Con “Effetto Mozart” ci si riferisce all’aumento temporaneo delle abilità intellettive in seguito all’ascolto della musica di Mozart (in particolare la sonata K448). La teoria è stata verificata da un esperimento condotto dai fisici Gordon Shaw e Frances Rausher pubblicato sulla rivista scientifica Nature con il titolo “Music and spatial task performace”.
Nello specifico i partecipanti, dopo essere stati sottoposti ad un test mirato a valutare il loro quoziente intellettivo, furono suddivisi in tre gruppi ai quali vennero fatte ascoltare tre musiche diverse: un gruppo ascoltò Mozart, un altro musica minimalista e il terzo il silenzio. Dopo l’ascolto si chiese ai partecipanti di compilare un questionario per determinare nuovamente il livello di intelligenza: gli studenti che avevano ascoltato Mozart dimostravano un innalzamento del quoziente intellettivo di 8-9 punti rispetto agli altri due gruppi che invece non presentavano nessun miglioramento nell’esecuzione.
Ad oggi, in linea con i numerosi studi condotti, si potrebbe affermare che la musica di Mozart (nello specifico la sonata sopracitata) aumenti temporaneamente l’Intelligenza spazio-temporale, ovvero quella deputata all’analisi delle forme, della posizioni degli oggetti nello spazio e allo sviluppo del senso dell’orientamento.
E’ una reazione più che spontanea domandarci perché proprio Mozart.
Lo stesso Gordon Shav spiegò di aver scelto le musiche del compositore austriaco in quanto costui, al culmine delle sue capacità percettive e creative, era in grado di sfruttare al massimo le sue capacità di fissazione spazio-temporale, arricchendo così le sue melodie di alte frequenze. Inoltre, come ci riferisce Alfred Tomatis (psicologo e medico francese), quando il cervello viene caricato di potenziale elettrico dai suoni ad alta frequenza, si verifica un netto potenziamento delle capacità di concentrazione, apprendimento e risoluzioni di problemi.
Tuttavia, nel 2012 la ricerca condotta da Elizabeth Spelke e i colleghi della Harvard University di Boston, ha messo in discussione l’effetto in questione. I ricercatori statunitensi hanno coinvolto un campione di bimbi e rispettivi genitori dividendoli in due gruppi: il primo doveva seguire un corso di musica, il secondo un corso di arte. Anche i genitori seguivano le lezioni in modo attivo cosicché i bambini potevano poi esercitarsi a casa con il loro aiuto. Al termine del corso, le capacità cognitive dei bimbi dei due gruppi sono state misurate con una serie di test e non sono emerse differenze significative tra i due casi. Il test è stato ripetuto su un campione più ampio nuovamente diviso in due gruppi: questa volta il secondo gruppo non doveva seguire nessun corso ed anche in questo caso non è emersa alcuna differenza significativa.
Di fronte tale dibattito, tutt’altro che chiuso, rimane così sospeso il vecchio Mozart: tra il “Metodo Tomatis” che utilizza ancora oggi la sua musica a scopo terapeutico aiutando decine di migliaia di bambini con problemi di dislessia, apprendimento, attenzione, iperattività, autismo; e l’esperimento della Spelke che sembra parlarci piuttosto di un falso mito.
Sitografia
Gordon Shaw, Frances Rausher, Music and Spatial Task Performance : A Causal Relationship in http://eric.ed.gov/?id=ED390733