Philippe Meirieu, eminente esponente della ricerca pedagogica, insegnante e autore di numerosi libri di metodologia didattica definisce come un insidioso momento di esplorazione l’ardua attività di uno studente nel fare i compiti a casa. «Come un generale dell’esercito sul campo di battaglia» scrive Meirieu «lo studente procede suun terreno che gli è quasi del tutto sconosciuto… Dispone soltanto di qualche sommaria carta geografica, a volte persino in lingua straniera: i manuali scolastici, per esempio» (Meirieu, 2003:56).
A questo atteggiamento “impervio” che conduce molti ragazzi ad uno scarso rendimento scolastico, si addizionano alcuni atteggiamenti genitoriali che, sovente, barattano l’affetto dei figli con i voti in pagella. L’atteggiamento predominante che si genera è il cosiddetto “effetto tenaglia”, un crescendo di ansie e preoccupazioni che imprigiona bambini e ragazzi in una trama di richieste familiari e scolastiche fino all’asfissia.
Punizioni, ricatti affettivi e continui paragoni con fratelli, cugini o compagni ledono l’autenticità del rapporto educativo.
Inesorabilmente si compromette il progetto stesso di famiglia inteso come una palestra, quel luogo in cui si impara il “mestiere di vivere” e si apprende a riconoscere le difficoltà al fine di superarle (Meirieu, 2003).
Quali sono le principali cause dell’insuccesso scolastico?
I brutti voti, la scarsa motivazione e i comportamenti oppositivi dovuti alla scarsa volontà e al poco impegno possono essere ricondotti a molteplici aspetti. Un primo ordine di cause rimanda all’assenza di una metodologia appropriata di studio e alla mancanza di strategie di apprendimento. A seconda del suo “profilo di funzionamento”, è possibile osservare come ogni alunno possiede livelli diversi di attenzione, memorizzazione, comprensione, riflessione e immaginazione creativa.
Nella Pedagogia della Gestione Mentale l’addestramento di questi parametri è una metodologia che si forma e si arricchisce attraverso la percezione visiva ed uditiva necessaria per la formazione dell’immagine mentale (de La Garanderie, 1991). Abituare il bambino ad ascoltare e ripetere la lezione ad alta voce, formandoun’immagine di ciò che si apprende, favorisce il processo di memorizzazione.
Le immagini mentali non sono altro che composizioni, strutture, connessioni cerebrali che permettono di rappresentare nella mente esperienza e conoscenza anche in assenza di stimoli visivi e uditivi. Per fare un paragone si potrebbe immaginare di osservare un quadro, chiudere gli occhi e ricordare ogni dettaglio, i colori, le linee, le sfumature. Il bambino, fin dalla scuola primaria, deve imparare a simulare mentalmente azioni, fatti e atti che apprende dallo studio, facilitando in questo modo l’emergere di un automatismo apprenditivo. Questa strategia di apprendimento, inoltre, comporta una presa di coscienza della rappresentazione mentale stessa, una metacognizione, con ricadute notevoli in termini di soluzione di problemi e di pianificazione (Bara, 2000).
Come mai le difficoltà scolastiche si presentano soprattutto negli apprendimenti dell’area logico-matematica?
Una delle principali difficoltà di apprendimento scolastico riguarda l’area logico-matematica. E ciò è evidente non solo per i casi di discalculia segnalati all’interno dei BES (Bisogni Educativi Speciali). Le difficoltà in aritmetica investono alunni delle scuole primarie e secondarie. Di contro all’opinione diffusa, ai pregiudizi di incapacità nello svolgimento dei compiti di matematica, attualmente, la ricerca scientifica ha consolidato l’idea che l’intelligenza numerica è una capacità innata che il bambino fin dalla nascita possiede. Pertanto, tutti gli esseri umani hanno un’abilità di pensare in termini numerici e di percepire le quantità. Sono quindi geneticamente predisposti ad operare in campo logico-matematico (Lucangeli, 2012).
