Libertà e diritti sul finire della vita

 

Immagine di Nick Youngson, disponibile su http://nyphotographic.com

“Io quantifico la vita in qualità, non in quantità” – Fabiano Antoniani

Lunedì 27 febbraio 2017, alle 11,40, Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo, muore.

La notizia rimpalla dai social network ai tg nazionali.

Si legge che sia morto da uomo libero. Forse così piace credere a chi sosteneva la sua battaglia. Forse è solo morto da uomo punito, due volte: la prima dalla vita che ha costretto uno spirito libero in un corpo infermo in maniera irreversibile e la seconda dallo Stato, che da anni scientemente rifiuta di darsi regole sulle questioni di fine vita.

Sulla pagina Facebook “Eutanasia Legale” (che sostiene la campagna dall’Associazione Coscioni insieme ad altri), scorrendo a ritroso i vari post, è possibile ripercorrere la storia di quest’uomo che, in breve, è questa: un ragazzo eclettico e pieno di vita nel 2014 diviene tetraplegico e non vedente a causa di un incidente e da quel momento, citando le sue stesse parole, inizia a vivere in una “notte senza fine” fatta di speranze in cure che non lo restituiranno più alla sua precedente vita, di amore per la sua compagna e per chi gli è stato accanto e di consapevolezza di aver bisogno di aiuto, un aiuto cercato da lui, dai suoi affetti e da chi ha sostenuto la sua battaglia per morire da uomo libero.

Libero è un aggettivo vuoto, un mero eufemismo se fai della libertà il tuo valore guida e poi la libertà te la vedi negare, ed infine sei costretto a trovarle un riscatto nell’elusione delle norme che non ti permettono di essere quello in cui credi; in questo caso forse la libertà è solo una parabola: la sua traiettoria pare tutta in ascesa e poi, raggiunto il punto più alto, va esaurendosi, scontrandosi con un mondo di diritti che non danno il diritto di scegliere come morire e quando smettere di soffrire.

La vicenda pone in luce un paradosso: in una law saturated society (ossia in una società permeata di diritto, citando S. Rodotà) il legislatore ha forse perso la bussola dei diritti, molti dei quali non riescono ad essere garantiti, come quelli delle persone al termine della loro esistenza. A questo punto ci accingiamo al delicato tema delle scelte di fine vita. Un distinguo è doveroso perché tra morte e morire c’è assonanza, ma non uguaglianza: i due momenti non necessariamente coincidono. La morte è un momento certo, in cui l’esistenza fisica termina. Il morire, invece, può essere lento, agonizzante, degradante e moralmente ed economicamente dispendioso, umiliante, lesivo della dignità di menti lucide ingabbiate in corpi infermi. C’è chi impiega una vita a vivere dignitosamente e con altrettanta dignità chiede di morire.

È in questo contesto che si collocano le varie proposte di legge presentate in Parlamento.

In primis quella di iniziativa popolare sottoscritta da quasi centomila italiani, risalente a ben tre anni fa, dell’associazione Luca Coscioni (da anni impegnata nella promozione di dibattiti ed iniziative su temi socialmente condivisi che non trovano ancora un riscontro legislativo) promossa insieme a Exit Italia, UAAR, Amici di Eleonora ONLUS e con il sostegno dei Radicali. Il suo fulcro è il riconoscimento di validità del testamento biologico e la legalizzazione dell’eutanasia. Altre proposte sono quella di Sinistra Italiana, nonché quella dell’On. Bechis ex 5Stelle, in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari.

L’iter istituzionale per giungere a normative che disciplinino le questioni suddette è lungo e tortuoso. Seppur con non poche difficoltà è stato superato il fronte ostruzionista giungendo ad un disegno di legge che unifica le varie proposte, approvato dalla Commissione Giustizia e Affari Sociali della Camera. Il testo, votato alla Camera, è ora in discussione al Senato in Commissione permanente Igiene e Sanità.

