Navigando in Internet con l’obbiettivo di saperne di più sul Tecnopaganesimo, tra i vari siti, articoli e commenti che incontriamo forse la definizione che ci offre Wikipedia, uno dei primissimi siti che un utente medio consulta per acquisire informazioni riguardo un qualsiasi argomento, sembrerebbe essere la più completa. Essa recita: «termine generico che raggruppa le eterogenee tradizioni e pratiche neopagane, che considerano lo sviluppo scientifico e tecnologico come una manifestazione dell’eterna creazione generata dal dispiegarsi della divinità e, quindi, come una parte del cosmo al pari della natura». Una definizione alla quale possiamo includere quella decisamente più breve di Dery, che definisce il Tecnopaganesimo come «punto in cui il Neopaganesimo e la New Age confluiscono con la tecnologia digitale e la cultura informatica» [Dery, 1997].
La seconda definizione sicuramente facilita la comprensione e ci permette di dedurre come il fenomeno si concentri sull’aspetto spirituale della tecnologia. Esso include quindi le credenze che i dispositivi tecnologici possano ospitare pseudo-spiriti o spiriti-totem e si definisca all’interno di almeno tre punti chiave:
- l’uso di dispositivi tecnologici nei rituali in sostituzione di oggetti e strumenti più tradizionali;
- il riscontrarsi prevalentemente nelle subculture collegate all’informatica e ad Internet;
- il trattarsi di un aspetto sempre più emergente nel pensiero neopagano.
I tecnopagani in pratica, come afferma Mazzucchelli, assegnano alla tecnologia significati spirituali che fanno ricorso a metafore informatiche per spiegare fenomeni e simbolismi spirituali. Sempre l’autore li definisce come una sorta di «primitivi postmoderni» che riproducono i percorsi iniziatici di antiche tradizioni misteriche ma con oggetti moderni, tecnologicamente più avanzati in grado di generare nuove esperienze spirituali in perfetto stile New Age [cfr. Mazzucchelli, 2014].
Tali “neopagani 2.0” sono soprattutto addetti ai lavori, nel campo delle nuove tecnologie soprattutto informatiche, come hacker o programmatori. Citando Carlo Formenti «solo gli addetti ai lavori riescono a meravigliarsi della potenza delle nuove tecnologie» essendo più di altri in grado di apprezzarne la complessità.
Partendo dall’affermazione di A. C. Clarke «qualunque tecnologia sufficientemente progredita è indistinguibile dalla magia», riportata nella sua opera Profile of the future del 1958, possiamo dedurre come quanto più la tecnologia diviene complessa tanto più si creano inevitabilmente zone d’ombra dove ristagna proprio quella magia che muove il Tecnopaganesimo. Esso infatti non è altro che una pseudo-religione che prevede, esattamente come il Paganesimo “classico” o il più recente Neopaganesimo, rituali accostabili a pratiche magiche dove la tecnologia è proprio l’oggetto dell’opera magica.
Si può con un po’ di fantasia intravedere nel mouse una nuova forma di bacchetta magica che unita alla nuova forma assunta dal libro degli incantesimi, il computer, permettono la manipolazione dei simboli. Se il mouse è la bacchetta e il computer il libro degli incantesimi allora la rete sarà necessariamente il calderone, ma non solo, anche il luogo sacro dove i fedeli si riuniscono e l’universo stesso dove le forze magiche risiedono.
Quello dei tecnopagani è definibile come un tentativo di affrontare sul piano esistenziale i cambiamenti filosofici del ventunesimo secolo.
Con l’incalzare del Razionalismo e del Materialismo chi si sente impoverito dall’allontanamento dalla dimensione spirituale adotta la strategia di legittimare le credenze spirituali in termini scientifici [cfr. Dery, 1997].
Il risultato di tale processo è proprio il Tecnopaganesimo, attraverso il quale sembra avverarsi il sogno di Pierre Teilhard de Chardin di una riconciliazione tra Metafisica e Materialismo in una scienza tinta di misticismo e carica di fede (cfr. Dery, 1997).
È interessante notare come il fenomeno non sia ormai esclusivamente relegato ad uno scambio di tipo telematico attraverso BBS (Bulletin Board System, una forma primitiva di forum) specializzate, come Deus Ex Machina, Magick Lantern o BaphoNet, ma si sia ampliato ad altri campi come la musica, la letteratura e addirittura come il tema sia presente in alcuni videogiochi di grande successo.
A tal proposito possiamo citare la Techno-Trance, il Cyber-Pop o il Cyber-Rock, nati dalla fusione e della contaminazione con altri generi come la Techno, l’House e i più comuni Rock e Pop, portati in auge da gruppi come gli Psychic Tv e gli Shamen. L’aspetto musicale emerge soprattutto durante eventi specifici come i Rave party, dove, come afferma Dery, i partecipanti sono soggetti ad una decisa “esperienza psichedelica a base di Onde Alfa” (cfr. Dery, 1997).
Nella letteratura probabilmente gli autori di riferimento restano A. C. Clarke e soprattutto W. Gibson con le sue due opere principali Il Neuromante e Giù nel Cyberspazio mentre per quanto riguarda la sfera ludica dei videogiochi sicuramente degno di nota è Myst creato dai fratelli Robyn e Rand Miller.
In conclusione volendo riassumere tutto ciò che si è detto e volendo indicare chi siano davvero i tecnopagani ci viene in aiuto la definizione di uno dei maggiori esperti sull’argomento, Erik Davis: «una subcultura piccola ma vivace, fatta di esperti del digitale, che tengono un piede nell’emergente Tecnosfera e l’altro nel mondo del Paganesimo» [Davis, 2015].
Dario Bettati
Bibliografia
Mazzucchelli, C., Nei Labirinti della Tecnologia, Delos Digital, Milano, 2014
Dery, M., Velocità di fuga. Cyberculture a fine millennio, Feltrinelli, Milano, 1997
Formenti, C., Incantati dalla rete, Cortina Raffaello, 2000
Davis, E., TechGnosis – Mith, Magic & Mysticism in the Age of Information, North Atlantic Books, Berkeley, 2015