Espressioni facciali ed emozioni: perché è difficile smascherare chi mente?

 

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“Il volto umano – a riposo e in movimento, in punto di morte così come in vita, in silenzio e nel parlare, visto o sentito dall’interno, nella realtà o rappresentato in forma artistica o ripreso da una telecamera – è una fonte di informazioni complicata che si impone e a volte confonde.” – Ekman, Friesen, e Ellsworth, 1972

Studi recenti lo confermano: la mimica facciale ha un ruolo prevalentemente sociale piuttosto che un valore emotivo. Ecco perché non è così facile scoprire chi mente interpretando le espressioni del volto. Molto spesso infatti i segni mimici non sono il correlato fisico di un’emozione, ma soltanto il veicolo di un’intenzione comunicativa soggettiva che cambia anche in base al contesto di riferimento.

La conferma arriva dall’Università Autonoma di Madrid, dove  recenti ricerche invalidano di fatto la tesi accreditata  da P. Ekman. Secondo lo psicologo statunitense le espressioni del viso sarebbero segnali innati, universali e quindi riscontrabili in tutte le culture. Rappresenterebbero la manifestazione somatica delle emozioni e pertanto, se ben osservate e riconosciute, avrebbero il pregio di rivelare gli stati d’animo più profondi del nostro interlocutore poiché in parte automatiche. La menzogna, sempre secondo Ekman, potrebbe essere smascherata attraverso il rilevamento di una discordanza tra le espressioni presenti sul volto. Ad esempio, la comparsa simultanea di un sorriso e di un’espressione triste degli occhi evidenzierebbe un’incongruenza, segno questo di indubitabile falsità del messaggio emotivo espresso in quel momento (cfr. Ekman, 1967).

Le ricerche condotte da J. A. Russel, M. A. Ruiz-Belda e J. M. Fernandez-Dols (1998) di fatto affermano il contrario. Il gruppo di ricerca ha analizzato la mimica facciale di persone di differente nazionalità, in concomitanza a stati emozionali di alta e di bassa intensità, per rilevare quando le espressioni rappresentavano una risposta emozionale, piuttosto che un segnale comunicativo senza alcuna corrispondenza con l’emozione sentita. I risultati hanno  confermato che l’esibizione di un segnale mimico diventa maggiore o minore a seconda della situazione e dell’obiettivo sociale da raggiungere, più che in risposta ad un vissuto emozionale, mettendo inoltre in evidenza l’importante condizionamento del contesto di appartenenza sull’intensità e la frequenza dell’espressione dinamica.

Chiaramente sono state moltissime le variabili rilevate che hanno concorso alla diversa modulazione dell’espressione del volto nelle persone analizzate; queste infatti si sono espresse in modo dissimile a seconda della cultura di appartenenza, del maggiore o minore autocontrollo personale, dei condizionamenti sociali ricevuti e del tipo di professione svolta.

Alcuni segnali del volto hanno inoltre dimostrato di avere, più di altri, un ruolo prevalentemente sociale, come per esempio il sorriso. Differentemente da quanto è ritenuto in genere, esso ha un grande ruolo comunicativo piuttosto che una valenza emotiva. Associato alla felicità, tuttavia viene spesso utilizzato con altra funzione: accompagnato al saluto, oppure espresso in risposta ad una situazione di disagio o anche utilizzato per esternare falsa compiacenza. Quante volte infatti sorridiamo non per gioia ma per ricevere consenso da parte dell’altro? Oppure in seguito ad una gaffe?

Pur non esistendo un linguaggio universale della comunicazione menzognera, e quindi un naso di pinocchio che ci riveli chi mente, tuttavia ci sono delle manifestazioni che possono aiutarci a capire chi sta dicendo una menzogna. I segnali non sono osservabili nel mentitore esperto ma sono rilevabili nel mentitore ingenuo. I soggetti particolarmente emotivi o con poco autocontrollo possono infatti essere traditi da segni di tensione che il corpo lascia intravedere. Queste manifestazioni sono dovute spesso alla paura di essere scoperti o alla poca abitudine alla menzogna.

Un certo disagio può manifestarsi a livello vocale:

  • per esempio il tono della voce di chi mente può comparire poco sicuro, con presenza di pause più o meno lunghe, e la voce può in alcuni momenti diventare molto più alta del normale;
  • il discorso può divenire poco fluente con la presenza di frasi brevi, poco chiare e discontinue, che denotano spesso un’insicurezza, caratteristica in chi sta cercando di tenere in piedi una storia poco veritiera.

Per quanto riguarda il corpo:

  • può capitare che chi sta mentendo faccia gesti troppo veloci rispetto alle parole che sta pronunciando, o addirittura può verificarsi un’ assenza dei movimenti delle mani;
  • è importante concentrarsi anche sui segnali di incoerenza che il corpo lascia trapelare. Spesso infatti i gesti del mentitore non si accordano alle sue parole.

