L’articolo 30 della Costituzione recita: “ è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”. Il quadro normativo in materia si completa con gli artt. 147 e 148 del Codice civile, riferiti rispettivamente ai doveri verso i figli e al concorso di oneri tra i genitori, nonché l’ articolo 155 dello stesso che sancisce il principio della bigenitorialità, il quale prevede che anche dopo la separazione personale dei genitori, il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi ed ha il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Con queste disposizioni il nostro Legislatore tenta di tutelare la prole dagli effetti pregiudizievoli di una separazione personale che subisce incolpevolmente.
Come ha chiarito la Cassazione (sent. n. 5652/2012) l’ obbligo dei genitori di mantenere i figli sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda. Esso impone di fornire loro quanto necessario alla vita di relazione nel contesto sociale in cui sono inseriti, in relazione alla disponibilità dei genitori. Non ha carattere alimentare, per questo vi rientrano le varie attività necessarie al sviluppo psicofisico, dal vestiario alla cd. “paghetta”, tutto ciò che serve a soddisfare le prevedibili e normali esigenze di vita quotidiana. La violazione delle norme sopracitate è punita dall’articolo 570 del Codice penale rubricato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare”. Se quanto detto è intuitivamente prevedibile quando si tratta di minori, dobbiamo chiederci cosa accade al raggiungimento della maggiore età.
La legge n. 54 del 2006 recante: “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” ha stabilito all’articolo 155-quinquies che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice è versato direttamente all’avente diritto. La legge 5 febbraio 1992 n. 104, prevede che le medesime disposizioni si applichino anche ai figli portatori di handicap, prescindendo dall’età.
Ai fini del riconoscimento di tale mantenimento, il giudice deve valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura. Infatti lo stesso, si giustifica nei limiti del raggiungimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione nel rispetto delle capacità, inclinazioni e aspirazioni (Cass. n. 26205/2013). La Suprema Corte con la sentenza n. 7970 del 2013 ha riconosciuto l’ obbligo in commento anche nei confronti del figlio laureato a patto che non abbia rifiutato ingiustificatamente offerte di lavoro. Un limite senza dubbio condivisibile, il confine tra diritto e abuso dello stesso è sempre sottile. Tali pronunce rivelano un atteggiamento di prudenza, dettata dalla consapevolezza dell’importanza del mantenimento di un figlio che non ha ancora raggiunto una stabilità economica e sociale. A confermarlo è la sentenza n. 1779 emessa nello stesso anno dalla Cassazione civile che esclude il venir meno dell’obbligo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne che svolge un lavoro stagionale.
La Corte in diverse pronunce (Cass. 1830/2011; Cass. 19589/2011) ha chiarito che spetta al genitore interessato alla declaratoria della cessazione dell’obbligo stesso, la prova del raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio maggiorenne.
Il mantenimento dei figli maggiorenni resta un tema di grande attualità che continua a tenere impegnate le Corti, chiamate a valutare, caso per caso, i limiti di un obbligo che trova fondamento in un preciso quadro normativo, che sicuramente non è scevro da limiti temporali, ma questi non sono predeterminabili. Dalle massime della Cassazione, risulta che esso perduri fino a quando la mancata autosufficienza economica non venga raggiunta per fatto imputabile del figlio o per sua negligenza. Tale obbligo risulta espressione di quel dovere di solidarietà, caro alla nostra Costituzione, che deve essere contemperato dalla necessità di non incoraggiare alla deresponsabilizzazione, tutelando al contempo le aspirazioni di chi ha completato un percorso di studi e merita di svolgere un lavoro ad esso attinente.
Accade spesso che le separazioni non vengano gestite con la maturità che si richiede e il coniuge, costretto ad abbandonare la casa coniugale in favore dell’ex consorte e dei figli, covi rancore non solo nei confronti della prima ma anche dei secondi, che per coscienza o affetto si sono schierati a favore di quest’ultima. Tale rancore si tradurrebbe nella continua ricerca di escamotages per sottrarsi alla corresponsione dell’assegno di mantenimento: frequenti sono gli “improvvisi” licenziamenti, magari da chi lavora in un’ impresa familiare, ha un cospicuo conto in banca o svolge altre attività servendosi di un prestanome. Alla Cassazione non è sfuggita questa eventualità, nella recente ordinanza n. 24424 del 2013 ha precisato che anche il genitore separato e disoccupato è sempre tenuto al mantenimento del figlio, “anche se” maggiorenne. Il genitore potrebbe provvedere al versamento del contributo tramite la stessa indennità di disoccupazione o il Tfr (Trattamento di Fine Rapporto), oppure il reddito proveniente da una nuova occupazione anche saltuaria. In una recentissima sentenza, il Tribunale di Udine ( 16 febbraio, n.484 del 2016) ha stabilito la condanna ai sensi dell’art. 570 c.p., del padre disoccupato e senza fissa dimora che non corrisponde il mantenimento ai figli. Nel caso in specie, il padre non aveva mai versato nulla in favore dei figli adducendo questa condizione di precarietà, che però non è mai stata dimostrata. I giudici hanno infatti ritenuto che l’uomo avrebbe dovuto allegare elementi specifici da cui potesse emergere questa “effettiva impossibilità”.
A questi genitori poco coscienziosi, allora, non resta che comportarsi secundum legem e soprattutto secundum naturam!
Veronica Capuano
Bibliografia
Contiero, G. (2011), Il mantenimento dei figli maggiorenni nella separazione e nel divorzio, Giuffré Editore
Ravenna, D. (2012), L’ assegno di mantenimento del coniuge e dei figli, Maggioli Editore.
Sitografia
(2015), Il mantenimento dei figli in Mondo Giudiziario/Settimanale indipendente giuridico-giudiziario:
http://www.mgiudiziario.it/mgiudiziario/il-mantenimento-dei-figli
Sentenza Cassazione 10 aprile 2012 n. 5652:
Sentenza Cassazione 2 aprile 2013 n. 7970:
http://sentenze-cassazione.com2013/7970
Sentenza Cassazione 25 gennaio 2013 n. 1779:
http://webgiuridico.it/sentenze2013/1779-2013.htm
Sentenza Cassazione 26 gennaio2011 n. 1830:
http://www.ricercagiuridica.com/sentenze/sentenza.php?num=3433
Sentenza Cassazione 26 settembre 2011 n. 19589:
Ordinanza Cassazione 29 ottobre 2013 n. 24424:
http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/ordinanza24424/2013
(2014), Rassegna della giurisprudenza di legittimità. Gli orientamenti delle Sezioni Civili:
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