La figura del serial killer è conosciuta da tutti e suscita grande interesse: è presente in numerosi film, telefilm, libri e telegiornali. In questi ultimi, a volte, viene avanzata l’ipotesi della presenza di un serial killer nei casi di omicidi con particolari caratteristiche, ad esempio quando è presente un elemento ricorrente che è considerato la firma del killer (un oggetto, l’asportazione di una specifica parte del corpo, una determinata posizione del cadavere).
Tuttavia, nell’immaginario collettivo molto spesso il serial killer è identificato come una persona di sesso maschile. Per molto tempo si è creduto che l’omicidio seriale fosse prerogativa quasi esclusiva dell’uomo, soprattutto perchè si riteneva che il serial killer fosse motivato ad uccidere da pulsioni di natura sadico-sessuale ed aggressiva. Oggi sappiamo che nella storia sono esistite molte serial killer donne, anche se il fenomeno è stato ignorato e sottostimato per molto tempo anche dagli esperti del settore.
Ma quali sono i fattori che possono contribuire a far diventare la donna un’assassina seriale? Ed esistono delle differenze tra uomo e donna nelle modalità con le quali viene compiuto l’omicidio seriale?
Secondo Schurman-Kauflin (2000) ci sono tre fattori che sono molto importanti nella formazione della donna serial killer:
- abbandono nei primi anni di vita da parte di almeno uno dei genitori, nei confronti del quale le donne sembrano essere molto più sensibili rispetto agli uomini. L’abbandono, in genere, impedisce alla donna di avere dei punti di riferimento nell’infanzia e può ostacolare il consolidamento dell’empatia;
- instabilità del nucleo familiare, che si manifesta nella difficoltà a restare per molto tempo in un determinato luogo;
- abuso, che può essere di tipo emotivo, fisico o sessuale ed è stato presente in quasi tutte le donne serial killer.
Questi tre elementi, secondo l’autrice, portano le future serial killer a sviluppare un sentimento di rabbia e di frustrazione sempre più forte che può sfociare in un desiderio di vendetta nei confronti di genitori, mariti, amanti ed anche nei confronti della società.
Per quanto riguarda le caratteristiche dell’omicidio seriale, solitamente esistono delle differenze sostanziali tra uomini e donne. Gli uomini tendono ad utilizzare molto più frequentemente delle modalità di uccisione che prevedono un contatto con la vittima, come avviene, ad esempio, nei casi di strangolamento o di utilizzo dei coltelli. Inoltre, gli uomini spesso infieriscono sul corpo della vittima anche quando questa è già morta, attraverso ulteriori coltellate oppure attraverso mutilazioni. Le donne, invece, utilizzano molto spesso delle modalità meno violente e più “discrete”, come ad esempio il veleno che, tra l’altro, se viene somministrato a piccole dosi consente anche di far apparire il decesso delle vittime come morte naturale. La stessa cosa avviene per quanto riguarda il soffocamento, che può essere classificato come arresto cardio-respiratorio dovuto a cause naturali. Non mancano, tuttavia, le eccezioni. A tale proposito è possibile citare, ad esempio, il caso di Rosa Juanita Sanchez (Nita Vale), che ha ucciso 6 uomini usando modalità estremamente sadiche. Infatti, dopo aver catturato la sua vittima, le somministrava un anestetico per addormentarla e la sottoponeva a torture e mutilazioni, usando prevalentemente un coltello da caccia.
Le donne, in genere, uccidono per molto più tempo (8 anni) rispetto agli uomini (4 anni) prima di essere scoperte, probabilmente proprio a causa delle modalità che usano più di frequente. Alcune assassine seriali, infatti, sono state scoperte solo dopo aver compiuto molti omicidi nello stesso ambiente (ad esempio un reparto ospedaliero), ma è probabile che se avessero limitato il numero di omicidi non sarebbero mai state neanche sospettate. In relazione alla scelta delle vittime, gli uomini uccidono prevalentemente persone che non conoscono e che vogliono ridurre all’impotenza per manifestare il proprio potere e controllo, mentre invece le donne di solito scelgono di uccidere parenti o persone che conoscono e che appartengono a categorie deboli, come bambini o anziani.
Le donne serial killer possono essere classificate in varie categorie (cfr. Kelleher e Kelleher, 1999):
- la vedova nera, che uccide prevalentemente uomini con i quali ha avuto una relazione affettiva e/o sessuale, soprattutto per motivi economici;
- l’assassina per profitto, agisce per ottenere un profitto economico. È molto organizzata e attenta e si differenzia dalla vedova nera perché uccide persone al di fuori del nucleo familiare;
- l’angelo della morte, che uccide persone che sono state affidate alle sue cure, come nel caso delle infermiere o di personale che lavora nelle case di cura. Si tratta di assassine difficili da individuare in quanto la morte dei pazienti in genere non genera sospetti;
- la predatrice sessuale, che uccide prevalentemente vittime di sesso maschile e usa modalità sadiche. È la tipologia più rara;
- la vendicatrice, uccide per vendetta o gelosia, soprattutto perché si sente abbandonata o rifiutata;
- l’assassina psicotica, soffre di gravi malattie mentali che possono comportare anche allucinazioni o deliri (ad esempio la convinzione di dover uccidere perché questo è stato ordinato da Dio).
Un caso particolare è poi rappresentato dall’uccisione seriale dei figli, che può avvenire per i più svariati motivi, ad esempio come esito di una forma gravissima di depressione a seguito della nascita dei figli (soprattutto se indesiderati), come conseguenza dell’incapacità di gestire i capricci dei bambini e le emozioni ad essi associate, per attirare l’attenzione del proprio compagno o vendicarsi di un suo abbandono; in quest’ultimo caso si parla di Complesso di Medea. Non mancano, poi, i casi di donne che uccidono i propri figli perchè ritenuti responsabili dei loro problemi o perché tendono a riproporre sui figli le violenze che loro stesse hanno subito da piccole, fino ad arrivare all’atto estremo dell’omicidio.
Come possiamo vedere, quindi, l’omicidio seriale al femminile esiste anche se in forme molto diverse rispetto a quello maschile ed è un fenomeno estremamente complesso, che si può esprimere in molteplici forme e che, a volte, può anche rimanere nascosto.
Erica Tinelli
Bibliografia
Campus A. M,. (2012), L’innocenza feroce del serial killer, Terre Sommerse, Roma.
Kelleher M. D., Kelleher C. L., (1999), Murder most rare, Praeger, Westport.
Mastronardi V. M., De Luca R (2005), I serial killer. Il volto segreto degli assassini seriali: chi sono e cosa pensano? Come e perché uccidono? La riabilitazione è possibile?, Newton e Compton Editori, Roma.
Schurman-Kauflin D. ,(2000), The new predator: Women who kill. Profiles of female serial killers, Algora Publishing, New York.