Il disegno di legge disciplina il diritto del soggetto di essere informato su prognosi, diagnosi, cure e benefici; il consenso informato o il diritto al rifiuto di trattamenti sanitari o accertamenti diagnostici; la revoca del consenso prestato; il rifiuto di ricevere informazioni; la possibilità che queste siano fornite ad un fiduciario che sia maggiorenne 3 capace di intendere e di volere ed accetti la nomina. Tali volontà potranno essere registrate tramite DAT (Dichiarazioni Anticipate di Trattamento), acronimo usato nel gergo comune come sinonimo di testamento biologico o biotestamento. Le dichiarazioni di cui sopra dovranno essere rese con atto pubblico o scrittura privata autenticata da un notaio o da un medico del servizio sanitario nazionale o convenzionato, o con altri mezzi che consentano ai disabili di comunicare.

Nonostante il termine “eutanasia” sembri scomparire dal testo, in sostanza è rinvenibile un tentativo di disciplinare l’eutanasia passiva.

Cosa si intende per eutanasia?

Con essa si fa riferimento a fattispecie distinguibili: 

Il suicidio assistito consiste in un aiuto dato dal medico affinché il malato, consapevole e informato, assuma da solo i farmaci mortali. Viene praticato in Spagna e in Svizzera, ma solo in quest’ultima è accordato anche a cittadini stranieri.

Negli stessi Paesi ma anche in molte altre Nazioni europee, è legale praticare la cd. eutanasia passiva, consistente nella richiesta di sospensione o nel rifiuto di iniziare terapie inutili.

Solo in Olanda, Belgio e Lussemburgo, le normative nazionali riconoscono anche l’eutanasia attiva, con la quale si intende l’interruzione, con la morte, della sofferenza di una persona malata terminale, dietro sua richiesta volontaria e consapevole. È concessa anche ai minori, sia in Olanda che in Belgio, ma solo in quest’ultimo Paese dal 2014 è ammessa anche al di sotto dei 12 anni.

L’eutanasia in Italia

In Italia chi pratica l’eutanasia attiva compie un reato assimilabile all’omicidio volontario (art. 575 c.p), per il quale “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.

Il reato persiste seppur in presenza dell’esplicita e cosciente richiesta del malato terminale di voler essere aiutato a morire. I reati ascrivibili a chi favorisce la “dolce morte” sono:

  1. Omicidio del consenziente (579 c.p.), per il quale “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.” Nel caso in cui si tratti di un minore allora il reato ascritto sarà quello di omicidio.
  2. Istigazione o aiuto al suicidio (580 c.p.), “Chiunque determina altri al suicidio … (omissis)ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni”.

Il discrimine tra queste due fattispecie sta nel fatto che, mentre in caso di istigazione o aiuto al suicidio il suicida mantiene il dominio della propria azione, nel caso dell’omicidio del consenziente il potenziale suicida non concretizza il proprio intento personalmente ma avvalendosi di un’altra persona, alla quale, appunto, ha dato il consenso a porre fine alla propria esistenza.

La ratio alla base di tali leggi risiede nella convinzione che la vita sia un bene indisponibile ed ogni sua limitazione, per quanto autorizzata dalla vittima, costituisca reato.

L’indisponibilità della vita altrui posta in opposizione al diritto di disporre della vita propria: la partita sul diritto all’eutanasia è giocabile puntando sulla lettura dell’art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”.

Il diritto alla salute può essere inteso non solo come integrità psichica e fisica ma anche come libertà di cure, ossia di farsi curare o meno. Lo stesso articolo aggiunge che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” in tal senso la richiesta eutanasica di porre fine alle sofferenze può essere intesa come il dispiegamento, l’espressione massima del diritto di autodeterminarsi.

Sempre l’articolo summenzionato prevede che “La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”: superando l’idea di persona in senso puramente biologico, possiamo considerare anche il rispetto che ciascuno può pretendere di quel che caratterizza la propria persona, rendendola umana: valori, idee, pulsioni e sogni, come quello di morire senza sofferenze.

