Ci sono bambini che tendono a isolarsi, hanno difficoltà comunicative e tendono a vivere in un mondo chiuso e personale in cui non è facile entrare se non li si conosce bene. Questa condizione è caratteristica principale del soggetto autistico anche se, va subito specificato, non tutti gli autistici hanno lo stesso tipo di gravità del “disturbo” e, pertanto, non è mai opportuno procedere per generalizzazioni. Certo è che un soggetto autistico tende a recepire e a leggere gli stimoli esterni in maniera molto diversa dagli altri ed è da qui che nasce la principale difficoltà di relazione.
Parlare oggi di autismo significa affrontare un tema sul quale si è dibattuto molto e sul quale si dibatte ancora. Dal 1911, anno in cui è stato utilizzato per la prima volta il termine da Bleuler, ad oggi di passi avanti ne sono stati fatti tanti. Si è passati dalla certezza di un’origine psicosociale dell’autismo alla consapevolezza dell’aspetto neuro- biologico (Cohen D.J., Volkmar F.R., 2004).
Recentemente il concetto di “autismo” si è andato evolvendo ulteriormente, passando da un’unica sindrome che poteva variare ad un insieme di disturbi ed è, per tale motivo, che ai giorni nostri, si preferisce la definizione di “Disturbo dello Spettro Autistico”, così come indicato nella più recente edizione del DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Per un maggior approfondimento sul tema si veda l’articolo: “l’autismo: un viaggio oltre le parole”.
La relazione con soggetti autistici
Il DSM – 5 definisce i Disturbi dello Spettro autistico secondo due principali criteri: deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale in diversi contesti e comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. La stessa definizione di “autismo” ossia «una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri» (SINPIA, 2005, p.10), ci riporta a quello che è l’aspetto più rilevante: la relazione.
«Anche se ad oggi, fortunatamente, si stanno sviluppando sempre più metodi per migliorare le loro abilità sociali, linguistiche e scolastiche, solo genitori, insegnanti ed educatori che si occupano di loro, possono dire di conoscere la frustrazione dovuta al non riuscire sempre a comunicare e a stabilire un contatto con bambini e adulti autistici» (Surian L., 2005, p.10). Certo è che, anche se è una sindrome che accompagna la persona per tutta la vita, le sue manifestazioni possono essere, in molti casi, notevolmente attenuate per mezzo di opportuni programmi d’intervento psicoeducativo. (Surian L., 2005).
Poiché come si è detto, ogni soggetto presenta caratteristiche differenti, è bene diffidare di qualsiasi strategia educativa che venga proposta come una panacea per tutti i bambini autistici. Occorre quindi partire da una valutazione delle capacità preservate, dall’osservazione dei comportamenti problematici, dei deficit e del generale livello intellettivo del bambino (diagnosi funzionale).
«Un individuo con autismo “funziona” cognitivamente e percepisce la realtà in maniera diversa (non peggiore): questa diversità prima di tutto va rispettata e poi, nel caso di compromissioni che ostacolano l’autonomia e l’apprendimento, occorre intervenire sui sintomi e sul potenziamento delle abilità» (Cottini L.,Vivanti G., Bonci B., Centra R., 2013, pag. 4).
L’intervento educativo
Vediamo quindi alcune possibili strategie che possono essere utilizzate con bambini autistici, focalizzando la nostra attenzione sulla sfera affettivo-relazionale consapevoli che creare una relazione efficace è il primo passo di un intervento educativo che porti a successo:
- l’adulto (insegnante curricolare, insegnante di sostegno, educatore…) deve assumere, prima di tutto, un atteggiamento di “vera” apertura e accoglienza. Nel suo operato deve adottare un modo educativo e d’istruzione stimolante ed entusiasmante, incoraggiando il bambino autistico nelle sue aree di talento. Per questo occorre iniziare individuando un obiettivo molto semplice per il quale dimostra già qualche tentativo di comprensione, d’interesse e di esecuzione. Non ha senso “frustrarlo” mettendolo davanti a quello che non “può fare”.
