Il ruolo della politica nella lotta al terrorismo

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Le immagini della strage di Charlie Hebdo a Parigi, degli atti terroristici che hanno colpito la città di Copenaghen e dell’attacco al Museo del Bardo di Tunisi, sono ancora ben impresse nella mente di tutti noi. Stiamo parlando di tre attentati di matrice islamica che hanno sconvolto l’Europa e il resto del mondo nei primi mesi del 2015.

In che modo sconfiggere il terrorismo?

Anche l’Italia, dove la storia ci ricorda come il nostro paese non sia stato immune al terrorismo, è in prima linea per  discutere, assieme agli altri paesi, sui modi e sugli strumenti più idonei per far fronte all’allarme ISIS. Secondo il pensiero di molti addetti ai lavori, l’elemento fondamentale che può garantire davvero il successo di misure di prevenzione e repressione del terrorismo, è la partecipazione attiva e costante di tutta la società civile, nessuno escluso, in modo da rendere i cittadini stessi veramente consapevoli del pericolo rappresentato dal terrorismo di matrice islamica.

A dimostrazione di quanto appena detto, c’è il famoso periodo passato alla storia italiana come “gli anni di piombo” (1969-1981), in cui si è manifestato fortemente il terrorismo dei gruppi dell’ultrasinistra e dell’ultradestra, in particolare quello facente capo alle Brigate Rosse (BR). Sul finire degli anni ’70 gli episodi di violenza cominciarono a scemare pian piano, così come crollò anche il sostegno alle BR e l’idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali. Fu grazie all’aperta ostilità da parte di cittadini e lavoratori nelle città, nelle università e nei luoghi di lavoro, che l’azione violenta dei terroristi cominciò a perdere forza.

Un ruolo fondamentale in questa lotta contro i gruppi eversivi, che si sono affermati negli anni di piombo, fu quello rivestito dai partiti politici che, insieme a sindacati e organizzazioni professionali, si fecero portavoce del malcontento generale e, al tempo stesso, orientarono e sostennero la mobilitazione civile al fine di riportare l’equilibrio nel paese.  I partiti che riuscirono ad essere maggiormente decisivi in questo senso furono i grandi partiti popolari (tra cui DC, PCI e PSI), e lo furono anche grazie al grande supporto che veniva loro riconosciuto sia da parte di milioni di militanti, che di strutture politico-organizzative diffuse nel territorio e nei luoghi di lavoro.

Il merito dei partiti politici, negli anni di piombo, fu quello di aver costituito un solido ed efficiente canale di collegamento tra la società civile e le istituzioni statali. Proprio il sostegno da parte della società civile fu essenziale per l’emanazione e l’approvazione di leggi sempre più “speciali” per affrontare l’emergenza terrorismo di quegli anni. Emblematica in questo senso fu la legge Reale del 1975, dal nome dell’allora Ministro della Giustizia, Oronzo Reale, che sanciva il diritto delle forze dell’ordine a utilizzare armi da fuoco quando strettamente necessario anche per mantenere l’ordine pubblico. Il leitmotiv alla base di queste leggi era quello di disgregare e combattere fino alla fine i gruppi terroristici.

L’immagine attuale dei partiti

Oggi, purtroppo, l’opinione pubblica ha un’immagine dei partiti completamente differente rispetto a quella di un tempo. I cittadini sono in larga parte convinti del fatto che i partiti debbano ripensare profondamente al proprio ruolo e al senso della propria esistenza. Oggi appaiono alla popolazione come strutture sterili, prive di idee, organizzazioni vuote il cui fine unico è l’occupazione dei loro affiliati e la gestione del potere, il che renderà ancora più difficile anche la lotta contro il nuovo terrorismo di matrice islamica che sta prendendo piede giorno dopo giorno. Molto probabilmente la difficoltà dei partiti nel mettere a punto efficaci misure repressive del terrorismo islamico, sta proprio nelle caratteristiche stesse del nemico da combattere: un nemico che appare inarrestabile, la cui capacità di autofinanziamento e la combinazione di fanatismo religioso ed esperienza militare che lo caratterizzano, lo rendono più minaccioso di qualsiasi altra organizzazione terroristica attuale e del passato.

Il quadro fin qui delineato dimostra come sia necessario operare una profonda riflessione sulla missione dei partiti e sul proprio ruolo, fondamentale anche per il buon funzionamento della democrazia. Ciò impone loro di tornare ad essere il luogo in cui tutti i cittadini si aggregano intorno a delle idee, uno strumento in grado di rispondere alle esigenze nuove della società civile del nostro paese, in una dimensione europea e mondiale di problemi che rappresentano per essa una minaccia, proprio come il terrorismo.

Alessia Russo20000_10205967697304525_7598731222970923761_n

Laureata in Scienze della Politica e dell’Amministrazione

Bibliografia

Barca, F. e Ignazi, P. (2013), Il triangolo rotto. Partiti, società e Stato,  Laterza, Roma

Ceci, G., M. (2013), Il terrorismo italiano. Storia di un dibattito, Carocci Editore, Roma

Tolomelli, M., Terrorismo e società, Il mulino, Bologna

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