Un intervento normativo sull’eutanasia potrebbe essere illuminante per chiarire il limite oltre il quale tale rispetto verrebbe valicato. I dilemmi etici pongono ardui dubbi e soluzioni trasversali e talvolta inconciliabili per i quali la scelta del silenzio come compromesso non è altro che una sconfitta. Per molti la questione è prettamente morale ed attinente alla sfera individuale, dunque una scelta da compiere con sé stessi, secondo molti altri occorre un margine normativo nel quale muoversi e che faccia da limite ad un’azione che potrebbe trascendere nell’abuso. Attualmente, in assenza di una normativa nazionale sul testamento biologico, bisogna ricordare che è già possibile esprimere le proprie volontà sulle questioni di fine vita, chiedendo di rinunciare ad idratazione e nutrimento artificiale anche se non è ammesso ricorrere all’eutanasia: questo è possibile in seguito alle sentenze sul caso Englaro. Redigere un biotestamento agevola l’adozione di decisioni in momenti cruciali, senza la necessità di dover ripercorrere a ritroso le volontà del paziente, come è avvenuto appunto per Eluana Englaro. Per farlo basta compilare uno dei fac-simile che circolano in rete. Resta il problema del valore di tali sottoscrizioni, non autenticate. Molti Comuni a tal fine hanno istituito un registro dove è possibile depositare tali atti, assicurando così una tutela ai cittadini del territorio di riferimento; se il proprio Comune non ha ancora istituito un registro occorre rivolgersi ad un notaio (l’Associazione Coscioni è in contatto con alcuni notai disponibili alla registrazione ad un prezzo simbolico), oppure presso l’ufficio postale. In questo caso è opportuna la presenza, oltre che del fiduciario, anche di un testimone che sottoscriva il documento insieme all’interessato che provvederà ad inviare a se stesso le proprie volontà con raccomandata a/r allo scopo di conferire alla dichiarazione data certa.

Vie di uscita per i malati terminali o inguaribili in Italia

Posto che l’eutanasia non è ammessa, la soluzione legale resta il turismo eutanasico, ossia la migrazione insieme a chi presta assistenza, verso Paesi in cui l’eutanasia è ammessa. La meta privilegiata è la Svizzera in quanto, anche se in altri Paesi l’eutanasia è legale, solo nella Confederazione Elvetica il servizio è concesso anche agli stranieri. Nonostante il supporto offerto dalle associazioni no-profit che gestiscono le cliniche in cui tale trattamento di fine vita è praticato, questa soluzione è poco democratica in quanto notevolmente dispendiosa. È una via d’uscita solo per pochi che nella sofferenza si trovano ad essere paradossalmente privilegiati. Ci scontriamo quindi con la lettera dell’art. 3 della Costituzione per il quale “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”.

In altri casi, l’alternativa è illegale ed è rappresentata dall’eutanasia clandestina. Da una ricerca del 2007 dell’Istituto Mario Negri è emerso che ogni anno circa 20 mila malati terminali ricoverati in terapia intensiva muoiono con l’aiuto di medici dietro assenso o richiesta dei familiari. Il GiViTI (Gruppo Italiano per la Valutazione degli Interventi in Terapia Intensiva, Istituito presso l’Istituto Mario Negri) chiarisce che sarebbe più corretto parlare di desistenza terapeutica (astensione del medico dal fornire ai malati terminali terapie inutili e futili in quanto contrario ai principi bioetici di beneficenza e di non-maleficenza, in linea con la Convenzione di Oviedo, il Codice di Deontologia Medica, i documenti del Comitato Nazionale di Bioetica e delle Società Scientifiche nazionali e internazionali). Non è escluso tuttavia che in casi estremi si giunga anche a comportamenti attivi (ad es. aumentando le dosi di morfina). Quello della morte procurata clandestinamente dietro assenso sembra essere un fenomeno vivo e presente, come sottolineano anche le parole del compianto Professor Veronesi in un’intervista pubblicata nel 2005 su Repubblica.it: a suo avviso i medici che aiutano a morire i pazienti ci sono, non lo fanno per crudeltà, ma perché vivono il loro dolore, essi vivono “in trincea” e non uccidono, “si limitano a raccogliere un appello alla pietà”. Il filosofo Gilberto Corbellini, intervistato per Repubblica su questioni bioetiche, cita il Rapporto Eureld pubblicato nel 2003. Esso evidenzia una morte accelerata per circa il 19% dei malati terminali, ad opera dei medici, definendo il fenomeno come “eutanasia criptica”.

