“L’Europa non si farà in un attimo, né in una costruzione d’insieme. Essa si farà attraverso delle realizzazioni concrete, che creino innanzitutto una solidarietà di fatto” – Dichiarazione Schuman, Parigi, 9 maggio 1950
Queste furono le parole pronunciate da Robert Schuman, l’allora Ministro degli Esteri francese, a Parigi il 9 maggio 1950. Questa famosa dichiarazione è considerata ancora oggi come il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica – e in prospettiva, anche politica – tra i vari Stati europei. Il discorso di Schuman diede ufficialmente il via al processo d’integrazione europea cercando di tracciare una via maestra, una strada che oggi l’Unione Europea sembra aver perso a causa di quella che viene definita la crisi più grave della sua storia, una crisi politica e ideale. Questo equilibrio precario e altalenante ha contribuito a mettere in evidenza una Comunità che sembra quasi essere stanca di se stessa, incapace di presentarsi al mondo come un vero modello di cooperazione e integrazione a tutti gli effetti, un’Europa vecchia sotto più punti di vista, da quello demografico a quello ideologico, passando per quello politico. Cosa ha spinto i cittadini a non credere più nel concetto di Unione Europea come un tempo?
È sullo sfondo di una situazione come questa, cioè povera di prospettive reali e concrete, che l’euroscetticismo, all’inizio degli anni ’90, ha trovato sempre più terreno fertile per affermarsi tra la gente, tra quei cittadini europei stanchi di avere a che fare con un’Unione Europea inadeguata nel soddisfare i loro bisogni reali e primari e piena di burocrazia e interessi delle Lobbies. Per gli euroscettici l’Unione Europea è colpevole di essersi dimostrata assolutamente incapace di comunicare con il suo popolo, il tutto a vantaggio degli Stati nazionali sempre più intenzionati ad utilizzarla come un capro espiatorio: l’Europa che ci impone questo, che ci obbliga a fare quest’altro, che ci ruba la sovranità, ecc. Quello che gli euroscettici recriminano all’Unione è di non essere in grado di realizzare gli obiettivi tanto decantati a parole: la stabilità del sistema monetario, una reale crescita economica e di conseguenza la creazione di lavoro e un mercato interno meno rigido.
Con il passare dei giorni aumenta sempre più il numero dei cittadini che in Europa mostra forti e crescenti segnali di vera e propria insofferenza, di insoddisfazione nei confronti di quell’entità sovranazionale che solo fino a pochi anni addietro rappresentava per loro una prospettiva allettante, soprattutto sotto il profilo economico e politico. Questo cambiamento trova le sue radici in qualcosa che va ben oltre la semplice avversione all’Euro e la percezione che la moneta unica abbia causato dinamiche incontrollate nei prezzi con pesanti ricadute sui bilanci personali e familiari, o la crescente invadenza del sistema decisionale europeo negli affari nazionali. L’Europa è stata a lungo considerata, da una fetta consistente di cittadini, una sorta di ancora di salvezza mentre per le élites politiche ora un’opportunità di modernizzazione, ora una specie di alibi per assumere decisioni impopolari. Questo gioco a due livelli ha funzionato, più o meno bene, fino a quando eventi di un certo rilievo, e tutto sommato anche abbastanza imprevedibili, hanno portato alla luce la debolezza della governance europea, la sua incapacità di fornire risposte tempestive alle preoccupazioni per lo stato dell’economia e il pessimismo per gli scenari futuri.
L’antieuropeismo, associato alla paura nei confronti dello straniero e alla chiusura verso il fenomeno dell’immigrazione, si presenta come una frattura che caratterizza oggi diversi sistemi politici in Europa, tra cui gli stessi italiani che risultano un po’ i campioni di questa speciale classifica dell’euroscetticismo. A conferma di tutto questo c’è il successo crescente del partito della Lega Nord, che fa dell’ostilità verso Bruxelles e della crociata contro l’euro il pilastro su cui fondare la sua ideologia politica. A causa dell’assenza di un progetto politico condiviso e di una piena partecipazione democratica che investa direttamente tutti i cittadini, l’Unione Europea manca di legittimità e questo genera sfiducia. Chi oggi ha ancora uno sguardo positivo verso l’euro e l’UE, lo fa perché vede nel progetto europeo l’unica soluzione possibile al momento, una sorta di vera e propria medicina amara da consumare ogni giorno, quasi come per paura di non vedere il futuro.
Laureata in Scienze della Politica e dell’Amministrazione
Bibliografia
Alesina, A. e Giavazzi, F. (2006), Goodbye Europa, Cronache di un declino economico e politico, Rizzoli, Milano
Draetta, U. e Santini, A. (2008), L’Unione Europea in cerca di identità. Problemi e prospettive dopo il fallimento della Costituzione, Giuffrè Editore, Milano
Gozi, S. (2006), Il governo dell’Europa, Il Mulino, Bologna
Mosca, A. (2006), Europa senza prospettive? Come superare la crisi con il bilancio UE 2007-2013, Il Mulino, Bologna