vista, specialmente dai burocrati locali, come qualcosa che potesse minare i punti nevralgici del comando e del controllo» [Fisiy-Geschiere, in Schirripa, 2008:19], nonostante tutta una stagione precedente di studi antropologici sostenesse come la stregoneria in realtà fosse proprio un elemento per mantenerlo questo ordine. Citando ad esempio Max Gluckman, il quale paragona la moralità presente nei discorsi della stregoneria a quella anglicana: «le credenze nella malvagità della stregoneria (…) affermano che se non ci si ama l’un l’altro sopraggiungeranno disgrazie» [Gluckman, 1955, in Geschiere, 2009:67]; è proprio questa minaccia, secondo lo studioso, che obbligava uomini e donne a rispettare i valori “sociali”.
Il Codice Penale ancora nel 1967 mostrava continuità rispetto a quello coloniale, il quale a sua volta era caratterizzato da un’ambiguità: riconosceva che la stregoneria potesse cadere sotto l’ambito giudiziario, ma allo stesso tempo ne negava la fattualità. Le cose cambiarono negli anni Ottanta con l’accettazione dei guaritori tradizionali come testimoni, in quanto esperti e “scopritori” di stregoni [cfr. Schirripa, 2008].
Come giustificare il cambiamento di prospettiva?
Peter Geschiere ritiene che gli atti di stregoneria siano stati sempre più considerati come forza contraria allo sviluppo del paese: chi nel nuovo clima economico si arricchiva veniva subito visto come qualcuno che utilizzasse poteri occulti, ma allo stesso tempo vi era un certo timore nell’intraprendere iniziative private volte all’arricchimento perché si temeva che un concorrente, o semplicemente un invidioso, potesse servirsi della stregoneria per sabotarle.
La politica vide questi comportamenti come freno allo sviluppo e l’incremento dell’uso della giustizia come repressione di pratiche occulte divenne uno strumento politico a tutti gli effetti [Ibidem]. «Il modello neoliberista che si è imposto negli ultimi decenni ha comportato l’esacerbarsi di differenze sociali già marcate; nello stesso tempo l’ingresso su vasta scala di merci ha creato una serie di desideri e bisogni che per molta parte della popolazione non possono essere soddisfatti. Il linguaggio della stregoneria permette di mediare la complessità di questa situazione sociale ed esistenziale» [Ivi, p. 21].
La stregoneria è un qualcosa che si trasforma sotto gli occhi di chi la osserva, assumendo forme anche inedite; «accentua e modifica i nessi con la medicina e la religione ed entra in relazione profonda con l’economia, la politica e la storia» [Pavanello, in Caffiero, 2015:202].
Autori come Geschiere spiegano che il modo migliore per comprenderne la sorprendente modernità è prendere le distanze dalla morale: all’interno dove la differenza bene-male non sia scontata è possibile capire l’ambiguità delle rappresentazioni e la persistenza all’interno dei nuovi rapporti di produzione e potere. Le credenze e le pratiche oggi riferite alla stregoneria riflettono la lotta intorno a problemi inerenti a tutte le società umane [cfr. Geschiere, 1995]. Oggi in Africa parlare di stregoneria significa discutere di differenze sociali, di nuove possibilità di accumulazione di ricchezze e di ineguaglianza nell’accesso alle risorse [cfr. Schirripa, 2008].
Bibliografia
Bellagamba, A., L’Africa e la stregoneria, Laterza, Roma-Bari, 2008
Caffiero, M., (a cura di), Magia, superstizione, religione.Una questione di confini, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 2015
Comaroff, J., Comaroff, Je., Modernity and Its Malcontents: Ritual and Power in Postcolonial Africa, The University Chicago Press, 1993
Geschiere, P. “La stregoneria e i limiti della legge in Camerun e in Sud Africa”, in Beneduce, R., (a cura di), Poteri e identità in Africa Subsahariana, Liguori Editore, 2009
Geschiere, P., Sorcellerie et politique en Afrique, Kerthala, 1995
Moore, H., L., – Sanders, T., Magical interpretation, material realities. Modernity, witchcraft and the occult in postcolonial Africa, Routledge, London-New York, 2001
Schirripa, P., “La stregoneria nelle aule di giustizia”, in Diritto e Religioni, Anno II, n.1, 2008
Simonicca, A., “Il ritorno della stregoneria”, in Clemente, P., – Grottanelli, C., (a cura di), Comparativamente, SEID, Firenze, 2009