Infine, i malati inguaribili o terminali possono scegliere di far valere il succitato articolo 32 per il quale nessuno potrà imporgli trattamenti sanitari. Secondo la filosofa Chiara Lalli il diritto a rifiutare qualsiasi trattamento medico anche salvavita non comporta però l’automatico accesso all’eutanasia passiva in quanto, in assenza di una regolamentazione specifica, tutto è rimesso all’interpretazione dei giudici che ad esempio nei casi Welby (2006) e Nuvoli (2007) respinsero le richieste di staccare il respiratore, con la conseguenza che al primo riuscì a prestare aiuto un terzo che fu poi processato e il secondo decise di lasciarsi morire di inedia.

L’extrema ratio per un malato terminale o inguaribile è chiedere che gli sia concessa la cd. terapia del dolore, ossia le cure palliative che non comportano accanimento terapeutico nella cura, limitandosi a lenire i dolori della malattia e comportando, di fatto, una riduzione del tempo di vita.

Il pericolo evidenziato dal filosofo e giurista R. Dworkin è che le cure palliative non siano considerate come una tappa o un mezzo per portare a termine la vita ma come l’unico mezzo attraverso cui si concretizzi l’aiuto a morire, determinando una delega di potere a chi è tenuto a somministrarle e, al contempo, una deresponsabilizzazione del legislatore.

La drammaticità del problema è evidenziata anche da un recente rapporto dell’ISTAT per il quale, su 1.000 casi di suicidi tentati o riusciti, molti di essi si riferiscono a malati terminali: il caso più eclatante fu quello del regista Mario Monicelli, il cui fratello oggi si batte per il riconoscimento di una legge sull’eutanasia. Come lui anche altri hanno preferito lanciarsi nel vuoto piuttosto che lasciarsi sopraffare da mali e cure che gli avrebbero mortificato il corpo e l’anima senza fornire vie di uscita. Un ausilio al dibattito si poteva trarre dalle statistiche che indicavano anche il movente alla base dell’estremo gesto. Tuttavia, il suicidio è ritenuto un fenomeno fortemente emulativo, pertanto l’ISTAT, allineandosi alle direttive dell’OMS, si limiterà ad indicare le modalità di realizzazione del gesto e non più il movente da cui scaturisce il suicidio. In questo senso l’Italia ha perso una buona occasione per poter condurre uno studio approfondito sulla questione.

Il problema italiano non si limita al non avere ancora una normativa in merito, deficit che la pone molto indietro rispetto ad altri paesi europei. In Italia non si riesce ad intavolare un dibattito sui temi di fine vita che sia scevro dal credo religioso, da convinzioni morali e dal clamore mediatico del momento. Ogni volta che un caso giunge alla ribalta, la politica pare attivarsi, per poi far scemare l’interesse fino a farlo sprofondare in un oblio che si è tramutato in un vuoto legislativo importante e profondamente sentito, dato confermato dal Rapporto Italia 2016 dell’EURISPES dal quale si evince che il 60% degli italiani è favorevole all’eutanasia, con un trend in crescita quasi di 5 punti rispetto al 2015 e con un consenso in ascesa anche in merito al testamento biologico. Tale vacatio legis non può più essere colmata dalla giurisprudenza, da singole iniziative sporadiche e da vie d’uscite secondarie e mortificanti per un Paese che si fregia d’esser definito civile e attento ai bisogni di tutti.

