Negli anni sessanta Kitty Genovese fu aggredita per più di mezz’ora ed infine uccisa a New York mentre almeno 38 persone osservavano la scena dalle loro abitazioni senza intervenire, neanche chiamando al telefono la polizia. Per descrivere al meglio il tragico evento, ecco riportate le parole di Castelli: “L’assalitore, notando la presenza di altre persone alle finestre richiamate dalle urla della giovane, si nascose per poi tornare sulla vittima resosi conto che nessuno interveniva.
Questo “balletto” di assalti e momentanee pause, giustificate dalla paura che le persone alla finestra potessero intervenire, si ripeté più volte fino alla morte della ragazza. Probabilmente, l’assalitore era il primo a non capacitarsi del fatto che nessuno dei testimoni decidesse di intervenire”.
La spiegazione che balzerebbe alla mente di chiunque è l’egoismo e la totale assenza di valori di queste 38 persone. Tuttavia, se lo pensassimo faremmo un errore, ciò che in psicologica è chiamato errore fondamentale di attribuzione: la tendenza a considerare il comportamento altrui come prodotto delle sole caratteristiche di personalità, trascurando considerevolmente il contesto.
Latané e Darley, invece, riuscirono ad analizzare in laboratorio in che modo il contesto influisce sull’omissione di soccorso, e per farlo si ispirarono al terribile episodio di Kitty Genovese. Il partecipante all’esperimento entrava in una cabina e gli veniva fatto credere che nelle altre cabine presenti in laboratori ci fossero altri soggetti. Ad alcuni veniva detto che ci fosse un altro partecipante, ad altri due e ad altri quattro. In seguito, il soggetto sperimentale udiva dei rumori che facevano pensare ad una crisi epilettica da parte di uno degli altri (finti) soggetti. In realtà, i rumori provenivano da un registratore nascosto in una delle cabine. I risultati mostrarono che:
- l’85% dei soggetti invenne quando pensava di essere il solo presente alla scena;
- il 63% dei soggetti intervenne quando pensava in essere assieme ad un altro;
- il 31% di soggetti intervenne quando pensava di essere assieme ad altri tre.
Gli Autori dimostrarono che l’omissione di soccorso non dipende da caratteristiche intrinseche ai membri del pubblico, bensì dalla relazione che si instaura fra loro, e che la probabilità che gli individui prestino soccorso si riduce con l’aumentare del numero di persone che fanno da pubblico. Paradossalmente, è più probabile che si venga soccorsi in una situazione di pericolo quando c’è solo un individuo che assiste alla scena.
Gli individui sono indotti all’omissione di soccorso se:
- non ci si accorge dell’evento di pericolo;
- si considera un evento pericoloso come non pericoloso;
- non ci si assume nessuna responsabilità;
- si pensa di non avere le competenze adeguate per intervenire.
L’apatia dello spettatore, però, può essere prevenuta con la consapevolezza di tali influenze situazione e con un’adeguata educazione al comportamento di aiuto.
Bibliografia
Fletcherm G. J. O., & Ward, C. (1988). Attribution theory and process: a cross cultural perspective. Newbury Park, CA: Sage.
Hogg, M. A & Vaughan, M. G.(2010). Essentials of social psychology. Pearson Education Limited, United Kingdom.
Hovland, C. I., Lumsdaine, A. A., & Sheffield, F. D. (1949). Communication and Persuasion, Psychological studies on opinion change. Yale University Press.
Latané, B. & Darley, J. M. (1969). Bistander apathy. American Scientist.