Che sia una moda oppure no, mangiare bio è ormai un diktat. Nutrirsi con cibo che non sia frutto di coltivazioni malsane e di allevamenti indiscriminati è diventata un’esigenza. Spesso, però, non si pensa a quanto ci sia dietro una coltivazione di cibi per così dire totalmente naturali.
La coltivazione della soia, ad esempio, ha portato ad un vero e proprio stravolgimento nella vita dei contadini sudamericani.
Difatti, l’85 per cento dei terreni è in mano ai grandi proprietari terrieri, i cosiddetti sojeros, che si sono resi protagonisti di uno dei più grossi processi di deforestazione in atto.
Migliaia di famiglie sono state ridotte sul lastrico dai latifondisti e costrette a fuggire altrove per cercare un futuro migliore. Aumentando le aree dedicate alla monocoltura, in particolare della soia, si può immaginare che l’esodo di questi contadini continuerà ancora nel 2016 senza sosta.
La questione dei campesinos, costretti ad abbandonare la propria terra, è resa ancora più grave in seguito ad una tragedia avvenuta nel 2012: in Paraguay vi fu uno scontro tra contadini senza terra e polizia, che provocò 17 morti. In conseguenza di ciò, circa sessanta famiglie occuparono 2.000 ettari di terreno, appartenenti ad un latifondista che vantava diritti sul terreno senza averne. I reparti speciali sgomberarono con violenza le famiglie occupanti. Violenza su violenza dunque.
Lo scontro, identificato ormai come “il massacro di Curuguaty “, portò alla destituzione di Ferdinando Lugo, ex presidente di centro sinistra.
Da allora, la proprietà fondiaria ed i contadini senza terra sono aumentati a dismisura, rendendo sempre più difficile l’accesso ai prodotti alimentari, in una terra in cui l’agricoltura rappresenta il 22% del Pil.
La soia, oltre che per l’alimentazione del bestiame, viene utilizzata e importata dagli Europei che la utilizzano per la produzione di biodiesel, condannando milioni di persone alla fame.
Inoltre, è necessario considerare che tutta la soia coltivata in Brasile, Paraguay e Argentina è geneticamente modificata: quindi, nonostante in Italia gli OGM siano assolutamente vietati, rientrano comunque nella filiera alimentare nazionale; i suini ed i bovini allevati in Emilia Romagna per esempio sono alimentati, all’87 per cento, con la soia coltivata nel Paranà.
A causa di queste coltivazioni sterminate di soia la foresta tropicale più conosciuta del mondo, l’Amazzonia, è sottoposta ad un continuo processo di deforestazione, processo che provoca allo stesso tempo l’allontanamento delle comunità indigene che ancora vivono in quei luoghi.
E’ lo stesso WWF a denunciarlo, che ne fa motivo di discussione in vista della Giornata mondiale dell’ambiente in programma il 5 giugno di ogni anno.
L’associazione ambientalista sostiene che se i tassi di deforestazione continueranno ai ritmi attuali, potrebbe essere perso il 37% di foresta nei prossimi 50 anni.
Quindi, la coltivazione della soia, nonostante si dimostri più redditizia del petrolio, costringe alla fame migliaia di contadini e mette a repentaglio la salute di tutti, considerando che la stessa soia viene irrorata di pesticidi ed erbicidi che rendono il prezioso legume insano rispetto a come si vorrebbe immaginare.
Che il prezzo della soia, con questi presupposti, sia davvero troppo alto?
Olga Aloise
Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali
Sitografia