Dedicarsi spesso a spese in maniera incontrollabile e irrefrenabile, indipendentemente da necessità oggettive e possibilità economiche, è un fenomeno emerso negli ultimi decenni, in costante diffusione e viene indicato come shopping compulsivo o shopaholism. Esso è sicuramente un fenomeno in sintonia con le leggi del marketing ed, infatti, ha dei picchi di manifestazione nel periodo delle festività: le persone sono spinte a comprare regali per i propri cari, in quanto lo scambio di doni rappresenta il terreno su cui fioriscono i legami sociali (Chevalier S. & Anne Monjaret A., 2004).
Qual è la linea di confine tra il fare acquisti frequentemente e l’avere un disturbo da shopping compulsivo?
Lo shopping compulsivo è un disturbo caratterizzato dal bisogno irrefrenabile di fare acquisti, nonostante la consapevolezza della loro inutilità o esagerazione. Le persone aventi questa patologia, a differenza di chi fa un acquisto avventato (magari in concomitanza con periodi di stress o festività), non comprano per il piacere di fare un nuovo acquisto o per rispondere a un reale bisogno, ma sviluppano uno stato di tensione crescente per cui il desiderio di acquistare si trasforma in un impulso che non si riesce a controllare. (Pani R. & Biolcati R., 2004). Talvolta gli oggetti acquistati perdono rapidamente di interesse, tanto da non essere tolti dalle loro confezioni, essere restituiti, nascosti o regalati ad altri.
Il disturbo era noto già nel diciannovesimo secolo, ossia quando lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin ne identificò per la prima volta i sintomi associati e lo definì con il termine oniomania (dal greco “onios” e “mania”, ossia “mania di comprare ciò che è in vendita”). Nonostante ciò, questo disturbo non è riconosciuto come tale dalla American Psychological Association (APA) e, peraltro, non ha ancora trovato una precisa collocazione nel DSM-5, ovvero il manuale diagnostico dei disturbi mentali. Ma, quando lo shopping diventa cronico, con gravi esiti psicologici, finanziari, relazionali e lavorativi, molti autori concordano con il definirlo un disturbo del controllo degli impulsi o, in alternativa, una new addiction, o dipendenza comportamentale (Lingiardi V. & Gazzillo F., 2014).
Un gruppo di psicologi esperti dell’Università di Bergen, in Norvegia, in collaborazione con altre università americane e inglesi, ha stilato una lista dei sintomi indicativi e ne ha individuati sette che permettono di distinguere il disturbo da una tendenza a fare acquisti frequentemente:
- Pensare di continuo allo shopping.
- Comprare per cambiare l’umore.
- Comprare così tanto che lo shopping interferisce con le incombenze quotidiane (per esempio scuola o lavoro).
- Sentire la necessità di comprare di più e sempre di più per ottenere la stessa soddisfazione provata in precedenza.
- Decidere di comprare meno, ma senza riuscirci.
- Provare stati emotivi spiacevoli se non si può fare shopping.
- Comprare così tanto da mettere a rischio il proprio benessere.
Trovare che si è d’accordo o molto d’accordo con almeno quattro delle 7 proposizioni può indicare che si è compratori/trici compulsivi (Andreassen C. S. et al., 2015).
Perché si compra compulsivamente?
Lo shopping compulsivo diventa compensatorio di qualcosa che manca, non materiale, ma emotivo. Nel tentativo di procurarsi sentimenti piacevoli, la persona di fatto si costringe a sentimenti di schiavitù nei confronti del comportamento d’acquisto. (Lingiardi & Gazzillo, 2014). Questa spinta incontrollabile all’acquisto è stata definita buying impulse (McElroy S.L., Keck P.E., Pope H.G., Smith J., Strakowski S.M., 1994) ed una tendenza compulsiva invalidante, generata da un bisogno urgente che preme per essere soddisfatto.
Un importante studio dal titolo “Compulsive Buying: A Phenomenological Exploration” indica che le persone che acquistano compulsivamente sono più inclini a dimostrare la compulsività come tratto di personalità, hanno minore autostima e sono più inclini alla fantasia rispetto ai consumatori normali. Le conseguenze degli acquisti compulsivi includono livelli estremi di debito, ansia e frustrazione, il senso soggettivo di perdita di controllo e dissenso interno. (O’Guinn T. & Faber R. J, 1989)
Cosa si può fare per evitare di comprare compulsivamente e ritrovare il benessere?
- Rendere visibili gli acquisti. Una caratteristica dello shopping compulsivo consiste nel dimenticare ciò che si acquista giorno per giorno. Invece, bisogna ricordare, non per sentirsi in colpa, ma per sviluppare il proprio senso di responsabilità. Un metodo può essere osservare e quantificare tutti i propri acquisti, prendendo atto, al contempo, della loro inutilità.
- Limitare il budget. È necessario limitare le possibilità concrete di spendere inutilmente. Per esempio, uscendo di casa solo con il denaro utile per le spese realmente necessarie.
- Rivolgersi ad uno psicologo. Se chiedendosi: “Riesco a non farlo?”, la risposta è: “No, non riesco”, è suggeribile richiedere una consulenza psicologica. È importante sottolineare che le caratteristiche qui esplorate sono solo alcuni dei principali attributi dello shopping compulsivo. Non è possibile diagnosticare un disturbo senza che vi siano stati un adeguato colloquio diagnostico e l’utilizzo di strumenti psicometrici ad opera di uno psicologo abilitato alla professione.
Se ti sei riconosciuto nelle descrizioni dell’articolo significa solo che potresti rivolgerti ad un esperto per comprendere come poter trovare una soluzione a questa tua difficoltà e finalmente ritrovare il benessere interiore. Non rimandare ed evita di estendere la tua sofferenza, ma attivati per trovare un modo per stare meglio, rivolgendoti ad uno psicologo esperto.
Avere la consapevolezza della propria difficoltà non è la fine della strada: è l’inizio per tornare in pista.
Utilizza i disagi come ponti e non come muri
e fatti trasportare verso la libertà e la gioia di vivere.
(Salvo Noè)
Angela Russo
info
Bibliografia
American Psychological Association (2014). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Raffaello Cortina Editore.
Andreassen C., S., et al. (2015). “The Bergen Shopping Addiction Scale: reliability and validity of a brief screening test”, in Frontiers in Psychology.
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