Queste capacità sono innate poiché frutto del processo evolutivo attraverso il quale gli uomini primitivi hanno geneticamente tramandato i vantaggi riguardanti l’approvvigionamento del cibo, la sopravvivenza, i rapporti sociali. La conseguenza diretta di questa tesi quindi, è la confutazione dell’opinione comune: l’apprendimento della matematica è possibile per molti ed è legato all’acquisizione di prerequisiti cognitivi fin dalla prima infanzia e ad un processo di potenziamento delle abilità numeriche fin dai primi meccanismi specifici del conteggio, calcolo a mente, calcolo scritto, processi lessicali, semantici e sintattici.
Si possono acquisire maggiori competenze logico-matematiche?
È possibile certamente sviluppare le naturali predisposizioni fin dall’infanzia proponendo, ad esempio, una corretta manipolazione della quantità utilizzando termini numerici, descrivendo gli oggetti ed eventi «oltre che del colore, della dimensione, del movimento, della posizione nello spazio, anche del numero» (Lucangeli, 2012:14).
Come può intervenire il pedagogista?
Il pedagogista può intervenire in merito come figura specialistica. È un tutor dell’apprendimento quando è una guida nel processo di studio, trasmette una metodologia specifica e facilita l’apprendimento delle discipline scolastiche quando il carico dei compiti può presentarsi eccessivo. Il pedagogista non è tuttavia un insegnante inteso in senso tradizionale, piuttosto favorisce uno studio attivo, condiviso e dialogico, finalizzato a far emergere le capacità relative a obiettivi cognitivi specifici quali la conoscenza, comprensione, applicazione, analisi e sintesi.
Poiché il pedagogista svolge sempre un intervento che mira allo sviluppo armonioso della persona, il suo intervento implica inoltre la possibilità di eliminare gli ostacoli, soprattutto quelli legati alla sfera emotiva e sociale, che “bloccano” o inibiscono l’apprendimento degli studenti quali l’ansia da prestazione, l’autostima.
Il pedagogista è anche un progettista della formazione quando, intervenendo in funzione preventiva a creare le condizioni ambientali adatte al perseguimento di specifici obiettivi cognitivi, affettivi e psicomotori, realizza progetti formativi adattati ai singoli soggetti nei diversi periodi dello sviluppo. La formazione riguarda l’espressione dei bisogni emotivi e affettivi ed è intesa anche come una “disciplina” per apprendere valori umani e sociali che si realizza attraverso un intervento esterno atto a perseguire competenze secondo metodi efficaci. Può implicare, in questo caso, un intervento prettamente didattico in relazione al potenziamento dell’area cognitiva e dello sviluppo dei prerequisiti per l’apprendimento (memoria, metodo di lavoro, lettura, scrittura, comprensione, ragionamento, linguaggio e comunicazione…). Questi aspetti, curati nei dettagli, organizzati in moduli e obiettivi, sono basilari per avere successo nella carriera scolastica e, successivamente, anche nel mondo del lavoro.
Bibliografia
Bara, B. G., (2000), Il metodo della scienza cognitiva: un approccio evolutivo allo studio della mente, Bollati Boringhieri, Torino
de La Garanderie, A., (1991), I profili pedagogici: scoprire le attitudini scolastiche, La Nuova Italia, Scandicci
Lucangeli, D, (a cura di), (2012), La discalculia e le difficoltà in aritmetica, Giunti scuola, Firenze
Meirieu P., (2003), I compiti a casa. Genitori, figli, insegnanti: a ciascuno il proprio ruolo, Feltrinelli, Milano
Il problema è che le famiglie giustamente preferiscono pagare 5/10€ per fare delle ripetizioni. In ogni caso Siamo noi i primi a non capire che siamo professionisti laureati Con specifiche competenze e non dei semplici ragazzazzetti delle ripetizioni…………..