«Oggi mi ha whatsappato lo zio!
Sta bene, la casa nuova è molto confortevole
e la zona in cui si è trasferito gli piace molto.»
Nulla di strano, se non fosse che lo zio è già morto da un mese.
Affermazione macabra, inquietante per qualcuno, qualche altro interlocutore potrebbe, invece, cominciare a preoccuparsi della “sanità mentale” di chi fa certe affermazioni. Nulla di strano a riguardo se ci trovassimo in Cina. Nel paese (secondo le stime) più popoloso del mondo non è insolito pensare che lo spirito di un caro defunto possa utilizzare un telefonino cellulare o aver bisogno di una macchina o più semplicemente di denaro. Questa credenza si lega all’idea che mondo dei vivi e dei morti non siano altro che uno la copia speculare dell’altro e che quindi, una volta terminato il percorso di vita in questa realtà, l’esistenza dell’anima continui nell'”altro mondo”, in cui il caro estinto si troverà a fronteggiare i medesimi problemi ed avrà le medesime necessità che aveva quando era vivo.
E’ compito dei parenti ancora in vita quello di provvedere a queste necessità ed aiutare lo spirito, cercando di fornirgli tutto il supporto necessario per vivere un’esistenza agiata, non facendogli mancare nemmeno tutti quegli oggetti e quegli strumenti che sono simbolicamente indicatori di status nella realtà dei vivi.
Secondo la credenza taoista, lo spirito soggiornerà nella nuova dimensione finché non avrà superato il giudizio dei dieci tribunali dell’aldilà, istituzioni in cui ci saranno, come nel mondo dei vivi, procedure burocratiche da pagare, avvocati difensori da assoldare, persino giudici da corrompere per accelerare le pratiche del processo per decidere la futura destinazione dell’anima (cfr. Fazzari, 2014). Per questo motivo in determinati momenti dell’anno, previsti dal calendario cinese, le “porte” che mettono in comunicazione il mondo dei vivi ed il mondo dei morti si aprono ed i cinesi sono soliti offrire doni e libagioni per i “cari estinti”. Al tempo stesso le attività degli uomini devono rallentare e non possono essere effettuati altri rituali come i matrimoni, onde evitare di offendere gli spiriti e scatenare le loro ire.
La Festa del Doppio Nove (in autunno), il Qingming Festival (in primavera) e la Zhong Yuan Jie (in estate) sono le tre occasioni festive in cui ogni famiglia provvede ai propri defunti, commissionando riproduzioni cartacee di qualsiasi bene materiale indispensabile nella realtà dei vivi. I doni di carta vengono poi bruciati in modo che il fumo prodotto faccia arrivare l’offerta al destinatario nell’aldilà.
Dalle banconote alle carte di credito, dalle case alle macchine lussuose, oggi anche fotocamere e cellulari di ultima generazione, tutto è utile al defunto in un “mondo parallelo” così simile a quello che ha lasciato; persino un’infermiera (di carta) che lo assista, poiché l’anima potrebbe portare con se anche gli acciacchi del corpo che ha abbandonato ed i familiari non possono non essere rassicurati anche sotto questo aspetto riguardante il destino dell’anima del parente.
Nella complessa ed eterogenea “geografia religiosa” cinese, in cui convivono la dottrina taoista e buddista (oltre alle autoctone religioni popolari), è molto diffusa la credenza dell’esistenza di spiriti di varia natura ma soprattutto di quelli che rappresentano le anime dei defunti, abitanti di mondi paralleli a quello dei viventi. Il legame che vige tra vivi e morti mette in evidenza una relazione che si consolida nel tempo tra abitanti di “questo mondo” e dell’altro, una relazione che si potrebbe definire molto più stretta e vissuta rispetto quella a cui ci abitua la “prospettiva occidentale”. Parafrasando Baudrillard, si potrebbe dire che la “cultura occidentale” tende ad estromettere la morte, a guardarla solo come «illusione di una materialità biologica», mentre in altri contesti sociali essa viene integrata nel discorso collettivo. (cfr. Baudrillard, 1976).
