Quando sentiamo parlare di Islam generalmente ci riferiamo all’islam sunnita, ovvero quello che riguarda circa il 90% della popolazione musulmana mondiale. Il restante 10% è, invece, conosciuto come islam sciita, ovvero l’islam della scissione.
Islàm significa dall’arabo «abbandono, consegna (di sé alla volontà divina)» [Treccani, 2016], sottomissione a Dio. Il Profeta Maometto (Muhammad) membro di un clan marginale della tribù dei Quraysh, gli Hashim, nacque intorno al 570 d.C. ed è considerato discendente di Abramo e di Ismaele, figlio avuto dalla schiava Agar, ma ritenuto dai musulmani il vero primogenito1. Secondo i principi islamici essendo lui l’ultimo discendente di Abramo, l’Islam è la religione che racchiude in sé la volontà del Signore e quindi l’unica e vera religione da seguire.
Durante la sua gioventù Muhammad lavorava per un’importante imprenditrice del luogo, Khadija, una vedova nobile e ricca che ne apprezzò talmente le qualità da sposarlo. Khadija era cristiana e fu la prima a convertirsi. Il 610 è l’anno della prima rivelazione Coranica, ovvero quando Maometto riceve da Dio il suo messaggio, le seguenti si susseguirono fino al 632, anno della sua morte (cfr. Vercellin, 2002).
Probabilmente il grande successo dell’islam è dovuto al fatto che in quel periodo nella penisola arabica si soffriva di una carenza di fede (cfr. Vercellin, 2002), il politeismo arabico stava attraversando una fase di declino ideologico e sociale e le comunità, spesso in contrasto fra loro, avevano bisogno di “ritrovarsi” in una fede che li unisse sotto la figura di un Dio unico. Il Profeta, una volta acquistata fiducia e notorietà, nel 622 viene chiamato da gruppi di ebrei e politeisti a Medina, a causa di alcuni scontri che si erano aperti nella città, e proprio emigrando verso Medina fece il suo primo pellegrinaggio, hijra, da cui Egira (cfr. Vercellin, 2002).
Con l’Egira nasce quello che noi conosciamo come la “Costituzione di Medina” dove si riconosce a quel punto che i musulmani2, tutti, costituiscono un’unica comunità sottomessa alla volontà di Dio/Allah (la umma). La situazione sociale dell’epoca, nonostante oramai l’islam e la comunità musulmana si siano ben insediati, non è facile. La comunità ha bisogno di regole e norme di diritto positivo, necessarie a fondare una comunità dai sani principi e rispettosa. Da qui segue il primo pilastro della shari’a (ovvero la legge divina). Durante gli anni di vita del profeta la umma (comunità musulmana) si espande sempre di più ponendo le basi per quella che poi diventerà una delle religioni più importanti al mondo con circa 1 miliardo di seguaci.
Nella sua rivelazione Dio non si è solo fermato indicando «la via retta che conduce a un luogo dove dissetarsi» (Vercellin 2002:6), ma ha anche voluto distinguere le norme relative ai comportamenti della relazione tra uomo e Dio (le ‘ibādāt) e le norme che disciplinano le condotte e i legami del credente con gli altri esseri umani (le mu‘āmalāt). Se da un lato le ‘ibādāt sono perpetue e inestinguibili, le mu’āmalāt possono essere modificabili e adattabili alle esigenze dei tempi e dei luoghi purché «non si allontanino dalla parola e dallo spirito della sharī‘a» [Vercellin, 2002:11].
Analizziamo ora alcune differenze peculiari tra i due distinti rami in cui si dividono i musulmani: sunniti e sciiti.
- Per i primi i pilastri dell’islam sono cinque: Shahāda (la professione di fede), Ṣalat (la preghiera), Ṣawm al-Ramaḍān (il digiuno), Ḥaǧǧ ( il pellegrinaggio alla Mecca), e Zakāt (la carità).