- Il bambino autistico generalmente mostra forti difficoltà a stabilire e mantenere un contatto visivo con le persone che entrano in relazione con lui; pertanto è necessario, quando si intende interagire con lui, stabilire e mantenere un contatto oculare e spronarlo a fare altrettanto. Inoltre, occorre parlare in modo chiaro, lento e specifico, servendosi dell’ausilio di immagini o oggetti in caso di difficoltà linguistiche. A tale proposito molto utile risulta essere la CAA (comunicazione aumentativa alternativa) che ha l’obiettivo di migliorare anche il linguaggio dei soggetti affetti da autismo. Ricordiamo, infatti, che una migliore comunicazione migliora la qualità delle relazioni con le persone.
- Il soggetto autistico spesso ha rituali ed abitudini molto rigidi e può reagire alle rotture e/o alla forzatura di tali rigidità con improvvise crisi e scoppi d’ira per questo, è importante rispettare i suoi tempi e non chiedere troppi cambiamenti improvvisi, avvisandoli eventualmente se dovesse accadere qualcosa di insolito; strutturare la sua giornata in modo chiaro, pianificando in anticipo le attività; evitare interventi correttivi ma utilizzare la strategia del “se – poi” (se farai questo, poi succederà quest’altro), per promuovere nel bambino lo sviluppo di una riflessione sulle conseguenze delle proprie azioni; promuovere il modeling ossia l’imitazione dei pari per ottenere i comportamenti adeguati e desiderati da parte del bambino; suddividere un compito in sequenze semplici.
- Questi bambini hanno difficoltà a comprendere e comunicare i propri stati d’animo per questo è importante creare situazioni in cui possano sentirsi liberi di dare un nome alle proprie emozioni e comunicare il proprio disagio. Ciò consente agli adulti di poter intervenire per prevenire l’esplosione della crisi e le conseguenze comportamentali che ne possono derivare. Vivendo stati di disregolazione emotiva, è anche importante che vengano supportati nell’imparare strategie di autoregolazione per riportare il livello di attivazione a uno stato ottimale (autoregolazione emotiva).
La scuola cosa può fare?
Favorire l’integrazione scolastica dell’allievo con disturbo autistico è un obiettivo sicuramente complesso, ma nello stesso tempo irrinunciabile. Lucio Cottini ci spiega che quattro sono le parole chiavi che portano verso il successo dell’integrazione di un bambino autistico a scuola (Cottini L., 2011):
- la progettazione: rappresenta il motore centrale della scuola ed è fondamentale per l’integrazione scolastica di un bambino con autismo. Infatti, il successo dell’inserimento dipende fortemente dalla collaborazione che si instaura tra gli insegnanti di sostegno specializzati, i colleghi curricolari e gli educatori, così come dalla cooperazione con i servizi specialistici e gli enti locali, dal coinvolgimento della sua famiglia e dall’adesione di tutto il personale che lavora nell’istituto scolastico. «L’integrazione scolastica di un soggetto autistico necessita di un percorso formativo progettato nel minimo dettaglio: nulla dev’essere lasciato al caso o abbandonato all’improvvisazione. Questa progettualità si deve tradurre in una flessibilità organizzativa e didattica da parte dell’insegnante. Un docente che accoglie nella sua classe un autistico non può immaginare di continuare a svolgere la sua professione come faceva prima del suo arrivo, infatti, dovrà sviluppare dei processi di individualizzazione o personificazione nella programmazione delle attività didattiche. In altre parole, si tratta dell’adattamento dei contenuti, dei ritmi e dei materiali di lavoro, delle strategie didattiche per consentire il raggiungimento di obiettivi ritenuti essenziali per lo sviluppo e l’adattamento al contesto di vita, promuovendo al contempo forme di potenziamento di quelle che sono le abilità e motivazioni più affinate di ognuno». (Cottini L., 2011, p. 98). Non va dimenticato che la progettazione consiste anche nella programmazione del percorso formativo dell’alunno autistico, che deve assolutamente essere redatta in collaborazione tra i maestri curricolari, gli insegnanti specializzati e gli educatori di sostegno.
