“Basta! Ma cosa corri continuamente tra i banchi? Vuoi sederti per favore?”
“Ora basta! Alza la mano come gli altri e rispetta il tuo turno! Non ci sei solo tu in classe, guardati intorno!”
“Ma cosa sono tutte queste parolacce? Da chi le hai imparate? Ti sembra questo il modo di rivolgersi ad un insegnante?”
A chi sono rivolte queste esortazioni? Ad un bambino vivace? Ad un bambino maleducato? E se fosse un ADHD?
Il Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo sul piano dell’attenzione, dell’iperattività e impulsività o di entrambe (AA.VV., 2016).
Sul fronte dell’attenzione il bambino ADHD fatica a mantenere un’attenzione sostenuta, in particolar modo nelle attività ripetitive o noiose. Sul fronte dell’impulsività, invece, il bambino ADHD mostra difficoltà a dilazionare una risposta, a inibire un comportamento inappropriato, ad attendere una gratificazione, interrompendo frequentemente chi sta parlando e adottando, in certi casi, anche comportamenti pericolosi, aggressivi, senza considerare le possibili conseguenze negative. E’ su queste caratteristiche che un bambino vivace o, all’opposto, pigro, rischia di essere diagnosticato come ADHD o, al contrario, che un bambino con deficit di attenzione e iperattività venga etichettato come scansafatiche o maleducato, sfrontato, pericoloso “bulletto”.
Come distinguerli allora? Come aiutare gli insegnanti a non confondere la cattiva educazione con l’eccessiva esuberanza o l’arroganza e l’opposizione con la reale difficoltà ad affrontare un compito?
Sebbene ancora non esista una risposta certa e univoca riguardo al funzionamento mentale dei bambini con ADHD, numerose ricerche (AA.VV., 2016) affermano che le loro difficoltà principali riguardano il funzionamento dei lobi frontali che controllano le cosiddette funzioni esecutive, ovvero: l’attenzione sostenuta, la memoria a breve termine, la pianificazione e la correzione degli errori.
Queste caratteristiche di impulsività e di disattenzione si riflettono negativamente sul rendimento scolastico. Con l’ingresso alla scuola primaria viene richiesta una notevole dose di flessibilità cognitiva, prontezza, collaborazione, pianificazione e rispetto delle tempistiche scolastiche. I bambini con ADHD tendono invece a liberarsi presto del compito, a non tornare indietro a rileggere il testo per rispondere alle domande presenti sul libro o ad incolonnare velocemente un’operazione matematica non riuscendo poi a risolverla correttamente. Vengono distratti da stimoli interferenti come suoni esterni – che talvolta replicano urlando -, possiedono scarse capacità metacognitive e non attendono che l’insegnante finisca di parlare per dire la loro. Ostentano una sicurezza nella gestione di un compito che talvolta non trova riscontro nella valutazione dell’elaborato finale (se ad esempio si fa una domanda interrompono prima che questa venga ultimata dicendo di aver capito tutto e che addirittura il compito è troppo semplice).
I problemi di autocontrollo comportamentale – specie nei casi di bambini ADHD impulsivi e iperattivi – si ripercuotono anche sulle relazioni interpersonali. I bambini ADHD gesticolano e si muovono in maniera irrefrenabile, cercano in ogni modo di primeggiare sugli altri in ogni situazione, provano frustrazione quando non riescono a mostrare la propria autorità nel gioco o le proprie capacità in un compito, reagiscono in maniera istintiva e talvolta aggressiva alle prese in giro o all’esclusione da parte dei compagni. Capita così che gli insegnanti spesso li valutino negativamente, non tanto o non solo dal punto di vista del profitto, quanto sotto l’aspetto comportamentale e del rispetto delle regole sociali.
La qualità delle loro interazioni non può certo essere giudicata in maniera del tutto positiva, considerati i comportamenti negativi a livello sia verbale che non verbale; una simile condotta, quindi, rientra appieno nella diagnosi oppure sarebbe meglio riconducibile alla maleducazione?
Bisogna precisare che molto spesso i bambini con ADHD che presentano manifestazioni di aggressività non esibiscono intenzionalmente questi comportamenti disturbanti e sono sinceramente sorpresi degli esiti negativi che scaturiscono dalle loro azioni maldestre; capita frequentemente, infatti, che dopo aver riso del pugno dato ad un compagno, piangano a dirotto, mostrando frustrazione e risentimento.
Sebbene, dunque, tali comportamenti problematici risultino essere inconsapevoli, eccessivamente istintivi e, quindi, un reale deficit per il bambino ADHD, è bene puntualizzare che anche in caso di diagnosi, l’ambiente contribuisce ad aumentare o attenuare il problema. Le parolacce, così come i gesti più violenti e volgari, si apprendono nei contesti più ampi: dalla famiglia ai film in televisione, nonché ai giardini pubblici. Un valido primo aiuto è l’educazione: un bambino che cresce in un ambiente positivo, in una famiglia e in ambiente scolastico affettuoso ma autorevole, che gli insegni a riflettere sulle proprie azioni – rinforzando le buone condotte e reprimendo quelle cattive – imparerà pian piano a diventare sempre più consapevole dei propri errori così come dei propri punti di forza.
Come possono gli insegnanti aiutare concretamente un bambino con ADHD?
Un buon punto di inizio può essere rappresentato da:
- la valorizzazione degli interessi del bambino, rendendolo più attivo durante la lezione, interpellandolo più spesso o chiedendogli di scrivere alla lavagna;
- la presentazione di attività brevi, con piccole ma ripetute pause;
- le lodi per comportamenti positivi;
- la riflessione, insieme al bambino, su parole e azioni alternative da impiegare in caso di rabbia.
Sono queste alcune semplici ma vantaggiose condizioni che consentono a un bambino con ADHD di vivere e far vivere in modo più sereno il contesto scolastico, extra-scolastico e familiare.
I bambini ADHD – come si è cercato di mostrare – sono bambini vivaci, iperattivi, distratti da minimi dettagli del mondo circostante, impulsivi con le parole e con i gesti, ma pur sempre bambini, alunni svegli, intelligenti e determinati nel perseguire i propri sogni.
Seguire questi piccoli ma concreti suggerimenti aiuterebbe gli insegnanti – e con loro i compagni di classe e le famiglie – a non confondere un reale disturbo dell’adattamento sociale con la più semplice impertinenza o maleducazione.
Rosa Giulia Maglione
Bibliografia
AA.VV. (2016), ADHD a scuola. Strategie efficaci per gli insegnanti, Trento, Erickson
Ciambrone R., Fusacchia G. (2014), I BES. Come e cosa fare, Firenze, Giunti Scuola
Da mamma che sta lottando con disturbi dell’attenzione e impulsività, mi sento di dire che mai articolo sull’argomento fu più rispondente alla realtà e illustrato con chiarezza, tanto che ne consigliere la lettura alle insegnanti dei miei figli, anche per le strategie da seguire. Grazie
Buongiorno Signora Daniela!
La ringrazio di cuore per il commento e sono davvero onorata che il mio articolo le sia piaciuto. Spero davvero che le potrà essere di aiuto nella quotidianità e, soprattutto, nella relazione con le insegnanti dei suoi figli.
Un caro saluto,
Rosa Giulia Maglione
Il problema è che la scuola non fornisce agli insegnanti corsi di formazione per gestire queste realtà. Noi genitori confidiamo nella loro sensibilità. Sbagliamo.