- Per quanto riguarda gli sciiti la questione è più complessa, questi ultimi (e parliamo soprattutto degli sciiti duodecimani3), suddividono il loro credo e le pratiche in due diverse categorie: gli uṣūl ad-Dīn o fondamenti della fede e i furūʿ ad-dīn, le pratiche, e/o le radici della religione, che ogni sciita duodecimano dovrebbe svolgere. Gli uṣūl ad-Dīn sono considerati i pilastri dell’islam (cfr. Al-Qazwini, 2009) e sono cinque: il tawḥid, ovvero l’affermazione dell’unicità di Dio e quindi del monoteismo, il adl, ovvero la “giustizia divina”, il nubuwwah o profezia, la credenza nel messaggio che Dio ha mandato attraverso il suo profeta, il imāmah, ovvero l’importanza della successione di sangue nella guida della umma, ed infine il mi‘ād, la resurrezione (cfr. Al-Qazwini, 2009). Invece i furūʿ ad-dīn sono distinti in dieci categorie e vengono definiti “le pratiche dell’islam”, e sono: le preghiere (ṣalat), il digiuno (ṣawm), la prima forma di elemosina (khums), la seconda forma di elemosina (zakāt), il pellegrinaggio a Mecca (ḥaǧǧ), il jihad4, fare il bene (Amr bil-Ma’rouf), proibire il male (Nahi Anil Munkar), favorire coloro che camminano sul sentiero di Dio (Tawalla min Awliyah Allah), e infine, allontanarsi dai nemici di Dio (Tabarra min A’daa Allah) (cfr. Al-Qazwni, 2009).
Tornando alla questione principale, i primi grandi problemi iniziarono alla morte di Maometto, nel 632, soprattutto per quanto riguarda il diritto di successione. Il Profeta aveva undici mogli, ma nessuna gli garantiva una successione maschile; mentre una parte della umma, riteneva che il legittimo successore di Maometto fosse Abu Bakr, padre di Aicha, moglie prediletta, quindi «una consistente parte dei discepoli di Muhammad ritiene che la leadership spetti a un vicario che dovrebbe essere scelto per via elettiva all’interno di un gruppo di notabili, un consiglio di saggi che decide secondo consolidate procedure tribali» [Vanzan, 2008:10], gli altri, invece, ritenevano (e ritengono) che il successore di diritto, per linea consanguinea, sia ‘Ali, suo nipote e genero, marito della figlia preferita Fatima Zahara, ma anche secondo convertito. Il partito degli Alidi, ovvero coloro che sono devoti ad ‘Ali caratterizza i principi dello Sciismo moderno, ovvero, la legittimità della successione al potere della famiglia del Profeta che viene investita da un’aurea di sacralità, consolidando in questo modo il diritto di successione familiare alla carica di Imam, diventando ereditario.
La figura dell’Imam, la guida spirituale della comunità, è quindi di fondamentale importanza nell’islam sciita e a differenza dall’imam sunnita, che giuda la preghiera del venerdì. L’Imam, per tutti i musulmani (sciiti e sunniti), ha il dovere di interpretare il Corano e la Sharia, e visto che è anche il tutore della legge, deve porre il suo giudizio impeccabile.
Fatto interessante è che gli sciiti duodecimani riconoscono dodici imam, il primo fu ‘Ali e l’ultimo è l’imam Mehdi, l’imam nascosto, scomparso intorno all’848 e in attesa di ritornare alla fine dei tempi insieme a Gesù per riportare la pace tra gli esseri umani. Curiosità: quando, nel 1979, Khomeini tornò in Iran molti credevano che fosse lui il Mehdi, ma lo stesso smentì e si proclamò come suo vicario. Oggi ci sono persone che si definiscono discendenti di Maometto, qualsiasi imam sciita, o meglio dire akhund (come viene chiamato in Iran) dovrebbe avere una discendenza “profetica” per poter guidare la comunità.
Sarah Sciò
1 È interessante notare che nel Corano il sacrificio del primogenito che Allah chiede ad Abramo è riferito proprio a Ismaele, mentre nella Bibbia a Isacco.
2Come islam, la parola musulmano deriva dalla radice araba SLM, che vuole significare salvare, rendere pace. Se islam vuol dire sottomissione a Dio, musulmano è il sostantivo che identifica la persona devota.
3Gli Sciiti a loro volta si suddividono in duodecimani, Ismailiti, Zaiditi, Alviti, Alawiti, Ahl-e Haqq e Drusi.
4 A questo proposito è necessario un chiarimento da parte dello stesso autore: «A general interpretation of jihad means to struggle against immoral and unethical ways. On a personal level, it is to try to polish, enhance, and forbid things that can hurt or pollute oneself. On a broader scale it serves as a means to defend noble goals, such as the rights, dignity, and freedom of others» (Al-Qazwini, 2009:59).
Bibliografia
Al-Qazwini, S., M., Discovery Islam.The Islamic Educational Center of Orange County, Costa Mesa, California, 2009
Vanzan, A., Gli Sciiti, Il Mulino, Bologna, 2008
Vercellin, G., Istituzioni del mondo musulmano, Einaudi, Torino, 2002