Miriam Casillo

Info

 

 

 

Normativa di riferimento

Costituzione della Repubblica Italiana

Ddl. n. 2801 del 2016. Testo di legge approvato dalla Camera ora al Senato. Disponibile in rete all’indirizzo: http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01013681.pdf

Ddl. n. 2801 del 2016. Testo unificato approvato dalla Commissione Affari Sociali. Disponibile in rete all’indirizzo: https://www.associazionelucacoscioni.it/wp-content/uploads/2017/02/Pdl-Testamento-biologico-approvata-il-16-febbraio-2017.pdf

Bibliografia

Dworkin, R. (1994). Il dominio della vita. Aborto, eutanasia e libertà individuale, Milano, Edizioni di Comunità.

Rodotà, S. (2006). La vita e le regole, tra diritto e non diritto, Feltrinelli, Milano.

Il Venerdì di Repubblica. “Intervista di Alex Saragosa ai filosofi Chiara Lalli e Gilberto Corbellini”, numero 1513 del 17 marzo 2017.

Sitografia

Agi.it. Infografica sulle normative relative all’eutanasia in Europa: http://www.agi.it/cronaca/2017/02/27/news/come_funziona_leutanasia-1531987/

Altalex. Caso Englaro: patologia irreversibile e interruzione della terapia di sostegno vitale: http://www.altalex.com/documents/news/2009/02/19/caso-englaro-patologia-irreversibile-e-interruzione-della-terapia-di-sostegno-vitale

Altalex. Caso Welby: consenso informato, accanimento terapeutico e lacuna normativa: http://www.altalex.com/documents/news/2007/01/15/caso-welby-consenso-informato-accanimento-terapeutico-e-lacuna-normativa

Altalex. L’eutanasia in Svizzera: norme giuridiche, etiche e prassi deontologiche: http://www.altalex.com/documents/news/2009/02/19/l-eutanasia-in-svizzera-norme-giuridiche-etiche-e-prassi-deontologiche

Rapporto Italia 2016. La sindrome del Palio: http://www.eurispes.eu/content/rapporto-italia-2016-la-sindrome-del-palio

Eutanasialegale.it. Proposta di legge dell’associazione Luca Coscioni: https://www.associazionelucacoscioni.it/notizie/comunicati/proposta-di-legge-di-iniziativa-popolare-su-rifiuto-di-trattamenti-sanitari-e-liceita/

Filodiritto.com. Contro la burocratizzazione delle DAT. Zatti, Paolo: http://www.filodiritto.com/articoli/2017/03/contro-la-burocratizzazione-delle-dat.html?page=2

Giviti.marionegri.it. Comunicato stampa, 3 maggio 2013: http://www.giviti.marionegri.it/Info_Comunicati_Stampa.asp

Ilfattoquotidiano.it. Eutanasia clandestina, sui suicidi dei malati la Camera dei Deputati faccia chiarezza: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/23/eutanasia-clandestina-sui-sucidi-dei-malati-la-camera-dei-deputati-faccia-chiarezza/2572225/.

Istat. I suicidi in Italia: tendenze e confronti, come usare le statistiche. 8 agosto 2012: http://www.istat.it/it/files/2012/08/nota-informativa-SUICIDI.pdf?title=I+suicnecroscopoidi+in+Italia+-+08%2Fago%2F2012+-+Testo+integrale.pdf

Openparlamento presso openpolis.it. Elenco altre proposte di legge presentate sui temi eutanasia e testamento biologico: http://parlamento17.openpolis.it/argomento_leggi/EUTANASIA/filter_act_leggi_type/DDL/filter_act_ramo/0

Repubblica.it. Veronesi difende l’eutanasia “Morire è un diritto fondamentale”: http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/politica/parlaveronesi/parlaveronesi/parlaveronesi.html

Youtube.com, Canale Associazione Luca Coscioni. Fabo per vivere #LiberiFinoAllaFine. Appello di Fabiano Antoniani al Presidente della Repubblica: https://www.youtube.com/watch?v=oNIjhBtUX-s&feature=youtu.be

 

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