Naturalmente inserire la morte all’interno dei discorsi della collettività, farla entrare nella vita di tutti i giorni come una “componente della vita sociale”, equivale a far entrare nella sfera del reale anche i rappresentanti della morte, gli spiriti per l’appunto. Anime che quindi comunicano ed interagiscono con i propri familiari poiché, come afferma de Martino, «[…] nel mondo storico che è loro proprio gli spiriti sono reali così proprio come vengono figurati e sperimentati dalla “credenza”, e solo un nostro malinteso polemico li può abbassare a “immaginazioni arbitrarie”» (de Martino, 2007:167).
Nessuna ipotetica “illusione” o “allucinazione”, in Cina gli spiriti sono parte della realtà perché socialmente e culturalmente riconosciuta la loro presenza/esistenza. Una credenza particolare, che innesca (come abbiamo visto) comportamenti rituali e sottende pratiche che possono risultare strane ai “nostri occhi” ma che, alla fine dei conti, non sono altro che l’espressione tangibile del discorso che la cultura cinese ha elaborato sulla morte e su ciò che potrebbe esserci oltre la vita. Un discorso che rappresenta anche parte del paradigma identitario sociale ed individuale del contesto cinese perché, come afferma Remotti (a proposito dei diversi modi di intendere e trattare il morto), «per definire “chi siamo?” abbiamo bisogno di stabilire una qualche distanza (una qualche differenza) rispetto a coloro che ci hanno preceduto, così come abbiamo bisogno di stabilire una qualche continuità. Continuità e discontinuità rispetto al passato sono ingredienti o fattori indispensabili per la costruzione dell’identità» (Remotti 1993:87).
Proprio sulla morte si potrebbe dire che non c’è individuo e gruppo umano che non si sia interrogato, generando “artifici culturali” atti a produrre senso e cercare di definire quel territorio sconosciuto, insondabile e per certi versi inquietante dell’oltre vita. Parlando della morte, la società non fa altro che parlare di se stessa, di quali principi regolano il mondo dei vivi e di quali sono i timori che si materializzano nella loro mente al solo pensiero della morte.
«Due cose belle ha il mondo: amore e morte» (Leopardi, 1853)
Così Giacomo Leopardi afferma in uno dei suoi componimenti. In effetti questi due concetti sono spesso il perno introno al quale ruotano ragionamenti e costruzioni culturali che vanno a caratterizzare l’esistenza degli uomini delle diverse collettività che abitano il mondo. Cosa avviene dopo la morte? Dove andremo a finire? La vita termina con il cessare delle nostre funzioni corporee? Esiste una condizione di vita oltre la vita?Se fossimo in Cina potrebbe risponderci il “nostro zio defunto”, magari con un sms o una mail, inviataci col nuovo smartphone che gli abbiamo “spedito”.
Antonio Severino
Bibliografia
Baudrillard, J., Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 2015
De Martino, E., Il mondo magico. Prolegomeni a una storia del magismo, Bollati Boringhieri, Torino, 2007
Fazzari, N., Tre uomini fanno una tigre. Viaggio nella cultura e nelle lingua cinese, Instar libri, Torino, 2014
Gattoni, D., Dall’Estremo Oriente all’Estremo Occidente, Lampi di Stampa, Milano, 2008
Guzzinati, M., La tradizione cinese, in Lulu.com, 2010
Leopardi, G., Consalvo, da I canti, vv. 99-100, 1835
Remotti, F., Luoghi e corpi. Antropologia dello spazio, del tempo e del potere, Bolatti Boringhieri, Torino, 1993
Sitografia
Il culto dei morti al tempo dell’ Iphone in: http://www.offichina.com/tag/qing-ming-jie/
Inizia il mese dei fantasmi: la paura e il business in: http://www.asianews.it/notizie-it/Inizia-il-mese-dei-fantasmi:-la-paura-e-il-business-25569.html
I soldi dei morti in: http://bizzarrobazar.com/2014/07/22/i-soldi-dei-morti/
Morto o vivo che sia non c’è cinese senza Iphone in: http://incontri-ravvicinati-livorno.blogautore.repubblica.it/2013/03/30/morto-o-vivo-che-sia-non-c%E2%80%99e-cinese-senza-iphone/?refresh_ce
Riti funebri in Cina in: http://www.oltremagazine.com/site/index.html?id_articolo=1031