Sindrome da Erasmus, depressione post-erasmus, Generazione Erasmus sono solo alcuni dei concetti che vengono affiancati al programma di mobilità dedicato ai giovani e che, si sa, “ti cambia la vita”.
Come nasce il programma che ha ormai dato il nome a una generazione? Dove è nata l’idea di far si che i giovani potessero vivere una simile esperienza? E, soprattutto, perché?
L’antenato: i Programmi Comuni di Studio
Il programma Erasmus, acronimo di European Community Action Scheme for the mobility of University Students, affonda le sue radici in un’Europa ancora in fase di formazione.
Le prime idee relative alla mobilità riguardano prima di tutto i lavoratori e nascono negli anni Sessanta, sullo sfondo di un’Europa bloccata da dispute politiche ed economiche dove la necessità di favorire lo scambio di professioni e specializzazioni tra paesi europei veniva percepita come un’esigenza sempre più forte.
Bisogna attendere il 1976 per assistere ad una prima azione concreta nell’ambito dell’istruzione e dell’educazione dei giovani universitari. In quell’anno, infatti, viene approvata la Risoluzione che introduce il primo programma d’azione comunitario in materia d’istruzione, predisponendo uno schema di riferimento europeo per i cosiddetti Programmi Comuni di Studio (PCS) già esistenti tra alcuni stati membri e basati sulla mobilità studentesca. Di fatto i Programmi Comuni di Studio hanno rappresentato un primo passo verso la creazione di programmi di mobilità a livello europeo, fornendo una base alla governance di gran parte dei programmi europei dedicati alla mobilità.
I Programmi Comuni, in questa prima fase, erano essenzialmente basati su rapporti diretti tra professori o responsabili dei progetti di cooperazione tra atenei e, dunque, si riscontrano una gran quantità di pratiche diverse, soprattutto a causa delle differenze amministrative e didattiche tra gli istituti europei.
I primi dieci anni di attività comunitaria nel campo dell’educazione, dunque, non furono semplici, ma permisero di mantenere vivo il dibattito e di lasciare il tempo ai singoli stati e all’ambiente accademico nazionale di maturare una consapevolezza maggiore riguardo la necessità, ormai sempre più incalzante, di fornire ai giovani delle basi linguistiche e culturali forti che potessero permettere loro di entrare in un mercato del lavoro sempre più interconnesso e competitivo. Grazie alla nuova iniziativa e al progressivo avvicinamento tra i sistemi amministrativi degli istituti europei e dei percorsi didattici, si riesce a raggiungere la rimozione di molti degli ostacoli alla mobilità studentesca permettendo l’avanzare della cooperazione nell’ambito dell’istruzione a livello europeo.
La nascita
Il programma Erasmus si configura come un vero e proprio catalizzatore di tutti gli interventi sviluppati negli anni dalle istituzioni europee nonché come un gesto di provocazione politica mirato soprattutto a scardinare la magrezza degli interventi comunitari che aveva caratterizzato lo sviluppo dei programmi pilota.
Ad avanzare la proposta del programma di mobilità nel 1985 fu Peter Sutherland, politico e dirigente aziendale irlandese nonché membro della Commissione per gli Affari sociali, istruzione, formazione e gioventù, nel 1985 e della Commissione per la concorrenza e le relazioni con il Parlamento Europeo nel 1986. Sutherland, come Vice-Presidente della Commissione per gli Affari sociali, istruzione, formazione e gioventù fu uno dei promotori del programma Erasmus, nonostante le forti opposizioni di alcuni stati europei. In questa fase iniziale, infatti, si opposero al progetto soprattutto i paesi che già attuavano programmi di scambio a livello nazionale, come il Regno Unito, la Francia e la Germania. Quest’ultima, in particolar modo, ritenne che sia i dati di supporto che i riferimenti giuridici fossero insufficienti e che per raggiungere lo stesso risultato sarebbe bastato rafforzare i legami già esistenti tra università europee, mentre a sostenere il progetto erano soprattutto Italia, Portogallo, Grecia e Spagna, maggiormente interessate a rafforzare il proprio mercato del lavoro.
In questo contesto, fu fondamentale la mossa a sorpresa di Manuel Marìn, Presidente della Commissione europea nel 1999, che, succeduto a Sutherland nel 1986 propose di ritirare il progetto dedicato alla mobilità in quanto non più corrispondente agli obiettivi voluti dai ministri. Secondo Marìn, infatti, limitare il progetto alla semplice creazione di una rete tra università europee, come proposto dalla Germania, equivaleva a “comprare un libro di cucina per placare la fame di un individuo”. Grazie alla decisione di Marìn e all’insistenza del Consiglio Europeo, nel 1986 la Commissione accetta di ripresentare la propria proposta che verrà accettata l’anno successivo, dando così il via ad uno dei programmi maggiormente conosciuti dell’Unione Europea.