- l’organizzazione: l’integrazione di un soggetto autistico non può basarsi, a causa delle particolari caratteristiche, sul semplice adattamento dell’allievo al contesto, bensì deve essere l’organizzazione scolastica, con tutte le persone che la raffigurano, a doversi riorganizzare e modificare per poter far fronte alle esigenze del bambino. Bisogna, quindi, creare un ordine ”fisso” nella classe e nella scuola, non solo per quanto riguarda spazi ma anche tempi e materiali, in modo da abbassare il livello d’ansia, d’incertezza e di paura nel bambino.
- la didattica speciale: essa prende in considerazione le strategie utilizzate per comunicare in modo efficace con l’allievo, in quanto, come già detto, uno dei deficit presenti nel bambino autistico è proprio costituito dall’incapacità di relazionarsi con altre persone. A questo proposito è di fondamentale importanza promuovere delle azioni educative precoci che permettano di stimolare forme di comunicazione e relazioni verso i propri compagni. La compromissione qualitativa della comunicazione, inoltre, risulta un ostacolo all’apprendimento di abilità curricolari e, pertanto, deve quindi essere tenuta in considerazione dagli educatori al fine di sviluppare in modo corretto i progetti educativi. Per stimolare la comunicazione nei bambini con autismo bisogna ”promuovere un insegnamento che accompagni, almeno nei primi momenti, utilizzando sistemi aumentativi (immagini e segni).
- il clima di classe: È fondamentale, al fine di integrare con successo un bambino autistico, stimolare dei rapporti di amicizia all’interno della classe, così come l’aiuto e la collaborazione da parte dei compagni. I legami sono del tutto personali; si sa, infatti, che ogni soggetto sceglie le sue amicizie basandosi su delle preferenze e caratteristiche puramente personali. Questo però non significa che non esistano delle strategie che l’insegnante può mettere in atto al fine di promuovere un clima favorevole a stringere relazioni e stimolare la cooperazione. Cottini riconosce, a riguardo, quattro linee operative che permettono di creare un clima inclusivo e di facilitare l’attivazione della risorsa compagni: ”abbassare il livello di competitività”; stimolare il senso di appartenenza al gruppo; creare occasioni di vicinanza e di lavoro comune; lavorare direttamente sulle competenze pro sociali e sulla valorizzazione positiva degli altri”.
Nel 1985 In Italia nasce l’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) allo scopo di difendere i diritti delle persone con autismo e delle loro famiglie, combattere contro le teorie psicodinamiche colpevolizzanti i genitori, favorire la formazione, l’informazione e gli scambi culturali con esperti di altri paesi.
Nel 2007 l’Assemblea Generale dell’ONU ha istituito per il 2 aprile la Giornata Mondiale della Consapevolezza dell’Autismo (WAAD, World Autism Awareness Day) cercando di dare risalto anche a livello di informazione pubblica alle problematiche coinvolte con l’autismo, spesso diverse da quelle delle altre disabilità.
Bibliografia
Cattelan L., Autismo. Manuale operativo per docenti e genitori, ed. Industrialzone, 2010
Frith U., L’autismo, spiegazione di un enigma. Laterza, Roma-Bari, 2012
Cohen D.J., Volkmar F. R., Autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo, Vannini, Gussago, 2004
SINPIA, Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Linee guida per l’autismo. Diagnosi e interventi, ed. Erikson, 2005
Biondi M., DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Ed. Cortina, 2014
Surian L., L’autismo. Cos’è, come intervenire, cosa possono fare le famiglie, gli insegnanti, gli operatori
Cottini L., Vivanti G., Bonci B., Centra R., 2013, Autismo. Come e cosa fare con bambini e ragazzi a scuola. Workbook 1
Cottini, L., 2011,L’autismo a scuola: quattro parole chiave per l’integrazione. Carocci Faber.
Quill K.A., Vivanti G., Congiu S., 2007, Comunicazione e reciprocità sociale nell’autismo. Strategie educative per insegnanti e genitori, Erickson.