La musica è una delle esperienze più ricercate, capace di suggerire stati emotivi ed evocarli, capace di legarsi strettamente alla memoria di un evento o di un periodo di vita, capace di raccontarci e talora sostituirsi a noi nel racconto.
Come riesce un brano a suggestionarci così profondamente e ad imprimersi nelle fibre più recondite del nostro essere?
Le reazioni suscitate dalla musica, avevano in origine un preciso significato biologico: all’ascolto della voce materna i peli del cucciolo umano si rizzavano e lo riscaldavano. Questo ”orgasmo della pelle” attiva il sistema deputato all’analisi delle emozioni e delle gratificazioni. Le differenti componenti della musica, infatti, sono processate attraverso circuiti cerebrali diversi. Sono coinvolte non solo la corteccia uditiva primaria e secondaria, ma anche le aree del linguaggio, della memoria e del movimento. Per il nostro cervello e per noi dunque risulta un’ esperienza olistica, che apporta benefici al di là della semplice piacevolezza all’ascolto.
Nella scorsa decade un forte interesse verso gli effetti della musica ha pervaso la comunità scientifica estendendosi all’ambito psicologico, fisiologico, neuro-endocrino e immunologico. Molti studi si sono occupati di documentare i mutamenti dei valori del cortisolo, un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali, regolato nella sua produzione dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, rilasciato quando l’organismo è sottoposto a stress psico-fisici (per intenderci dall’ansia per l’esame universitario al dolore post operatorio).
La maggior parte degli studiosi conviene su un esito: all’ascolto di un brano musicale la concentrazione di cortisolo nel plasma diminuisce.
Un’altra categoria ormonale e neurotrasmettitoriale che all’ascolto musicale diminuisce sono le catecolamine (cfr. Mockel, 1995 e Okada, 2009). Le catecolamine, adrenalina e noradrenalina, prodotte anche esse dal surrene e nelle terminazioni del sistema nervoso simpatico e centrale, sono coinvolte nelle risposte di attacco o fuga ( dalla reazione di allerta al sentore che sia entrato un ladro, al terrore incontenibile nel rappresentarsi un’appetitosa preda del leone che vi scopre i denti ).
Il rilascio del cortisolo e delle catecolamine, rappresenta l’ effetto di due bracci congiunti, quello ormonale e quello neurale, il cui scopo è di fronteggiare le situazioni in cui è percepito un pericolo reale o presunto. La secrezione ridotta dei suddetti ormoni comporta delle modificazioni dei parametri fisiologici: la pressione arteriosa si riduce, il ritmo respiratorio e cardiaco decresce, i movimenti intestinali si stabilizzano, il senso di stanchezza si attenua e i parametri di conduttanza cutanea rientrano nella norma. Tutti indici di un vissuto corporeo non minacciato da rischi per la propria integrità fisica e psichica.
La liberazione di ossitocina (cfr. Nilsson, 2009) da parte della neuroipofisi, si allinea agli stessi esiti positivi . L’ ossitocina detto ”ormone dell’amore” aumentando all’ascolto della musica è in grado di condizionare la risposta para-simpatica di rilassamento, favorire la sensazione di sicurezza e modulare la risposta sessuale (l’eccitazione, l’orgasmo e la sazietà sessuale).
Anche il sistema oppioide (cfr. Stefano, 2004*) è coinvolto nel conferire senso di benessere. Tale sistema formato da peptidi oppioidi esercita un’ azione simile alla morfina interagendo con recettori specifici (μ,δ,k) presenti sulle membrane cellulari. Il primo neurotrasmettitore di questo sistema ad essere indagato fu la β-endorfina (cfr. McKinney, 1997). Le endorfine sono quelle sostanze rilasciate durante prolungati sforzi fisici che assolvono funzioni analgesiche e di mediazione immunitaria. Sono capaci di alterare gli stati emotivi e provocare senso di piacevolezza tipico dell’euforia e dell’orgasmo. Esse sembrano inoltre coinvolte nel formicolio e i brividi associate all’esperienza dell’ascolto.
Pertanto, è possibile concludere che la musica è in grado di condizionare il crocevia di segnali tra cervello e corpo, influendo sull’asse ipotalamo-ipofisi-organi bersaglio e su disparati sistemi neurali. L’allentamento delle tensioni, l’attenuazione del dolore , la distensione muscolare, il senso di sicurezza, la riduzione dell’ansia, il miglioramento dell’umore non sono generati semplicemente dalla natura sublime di un brano. Non è la mera corrispondenza col nostro senso estetico a rendere piacevole una melodia, ma siamo dotati di strutture che ci predispongono a provare su più piani un coinvolgimento imprescindibile dalla nostra stessa natura.
Ne era pienamente persuaso Shakespeare quando nel mercante di Venezia scrisse: ”L’uomo che non ha musica dentro di sé e non è commosso dall’accordo di dolci suoni è incline ai tradimenti, agli stratagemmi e ai profitti; i moti del suo spirito sono tristi come la notte, e i suoi effetti bui come l’Erebo”.
*Nella ricerca condotta da Stefano, et al., risultò incrementata l’espressione dei recettori μ, ossia molecole che riconoscono e legano i peptidi oppioidi (endorfine, encefaline e dinorfine). Se ne risulta incrementata l’espressione l’effetto dei peptidi aumenta come sopra descritto.
Bibliografia
Fancourt D. et al. (2014), “The psyconeutoimmunoligical effects of music: a systematic review anc a new model”. In Brain, behaviour anc immunity
Guyton, (1980), Elementi di fisiologia umana, 35
Janke J., (2008), “Music, memory and emotions”. In Journal of Biology
Mckinney C. et al, (1997), “The effect of selected classical musci and spontaneous imagery on plasma beta-endorphin”, in J Behav Med. Feb; 20(1)
Nilsson, U. (2009), “Soothing music can increase oxytocin levels during bed rest after open hearth surgery: a randomized control trial” in J. Clin. Nurs.18
Stefano G.B., et al. (2004), “Music alters constituively expressed opiate and cytokine processes in listeners”, in Med Sci Monit,10(6)