Che cos’è lo storno di dipendenti e perché costituisce un atto di “concorrenza sleale”? Iniziamo con un esempio. Supponiamo che Tizio sia l’amministratore delegato di una società che produce bibite gassate di prima fascia, distribuite in tutto il mondo. Grazie a una strategia di marketing molto efficiente, frutto di anni di studi e ricerche, il suo diretto concorrente Caio mantiene una quota di mercato più ampia della sua. Tizio decide così che la maniera più efficace per recuperare terreno sia quella di convincere le figure chiave dell’ufficio marketing di Caio a trasferirsi nella sua azienda. Ma come?. Tizio mette in circolazione alcune voci false sull’azienda del suo concorrente: ad esempio la decisione di ridurre il personale a causa della crisi economica, o la diminuzione degli stipendi del 5%. In caso riuscisse a raggiungere il suo target con tale condotta, vale a dire attrarre i dipendenti altrui presso la propria azienda, otterrebbe di conseguenza due risultati: potrebbe sviluppare strategie di marketing maggiormente efficienti; il suo concorrente non avrebbe più i mezzi per farlo. Ecco, questo scenario è quello che la giurisprudenza, a partire dagli anni 70, chiama “storno di dipendenti”.
Lo storno di dipendenti può essere definito come “l’iniziativa mediante la quale un imprenditore tende ad assicurarsi le prestazioni lavorative, normalmente di natura professionale qualificata, di uno o più dipendenti di un’impresa concorrente”. Il passaggio di dipendenti da un’azienda ad un’altra non determina, a primo avviso, un atto illecito all’interno del nostro ordinamento. Tuttavia, la suddetta pratica ha assunto particolare rilevanza giuridica grazie all’evoluzione della giurisprudenza, di merito e non, la quale ha ravvisato, in presenza di determinati requisiti, la riconducibilità della fattispecie agli atti di concorrenza sleale disciplinati dall’art. 2598 c.c., intitolato “Atti di concorrenza sleale”.
La disciplina sulla concorrenza sleale, insieme alla disciplina sulla tutela della concorrenza c.d. antitrust (non trattata nel presente articolo), costituisce uno dei principali contrappesi che limitano e allo stesso tempo difendono il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica, enunciato all’art. 41 Cost.. L’art. 2598 prevede due ipotesi tipiche di concorrenza sleale: la confusione tra nomi e segni distintivi (comma 1) e la denigrazione e appropriazione di pregi altrui (comma 2). Inoltre, vi è un’ipotesigenerale e residuale, riportata al comma 3: la contrarietà alla correttezza professionale. Quest’ultimo, sanzionando tutti gli atti “non conformi ai principi della correttezza professionale idonei a danneggiare l’altrui azienda”, va a ricomprendere al suo interno diverse fattispecie di illecito individuate dalla giurisprudenza, come il dumping, il boicottaggio, la pubblicità ingannevole, la concorrenza parassitaria, ma soprattutto lo storno di dipendenti.
Il presupposto principale per integrare gli estremi di una condotta scorretta nel caso di storno, si fonda sull’iniziativa dell’imprenditore concorrentevolta a sottrarre (scorrettamente) i dipendenti altrui, giacché, logicamente, l’ipotesi contraria in cui siano gli stessi dipendenti a chiedere di essere assunti non integrerebbe alcun fatto illecito.
Da un punto di vista costituzionale, lo storno di dipendenti vede la contrapposizione di diversi interessi, facenti capo ai vari soggetti in gioco. Se da un lato esiste la libertà di concorrenza, sancita dall’art. 41 comma 1Cost., che consente all’imprenditore di ricercare le opportune risorse sul mercato al fine di migliorare le prestazioni della propria azienda, dall’altro esiste anche l’interesse dell’imprenditore stornato a veder tutelato il proprio investimento da malevoli distorsioni del mercato e da pratiche scorrette. Infatti, l’art. 42 comma 2 Cost., vieta che la libertà di iniziativa economica, e quindi di concorrenza, venga svolta “in contrasto con l’utilità sociale”, richiedendo implicitamente che tale concorrenza risponda ai requisiti di lealtà. Infine, di pari importanza, vi è il diritto del lavoratore a cambiare occupazione, riconosciuto dall’art. 35 Cost..Tenendo in considerazione siffatti interessi, la giurisprudenza, attraverso l’applicazione dell’art. 2598 comma 3 cc., ha il ruolo di bilanciare e individuare i casi in cui l’interesse dell’imprenditore stornato prevale su quello degli altri soggetti.
