Fantasmi, vampiri, licantropi e zombie: l’intera industria del cinema horror da sempre porta con sé le immagini delle creature più spaventose. Moltissimi film di questo genere si basano su questo presupposto: è necessaria una figura che incarni le nostre paure più primitive e che sia in grado di mostrarcele nel modo migliore possibile. Ma quali sono le caratteristiche che rendono tale un mostro?
Cosa ci porta a voler distogliere lo sguardo quando queste figure compaiono sullo schermo?
Proveremo qui, esaminando due ricerche di grande importanza, a capire come vengono creati alcuni dei mostri del cinema, e analizzeremo alcune delle qualità che li rendono in grado di spaventare il pubblico nella maniera più efficace.
Nobuo Masataka è uno psicologo e ricercatore giapponese. In uno dei suoi esperimenti più famosi mostrava ad alcuni bambini di 3-4 anni un collage di foto di fiori, tra le quali era presente la foto di un serpente. I bambini, tramite l’uso di un touch screen, dovevano individuare più velocemente possibile la foto del serpente. Il compito risultò naturalmente facile, come ci si sarebbe aspettati: la cosa sorprendente però, è che se il serpente era ritratto in posizione di attacco allora la velocità con cui i bambini lo individuavano aumentava di molto. Bisogna anche tenere conto del fatto che la differenza tra le foto in cui il serpente sta per attaccare e quelle in cui è a riposo, è davvero minima.
Questi dati spiegano come certe posizioni e configurazioni presenti negli animali siano in grado di attirare molto velocemente l’attenzione, a scopo difensivo. E’ infatti molto più utile distinguere un serpente pronto ad attaccare da uno a riposo, per evitare di essere colpiti. Il nostro cervello ha imparato a fare questo in epoche molto lontane, e ora mantiene questa capacità. Ecco perchè indicatori di movimento come questo sono in grado di spaventarci. Fin dall’antichità, rappresentano un pericolo che è ancora profondamente radicato nella nostra memoria genetica.
Ecco quindi uno degli elementi che un mostro del cinema deve avere: i suoi movimenti devono ricordare qualcosa, come il serpente all’attacco, che un tempo era pericoloso per la nostra specie. Questo elemento da solo non è però sufficiente a spiegare la paura che i mostri del cinema generano.
Il secondo elemento di grande importanza per ottenere un mostro spaventoso arriva da una ricerca di Christof Koch. La sua ricerca riguarda in particolare l’amigdala, e il modo in cui questa risponde agli stimoli. L’amigdala è una sezione antica del cervello, presente dunque anche in altri animali come i rettili, che si attiva principalmente quando si prova paura e che è comunque legata agli istinti di sopravvivenza fondamentali.
Koch ha dimostrato che nell’amigdala si ha una forte attivazione in presenza di foto di animali, il che ci permette di dire che istintivamente gli animali hanno in sé un grande potenziale di metterci in stato d’allerta (sebbene è da notare che non tutte le attivazioni dell’amigdala, di per sé, si associano alla paura). Degno di nota è il fatto che l’amigdala si attivi maggiormente in presenza di animali che di oggetti che oggi sono molto più pericolosi, come ad esempio le armi.
Abbiamo quindi alcune caratteristiche visive fondamentali che creano un mostro spaventoso:
per fare paura, una creatura immaginaria dovrebbe essere simile ad un animale, e muoversi come qualcosa che il cervello riconosce come pronto ad attaccare.
L’aderenza a queste caratteristiche segna buona parte del successo che un mostro avrà con il pubblico, ovvero quanto in grado sarà di spaventare.
Bibliografia
Masataka, N., Hayakawa, S., Kawai, N., (2010), “Human Young Children as well as Adults Demonstrate ‘Superior’ Rapid Snake Detection When Typical Striking Posture Is Displayed by the Snake” in PLoS ONE 5(11) : 10.1371/journal.pone.0015122
Koch, C., et. al.(2011), “A category-specific response to animals in the right human amygdala”, in Nature Neuroscience, 14