Altri segnali, legati soprattutto all’emotività, possono rivelare la menzogna:

  • per esempio la comparsa di un rossore improvviso e apparentemente immotivato, o un’eccessiva sudorazione, possono essere segni di disagio di chi sta dicendo una bugia.

Alla luce delle nuove scoperte è necessario abbandonare l’idea che il volto costituisca una finestra aperta sulle emozioni e che l’analisi del comportamento possa essere la traduzione infallibile di stati d’animo interiori. Non esistendo in realtà una corrispondenza biunivoca tra espressioni ed emozione, perde infatti validità l’idea di un codice fisso di riconoscimento del falso che possa essere considerato universalmente valido. Tuttavia nel mentitore ingenuo è possibile che compaiano dei segnali rivelatori della menzogna. I gesti, la postura e il tono della voce possono infatti tradire un disagio, spesso presente nella persona poco sincera che non è  abituata a mentire. Lo stesso Ekman, in un suo recente libro, ha di fatto rivisitato la sua teoria proprio alla luce delle ultime ricerche sul tema, indirizzando le sue ricerche verso questa prospettiva di studio.

Loredana Di Adamo

Bibliografia

C. Darwin, (2012) L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, Bollati Boringhieri, Torino.

P. Ekman, (2007) Giù la maschera. Come riconoscere le emozioni dall’espressione del viso, Giunti Editore, Firenze.

A. Lowen, (2003) Il linguaggio del corpo, Feltrinelli, Milano.

J.A. Russel, J.M. Fernandez-Dols, (1998) Psicologia delle espressioni facciali, Centro studi Erickson, Trento.

P. Watzlawick, J.H. Beavin, D.D. Jackson, (1971), Pragmatica della comunicazione. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi, Astrolabio, Roma.

2 Replies to “Espressioni facciali ed emozioni: perché è difficile smascherare chi mente?”

  1. Articolo interessante anche se incompleto nell’analisi della comunicazione non verbale, la relazione tra il soggetto e l’altro da sé non è solo dettata dal fattore autenticità e falsità. E’ molto più complessa l’interazione dettata da innata timidezza, propensione a introversione piuttosto che estroversione ecc. A volte in natura il mimetizzarsi può essere dettato da intenzione aggressiva o dal suo contrario. Manifestarsi o mimetizzarsi quante oscillazioni motivano la relazione!
    E’ molto complessa la materia, indubbiamente.
    Questo articolo è interessante perché apre molte opportunità di approfondimento.

  2. Il lavoro del ’98 citato, si afferma, conclude: “I risultati hanno confermato che l’esibizione di un segnale mimico diventa maggiore o minore a seconda della situazione e dell’obiettivo sociale da raggiungere, più che in risposta ad un vissuto emozionale, mettendo inoltre in evidenza l’importante condizionamento del contesto di appartenenza sull’intensità e la frequenza dell’espressione dinamica”.
    Il lavoro non l’ho letto e mi riprometto di farlo, ma così non differebbe affatto dalle tesi di Ekman. Infatti, cerco di schematizzare:
    Situazione sociale grave -> segnale mimico maggiore
    Situazione sociale facile -> segnale mimico minore
    Da qui si evincerebbe che è la prima la discriminante del segnale mimico e non la risposta del vissuto emozionale. Peccato che c’è un errore di fondo: una situazione sociale ATTIVA un vissuto emozionale che ATTIVA, a sua volta, un segnale mimico.
    Non si capisce come mai gli autori abbiano potuto affermare questo, perché è ovvio che il contesto influenza l’emozione.
    Quanto ai segnali di menzogna che sono stati proposti, vi prego, sono folli. Si afferma che a livello vocale il tono della voce di chi mente può avere pause e la voce più alta. In realtà è stato dimostrato proprio il contrario, che c’è un calo della voce durante una menzogna e, oltretutto, le pause non indicano alcunché, visto che potrebbero indicare semplicemente una riflessione per ordinare le idee.
    I movimenti delle mani, poi, che siano veloci o assenti non denota proprio nulla. Semmai è possibile denotare una incoerenza visto che i gesti anticipano il parlato, sempre, ma non si può dedurre logicamente e linearmente che è stata detta una bugia.
    Idem sudorazione ecc., come si fa ad affermare che siano segno di bugia??? Quindi una persona che viene fermata e portata in Questura per essere interrogata e dice bugie suda. Ok. Ma se un’altra persona viene portata in Questura, è innocente e ha paura, sapete che fa? Suda! Quindi non si può anche qui logicamente e linearmente dedurre che si sia detta una bugia.
    Purtroppo nonostante l’impegno l’articolo è piuttosto impreciso, scusami se te lo dico. Uno dei modi più affidabili per scoprire una bugia è far raccontare la storia al contrario.

    E mi fermo qui…

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