A Qafzeh, in Israele, 100.000 anni fa già si praticavano riti funerari; a dircelo sono gli archeologi che ritrovarono in questo sito ben quattordici sepolture (6 adulti e 8 bambini) “sistemate” in modo da lasciar chiaramente intendere l’intento rituale, non solo, ciascuno dei resti si presentava cosparso di ocra rossa, quasi a voler in qualche modo simboleggiare il sangue.
Questo aspetto risulta rilevante a livello antropologico, in quanto la colorazione delle ossa doveva avvenire necessariamente in seguito alla decomposizione delle carni, prevedendo quindi pratiche di doppia sepoltura. Se ogni rituale «indica la presenza di un pensiero simbolico che gli dà forma e significato» un rito così complesso, addirittura suddiviso in più fasi «è evidentemente associato a un insieme articolato di credenze» [Scarduelli, 2014:16]. Più nello specifico, il pensiero religioso è in grado di creare sistemi simbolici, siano essi rituali, mitologici o linguistici [cfr. Melotto, in Boyer, 2010].
Sono stati riversati mari d’inchiostro nella formulazione di teorie sull’origine della religione che hanno messo in luce solo parzialmente alcune funzioni di quest’ultima, come il dare risposte esistenziali (gli esseri umani condividono la necessità di comprendere gli avvenimenti), il confortare (come ad esempio liberare dall’angoscia della morte) e il legittimare un ordine sociale (dare delle regole di comportamento) [cfr. Boyer, 2010], tuttavia queste letture frammentate non svelano come e perché quelli religiosi siano dei «concetti sovrannaturali che contano» [Ivi, p.179].
In ogni angolo di mondo esistono storie di esseri dalle qualità e dai poteri sovraumani.
Creature immortali e spesso onniscienti conosciute come divinità, spiriti o antenati, ciascuno dei quali dotato di un ruolo all’interno delle diverse cosmologie: ad esempio gli antenati rappresentano le anime dei defunti, mentre Dio è il creatore del mondo; ma tutto ciò non basta a giustificarne l’esistenza. Il senso della religione è da ricercarsi oltretutto nella vita pratica, in quanto gli individui adottano spesso i propri concetti religiosi per interpretare anche un evento eccezionale che interrompe la linearità quotidiana. Tale utilizzo, che non si limita a fornire una spiegazione dell’incomprensibile, allo stesso tempo implica una capacità di poter interagire con questi concetti [Ibidem].
I Kwaio delle Isole Salomone, ad esempio, interagiscono costantemente con gli spiriti-antenati Adalo, tanto che gli stessi bambini non necessitano di nessuna precisa istruzione per rappresentarseli in quanto diretti osservatori dell’interazione giornaliera. Pregare i morti, offrire animali in sacrificio o semplicemente parlare con gli spiriti sono operazioni che rientrano nella routine giornaliera e tali spiriti sono responsabili di tutto ciò che accade nel villaggio [cfr. Keesing, 1982].
Un aspetto importante che emerge di questi esseri soprannaturali, soprattutto in ambito occidentale, è il loro consueto possedere tratti umani.
Ne L’essenza del Cristianesimo Feuerbach affermava che tutte le qualificazioni dell’essere divino sono qualificazioni dell’essere umano [cfr. Feuerbach, 2016], allo stesso modo Voltaire osservava come gli scarafaggi, se avessero avuto un Dio Scarafaggio questo sarebbe stato uno scarafaggio più grande e più potente, analogamente all’idea di Dio delle scimmie ne Il pianeta delle scimmie. Nel libro Faces in Clouds, del 1993, Stewart E. Guthrie riporta alla luce come l’essere umano abbia una tendenza ad antropomorfizzare il proprio mondo filtrando la realtà stessa tramite la percezione visiva di un mondo umanizzato; «proiettando proprietà umane su aspetti del mondo non-umani li rendiamo più umani e quindi meno spaventosi» [Boyer, 2010:185]. Pascal Boyer sostiene che tale tendenza antropomorfica sia una diretta conseguenza del funzionamento dei sistemi cognitivi della nostra specie che, per rispondere alle incertezze e agli imprevisti del nostro mondo, ricorriamo ad entità che assomigliano a noi in quanto le persone sono gli oggetti che conosciamo più approfonditamente.
