Smartphone, tablet ed educazione non sembrano formare un connubio perfetto, sarà davvero così?
La mancanza di fiducia verso queste tecnologie non è del tutto fuori luogo ed è sorretta da una vasta letteratura in merito. A lanciare per prima l’allarme è l’associazione dei pediatri americani, la American Academy of Pediatrics (AAP, 2016), la quale sembra chiara riguardo l’uso delle tecnologie con bambini al di sotto dei due anni: ridurre al minimo l’esposizione ai media. Per quanto riguarda i bambini un po’ più grandi, dai tre anni in poi, sembra che ci siano alcuni effetti benefici di un uso moderato, di quei videogiochi per i quali l’obiettivo prioritario non è il divertimento, ma piuttosto istruire, educare e veicolare informazioni utili a politiche sociali e sanitarie.
Questi videogiochi, basati su un insieme di regole per raggiungere un obiettivo, allenano il bambino al rispetto delle stesse e lo motivano a migliorare le proprie prestazioni, grazie anche alle immediate risposte che si ricevono su queste ultime.
Ma come sfruttare, educativamente, questa enorme tecnologia di cui disponiamo? La letteratura è ricca di ricerche sulla relazione tra tecnologie e, per esempio, disabilità con risultati sorprendentemente positivi, in particolare con soggetti con disturbo del neurosviluppo (Miranda et al., 2014). Prendiamo in esame il video modeling analizzando i notevoli vantaggi che comporta (Cottini, 2012):
- risulta una procedura efficace per promuovere abilità significative in vari ambiti, come le abilità sociali, di comunicazione, professionali, manuali, di gioco ecc.;
- facilita l’apprendimento;
- le abilità apprese durano nel tempo e vengono sfruttate in più contesti: per chiedere informazioni ad estranei, per fare acquisti in negozi diversi, per preparare un pasto ecc.;
- non va in contrasto con altre strategie di insegnamento;
- non richiede tecnologie specifiche per essere realizzato e proposto;
- spesso risulta motivante e offre la possibilità di rivedere il video ogni volta che se ne senta il bisogno utilizzando semplicemente il proprio smartphone, ad esempio per rivedere un discorso, o come si svolge un compito, piuttosto che una lezione di chitarra;
- permette di incentrare il contenuto del video su quello che realmente si vuole insegnare, senza che ci siano elementi che possano distrarre l’osservatore;
- mette più a proprio agio rispetto ad un’interazione faccia a faccia.
Il concetto di modeling, o apprendimento per imitazione, ha una lunga e consolidata storia di ricerche e applicazioni, a partire dai primi studi di Bandura (1982, 1997) che ha dimostrato come il modeling abbia un profondo impatto sullo sviluppo dei bambini, i quali tendono ad acquisire una vasta gamma di abilità non dalle proprie esperienze “per prove ed errori”, ma dall’osservazione di altre persone che compiono quelle azioni. Con Dowrick, nel 99’, la fusione di questo concetto e la tecnologia video di cui offriamo due esempi (link), si è giunti a presentare in maniera efficace dei filmati che illustrano i passaggi che lo svolgimento di un certo compito richiede:
Nel video possono essere coinvolti dei coetanei, magari i compagni di classe se il bambino frequenta la scuola, i familiari, degli adulti conosciuti o meno. E’ possibile che i video vengano registrati anche sui comportamenti dello stesso allievo: in questo caso si parla di video self-modeling. Tali strategie sono utilizzate per insegnare efficacemente a utenze con autismo abilità che vanno da quelle sociali a quelle di comunicazione e di gioco, dai comportamenti motori all’autonomia personale, dalle abilità professionali alla gestione delle proprie emozioni.
Dobbiamo tenere presente che le nuove generazioni sono multi-tasking, ovvero sono ormai abituate a usare più strumenti conoscitivi: libri, pc, tablet o smartphone, magari nello stesso istante e durante lo studio, dunque negarne l’uso sarebbe semplicemente impossibile, educarne l’utilizzo no! In questo senso già sono presenti dei progetti di sviluppo della consapevolezza sull’utilizzo delle nuove teccologie in vari contesti della quotidianità, come Smart Generation. Purtroppo, la quantità di ricerche che troviamo nell’ambito della disabilità non è ancora presente per altri ambiti educativi, ma è ipotizzabile che tali effetti positivi siano riscontrabili con tutti i soggetti, magari su tematiche educative care ai nostri giorni come la prevenzione di forme di bullismo, il rispetto per l’ambiente, la multi-culturalità, l’apprendimento di nuove abilità. Pensiamo, ad esempio, a quante volte viene utilizzato YouTube per vedere “come si fa” qualcosa seguendo il video passo dopo passo. Sarebbe interessante valutarne i risultati anche in campo genitoriale, ad esempio in supporto alla genitorialità attraverso la visione di buone prassi per rafforzare la relazione educativa tra genitori e figli, senza escludere il supporto di un valido intervento pedagogico.
La tecnologia, quindi, potrebbe avvicinare piuttosto che allontanare, rafforzare piuttosto che indebolire, costruire piuttosto che distruggere. E’ dovere della comunità pedagogica e scientifica, trovare soluzioni e strade che possano portare ad un utilizzo proficuo di questo potenziale sempre più diffuso e costantemente nelle nostre tasche.
Bibliografia
Cottini L., (2012), Il video modeling per l’allievo con autismo: una strategia efficace per insegnare abilità funzionali, American Journal on Intellectual and Developmental Disabilities (edizione italiana), 10, 1, 2012, 107-124.
Miranda C. et al., (2014), L’uso del video modeling per aumentare il repertorio di azioni di gioco con oggetti in bambini con disturbo dello spettro autistico, Tratto da Disabilità Evolutive N°30, IRFID – Onlus, Nola.
Marzano A., (2013), L’azione di insegnamento per lo sviluppo di competenze, Pensa Editore, San Cesario di Lecce.
Università degli studi di Trento, (2016), Video, tablet e smartphone nei bambini molto piccoli: un ostacolo o una risorsa per lo sviluppo cognitivo e linguistico?, Il Mulino, Bologna.
Sitografia