Che “genere” leggi?

Si avvicina a me una bambina di seconda elementare. Ha tra le mani un rametto di un albero, che intuisco sia per lei una bacchetta magica. «Preparati, io sono una fata, adesso ti trasformo». «Sono pronta! Che cosa divento?» «Ti trasformo in una principessa!» (Cortile di una scuola elementare).

Questo episodio, realmente avvenuto, potrebbe passare inosservato, frutto di una semplice immaginazione, oppure essere posto all’attenzione di un’analisi più ampia.

Perché, senza alcuna esitazione, la bambina ha scelto una principessa e non ha pensato a una chirurga o ad una manager?

Come si è creata in lei quest’idea e, guardando un quadro più ampio, da dove nasce?

Che cos’è il genere sociale?

Se il sesso rappresenta una categoria strettamente biologica che si fonda su una distinzione tra maschi e femmine di tipo anatomico-fisiologico, il genere è «il significato sociale assunto dalle differenze sessuali. Il termine designa la costellazione di caratteristiche e di comportamenti che finiscono per essere rispettivamente associati ai maschi e alle femmine e perciò da loro attesi all’interno di una particolare società» (Burr, 2000, p.22).

In questo senso allora, il genere è un costrutto sociale, che cambia nel tempo e nelle varie culture. Ma ci sono idee ben radicate rispetto alle aspettative da parte di uomini e donne, ed è qui che si creano gli stereotipi di genere – rigidi preconcetti – che portano una bambina di 7 anni a vedere la principessa come l’unica possibilità di realizzazione.

Questo risultato può essere frutto di un ampio insieme di elementi. Ma qui l’attenzione viene posta nell’analisi dei libri di testo per le scuole primarie rispetto alle rappresentazioni di genere: vengono proposti modelli ampi di possibilità o invece limitati e stereotipati?

I libri di testo

Nel 1998, è stato istituito il Progetto Polite (Pari Opportunità nei LIbri di TEsto), voluto dalla Commissione europea, per autoregolamentare l’editoria scolastica con l’obiettivo di promuovere una riflessione culturale, didattica ed editoriale ripensando i libri di testo in modo tale che donne e uomini, protagonisti della cultura, della storia, della politica e della scienza, siano presenti in essi senza discriminazione di sesso (www.aie.it).

Questo progetto non ha avuto però gli esiti auspicati, come si evince dall’indagine condotta da Irene Biemmi (ricercatrice pedagogica e docente presso il dipartimento di Scienze della Formazione di Firenze) in cui vengono analizzati i testi di lettura per la classe quarta elementare delle maggiori case editrici italiane quali De Agostini, Giunti, La Scuola, Nicola Milano, Fabbri, Raffaello, Piemme, Elmedi, Capitello, Piccoli (Biemmi, 2017).

La sua ricerca sviluppa sia un’analisi quantitativa (Frequenza di protagonisti maschili e femminili nelle storie; contesti in cui sono collocati i due generi; termini usati per definire uomini e donne) che un’analisi qualitativa (Ruoli sociali attribuiti a uomini e donne; tratti psicologici e comportamentali attribuiti ai due generi; stereotipi culturali connessi al maschile e femminile).

I risultati ottenuti mostrano chiaramente come i testi offrano una rappresentazione del femminile e del maschile assolutamente stereotipata e anacronistica.

Ci sono solo poche tracce dei cambiamenti che hanno coinvolto la vita delle donne negli ultimi decenni, così come ci sono sporadici riferimenti della trasformazione del genere maschile. E dunque le donne – presenti come protagoniste in un rapporto 10 a 16 rispetto agli uomini – sono madri e mogli, dolci e pazienti, ritratte nella sfera domestica mentre cucinano e puliscono, e raramente lavorano. Gli uomini sono – invece – dei lavoratori, possono muoversi liberamente nello spazio pubblico, sono attivi e intraprendenti, e sono padri assenti, distanti e silenziosi.

Allo stesso tempo, anche la situazione rispetto alle professioni svolte non cambia. Ai protagonisti maschili delle storie sono attribuite 50 diverse tipologie di lavori, tra cui: il re, il cavaliere, il mago, l’esploratore, lo scienziato, il presidente di una squadra di calcio ecc… Alle protagoniste femminili – invece – sono assegnate solo 15 professioni tra le quali: la maestra (in assoluto la più frequente), la strega, la fata, la principessa, e la casalinga.

Si può dunque vedere come queste immagini di femminilità e mascolinità, proposte in un contesto autorevole come la scuola, forniscano a bambine e bambini precise indicazioni su quello che la società si aspetta da loro. Ed è importante sottolineare che questo avviene sia nei confronti delle bambini ma anche dei bambini: «Che cosa può trarre di positivo un maschio dall’arrogante presunzione di appartenere ad una casta superiore soltanto perché nato maschio? La sua è una mutilazione altrettanto catastrofica di quella della bambina persuasa dalla sua inferiorità per il fatto stesso di appartenere al suo sesso» (Gianini Belotti, 1973, p.9).

Che fare allora?

Se la scuola ha davvero come obiettivo «lo sviluppo armonico e integrale della persona, nella promozione della conoscenza e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali» (MIUR, 2012), allora è necessaria un’approfondita analisi e una presa di consapevolezza dei processi sottesi. In questo modo si potrà arrivare a offrire un’immagine realistica della società e suggerire ai bambini e alle bambine – in maniera paritaria – una grande varietà di modelli e di situazioni da cui attingere per costruire un’immagine coerente di sé e del mondo esterno, incentivandoli al cambiamento, alla mobilità sociale e alla trasformazione dei ruoli.

Si deve infine ricordare però che la parità di ciascuno non deve essere intesa come omologazione del femminile al maschile,  «si continua a dire che “la donna deve essere pari all’uomo” e mai che “l’uomo deve essere pari alla donna” e nemmeno che “la donna e l’uomo devono essere pari”» (Sabatini, 1987, p.103), ma invece come una reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli esseri umani nella loro diversità. Così che i sogni della bambina – dell’episodio iniziale – possano essere più ampi del solo diventare «maestra d’asilo».

Silvia Serena Brambilla

Info

 

 

 

Bibliografia

Biemmi, I., Educazione sessista: stereotipi di genere nei libri delle elementari, Rosenberg & Sellier, Torino, 2017

Burr, V., Psicologia delle differenze di genere, Il Mulino Editore, Bologna, 2000.

Belotti, G., Dalla parte delle bambine: l’influenza dei condizionamenti sociali nella formazione del ruoli femminile nei primi anni di vita, Feltrinelli, Milano, 1973.

Sabatini, Alma, Il sessismo nella lingua italiana, Presidenza del consiglio dei ministri, Roma, 1987.

Sitografia

Progetto Polite dell’AIE (Associazione italiana editori): https://www.aie.it/Portals/38/Allegati/CodicePolite.pdf

Indicazioni nazionali MIUR, 2012: http://www.indicazioninazionali.it/documenti_Indicazioni_nazionali/indicazioni_nazionali_infanzia_primo_ciclo.pdf

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.