Dei e spiriti sono dotati di mente, occhi e orecchi grazie alle quali possono scrutare ed ascoltare ciò che accade [Ibidem]. L’idea di divinità osservatrici è radicata se non in tutte, nella maggior parte delle comunità di ogni epoca. Ad offrirci una possibile spiegazione è Norenzayan, il quale riflettendo sulla nostra sensibilità al controllo sociale afferma che «perfino le rappresentazioni schematiche di occhi possono cambiare il nostro comportamento rendendolo maggiormente pro-sociale» [Norenzayan, 2014:39]. Questa propensione alla iper-vigilanza della specie umana indurrebbe l’attivazione di aree cerebrali deputate al riconoscimento dei volti anche a partire dalla minima percezione di tre punti neri disposti schematicamente come se fosse un volto. Il minimo indizio di un osservatore riesce a modificare il comportamento sociale rendendolo profondamente pro-sociale.
Oltre alla “super-vista”, un’altra caratteristica chiave dei “Grandi Dei” individuata dallo stesso Norenzayan è la posizione spaziale che essi occupano; infatti, la posizione migliore per osservare ciò che accade nel mondo terreno è sempre “lassù nei cieli”. Le pressioni dall’alto vengono così a diffondersi nei contesti terreni entro cui gli individui vivono. Ad esempio uno studio condotto da Edelman ha mostrato come l’afflusso sui siti pornografici da parte degli statunitensi più religiosi sia identico a quello dei meno credenti nei giorni settimanali, mentre differisce in prossimità delle giornate dedite alle funzioni. Basti pensare che i mendicanti più ricchi del mondo sono quelli di Dubai, i quali riescono a racimolare durante i periodi del Ramadan fino a 60.000 euro al mese, in virtù del fatto che in questi periodi l’elemosina e la beneficenza vengono ben visti da Allah. Il mantenere una condotta pro-sociale dipende anche dal timore per le eventuali punizioni [ibidem].
I mondi soprannaturali nei quali dimorano antenati o divinità si intersecano e interagiscono con la vita quotidiana dei singoli individui di ogni cultura.
La religione, o meglio la credenza religiosa, è nata in seno a quei processi umani che hanno reso umano anche l’invisibile e l’imprevedibile dando senso al proprio mondo attraverso le proprie conoscenze esplicite e latenti. Nonostante tutto l’amore e la devozione per una divinità sono «la prova più irrefutabile che l’uomo nella sua religione contempla sé stesso come un oggetto divino, come un divino scopo, e che i suoi rapporti con Dio non sono che rapporti con sé stesso, con il suo proprio essere» [Feuerbach, 2016:36].
Bibliografia
Boyer, P., The naturalness of religious ideas: a cognitive theory of religion, University of California Press, Berkeley, 1994
Boyer, P., E l’uomo creò gli dei. Come spiegare la religione, Odoya, Bologna, 2010
Brelich, A., Introduzione alla storia delle religioni, Edizioni dell’Ateneo, Roma, 2006
Burkert, W., La creazione del sacro, Adelphi, 2003
Eliade, M., Il sacro e il profano, Bollati Boringhieri, Torino, 2013
Firolamo, G., Massenzio, M., Raveri, M., Scarpi, P., Manuale di storia delle religioni, Editori Laterza, Roma-Bari, 2013
Guthrie, S., E., Faces in the clouds. A new theory of religion, Oxford University Press, New York, 1993
Keesing, R., Kwaio Religion, Columbia University Press, 1982
Norenzayan, A., Grandi Dei. Come la religione ha trasformato la nostra vita di gruppo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2014
Scarduelli, P., I riti del potere. Uno sguardo antropologico: dalle comunità primitive alle società moderne, Carocci editore, Roma, 2014