Il percorso che ha portato alla nascita del programma Erasmus si configura come la creazione di un vero e proprio catalizzatore di tutti gli interventi sviluppati sino a quel momento dalle istituzioni europee nonché di un gesto di provocazione politica con l’obiettivo di rafforzare e sviluppare l’azione comunitaria nel’ambito dell’istruzione e della mobilità.
Con l’approvazione del programma Erasmus vengono migliorati molti degli aspetti critici dei Programmi Comuni di Studio. Prima di tutto viene ampliata la dimensione finanziaria. I Programmi Comuni elaborati fino a quel momento avevano avuto un impatto limitato, permettendo la creazione di poco meno di 600 progetti di scambio e quindi permettendo la partecipazione a meno di uno studente su 2000. La seconda novità rispetto ai Programmi Comuni di Studio è quella di mettere da parte la semplice collaborazione tra università, rendendo il programma un mezzo per accompagnare le prospettive di sviluppo del mercato unico. È proprio per rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro e al numero crescente di domande che il programma verrà modificato solo pochi anni dopo la sua approvazione.
L’evoluzione del programma Erasmus
Le modifiche ai programmi elaborati dalla Comunità europea alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta sono dovute ad una serie di fattori, sia esterni che interni alla Comunità. Poco dopo l’avvio dei programmi infatti, guardando ai risultati, nonostante fossero molto positivi, iniziano ad emergere i primi malcontenti dovuti soprattutto a quella che era considerata l’insufficienza dei fondi previsti. Le richieste di rafforzamento dell’azione comunitaria arrivano soprattutto dai paesi mediterranei, sostenitori della collaborazione nell’ambito dell’istruzione sim dall’inizio.
La prima modifica del programma avviene a solo due anni dalla sua nascita e, di fatto definisce la struttura che il programma Erasmus presenta ancora oggi. Una delle modifiche principali riguarda l’affidamento della governance finanziaria alle autorità nazionali competenti per ogni paese, le Agenzie nazionali (AN), che avevano ed hanno tuttora il compito di procedere alla distribuzione dei fondi. Le Agenzie Nazionali, tramite un accordo con la Commissione Europea, si occupano dell’organizzazione e della distribuzione dei fondi, provvedendo a elargire le borse di studio. In questa prima fase i fondi per gli studenti e gli enti universitari devono essere richiesti collettivamente dai dipartimenti che collaborano nei vari paesi nell’ambito del Sistema di Cooperazione inter-universitario.
Nel 1995 il programma Erasmus viene inserito all’interno del Socrates con il quale viene creata un’unica struttura che comprende tutti i programmi comunitari nel campo della formazione e dell’istruzione elaborati fino a quel momento (Lingua, Euridyce, Arion, Naric). I cambiamenti relativi al programma dedicato alla mobilità sono perlopiù di stampo amministrativo e operativo; in particolare si passa dal cosiddetto “approccio dei dipartimenti”, che prevedeva che fossero questi ultimi a richiedere i fondi relativi alla mobilità, a quello “istituzionale” che prevede invece che questo stesso compito spetti agli atenei.
Nel 2006 viene poi avviato il Programma Lifelong Learning (LLP) per il periodo 2007-2013 che assorbe gran parte dei programmi elaborati fino a quel momento nel campo dell’istruzione, compreso il programma Erasmus. In realtà la modifica degli anni 2000 non ha riguardato nessun aspetto significativo del programma dedicato alla mobilità, ma ha perlopiù introdotto un nuovo concetto di apprendimento, maggiormente orientato all’inserimento nel mondo del lavoro.
Il nuovo programma dà grande attenzione ai progetti di mobilità che privilegiano i rapporti con le aziende dedicando maggiore spazio a progetti multilaterali di sviluppo curriculare che riguardano soprattutto la cooperazione tra le università e il mondo del lavoro, dalle imprese alla parti sociali.
Il programma Erasmus è, dunque, stato sottoposto a diverse modifiche nel corso degli anni, sino ad arrivare alla recente approvazione dell’Erasmus Plus nel Gennaio 2014 che ingloba tutti i programmi nel campo dell’istruzione elaborati fino ad oggi e copre il periodo 2014 al 2020 con un finanziamento di 14,77 miliardi di euro.
Guardando alle difficoltà vissute da chi per primo ha creduto nell’importanza di un programma dedicato allo scambio e alla mobilità degli studenti e alle vittorie ottenute nel corso degli anni, ci si chiede perché un programma che era ed è rimasto uno dei fiori all’occhiello dell’Unione Europea sia stato messo in discussione e sia, ancora oggi, così discusso, nonostante abbia permesso a oltre tre milioni di studenti Europei di svolgere una valida esperienza di studio e, sicuramente, di vita. Che i giovani facciano paura all’Europa?
Francesca Amendola
Laureata in Studi europei; Master in Politiche e Management delle Pubbliche Amministrazioni
Bibliografia
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