La giurisprudenza di merito negli anni Settanta e Ottanta, esaminando i primi casi di storno, ha stabilito che la sua illiceità non dipende dal numero dei soggetti coinvolti, ma piuttosto dalle modalità oggettive attraverso cui viene espletato, ossia “mezzi subdoli, sleali o per altro verso scorretti”. Pertanto, saranno considerate lecite le modalità che riflettono le normali dinamiche del mercato del lavoro come miglioramenti retributivi, prospettive di carriera, condizioni di lavoro più favorevoli. In virtù di questo principio è stato reputato illecito lo storno attuato: a) mediante denigrazione del datore di lavoro; b) avvalendosi dei dipendenti dell’impresa che subisce lo storno; c) per acquisire segreti del concorrente; d) per acquisire notizie utili sulla organizzazione del concorrente.
Successivamente la giurisprudenza si è orientata verso un approccio maggiormente soggettivo, basato sull’elemento intenzionale dell’illecito, ossia sulla presenza del c.d. animus nocendi,accompagnato in ogni caso da precise modalità oggettive che lo facciano trasparire. Il suddetto viene definito come la precisa intenzione di danneggiare l’altrui impresa, posta in essere con modalità tali da non potersi giustificare alla luce dei principi di correttezza professionale. La Corte di Cassazione, riprendendo e consolidando la propria linea giurisprudenziale, ha stabilito nella sentenza n. 20228 del 4 settembre 2013, che la condotta in oggetto sarà considerata illecita quando realizzata con un atto volto a impedire al concorrente di continuare a competere, consentendo quindi allo stornatore di saltare il costo dell’investimento in ricerca ed esperienza, di privare il concorrente della sua ricerca ed esperienza, e di alterare significativamente la correttezza della competizione.
Tornando per un secondo al nostro esempio, la Corte di Cassazione si è espressa nello specifico sullo storno di figure chiave, affermando che l’illecito sarà integrato specialmente quando i dipendenti in questione “siano particolarmente qualificati ed utili per la gestione dell’impresa concorrente”. È indubbio che le figure chiave costituiscono una risorsa fondamentale e quindi molto appetibile per qualsiasi società concorrente, per il loro prezioso know-how e per i segreti aziendali di cui sono a conoscenza. Pertanto,Tizio in questo caso avrebbe la possibilità di aumentare la propria quota di mercato senza troppo sforzo, saltando tutti gli investimenti in studi e ricerche, e soprattutto, otterrebbe al tempo stesso un vantaggio concorrenziale decisivo, togliendo le stesse risorse al proprio concorrente. Un furto in piena regola.
In conclusione, la giurisprudenza negli anni è arrivata a delineare i tratti costitutivi dello storno di dipendenti, affiancando all’elemento cardine dell’animus nocendi, le modalità oggettive attraverso cui esso viene espletato.A partire da un’impostazione di tipo puramente oggettivo-comportamentale, si è giunti a dare maggiore rilevanza all’elemento soggettivo-intenzionale. Ciò che conta maggiormente è oramai la volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell’ambito operativo del concorrente. Il tutto può essere riassunto con un solo principio, quello del neminem laedere: tutti sono tenuti al dovere di non ledere l’altrui sfera giuridica.
Toni Pitesa
Giurisprudenza di riferimento
Cassazione civile, sez. I, 08/06/2012, n. 9386
Cassazione civile, sez. I, 23/05/2008n. 13424
Cassazione civile, sez. I, 4710/2013n. 20228
Bibliografia
Costantini, “La concorrenza sleale”, in Il diritto privato nella giurisprudenza: la concorrenza, a cura di Paolo Cendon, 2005, UTET
Presti, Rescigno, Corso di diritto commerciale, 2009, Zanichelli Editore
Sitografia
Cervato, Configurabilità dello storno dei dipendenti come atto di concorrenza sleale. In Il giurista del lavoro, anno 2013, nn.12/13: http://clienti.euroconference.it/mail/2014-01-21privilege/cervato.pdf
Meucci. Storno dei dipendenti e concorrenza sleale. In Lavoro e previdenza oggi, anno 1996: http://dirittolavoro.altervista.org/stornodipendenti.html