Porre attenzione ai significati educativi che la musica assume nella prima infanzia merita particolare riguardo soprattutto alla luce degli studi più recenti, che testimoniano vistosamente come i primi anni di vita siano un momento importante per la crescita musicale dei bambini e per il loro sviluppo cognitivo, affettivo e motorio (AIGAM 2009).
Fin da quando è nel grembo materno il bambino è immerso nei suoni: il ritmo del battito del cuore della mamma, la sua voce e i rumori intorno a lui sono un costante stimolo alla sua crescita intellettiva. Prima ancora di nascere, infatti, riconosce suoni e melodie (Tomatis, 2009). Una volta venuto al mondo il neonato ascolta ogni cosa ed è naturalmente attratto dalla musica: basti pensare che è consuetudine nella nostra cultura utilizzare dolci melodie per calmare i bambini e ninna nanne per farli addormentare.
Dopo la nascita la musica diventa un importante strumento di crescita, contribuendo allo sviluppo complessivo; in particolare, all’interno della scuola, soprattutto nel grado preparatorio (fascia 3/6 anni), la musica dovrebbe diventare uno strumento necessario e indispensabile. La scuola dell’infanzia è, infatti, luogo di narrazione di forme culturali e di significati, che consente di integrare cultura ed esperienza, concetto e situazione. Tutto parte dal gioco, dalla dimensione ludica, per rinforzare le capacità di attenzione degli alunni, per creare rapporti basati sull’empatia, per raggiungere, infine, i traguardi di sviluppo immaginati e programmati. Inserendo nei momenti dell’attività ludica stimoli di natura musicale, l’educatore è in grado di arricchire l’ambiente a cui il bambino è esposto, consentendogli nuove sperimentazioni. Quindi, se è vero che l’approccio musicale nella prima infanzia favorisce non solo l’apprendimento in generale ma anche la crescita complessiva del bambino, l’educatore, tramite l’utilizzo integrato di tale disciplina contribuisce ad un più completo e adeguato sviluppo del bambino.
Negli ultimi anni docenti e ricercatori hanno rimarcato da più parti come l’educazione musicale offra numerosi e tangibili vantaggi agli individui, specialmente a quelli in età prescolare.
I benefici della musica
I principali benefici dell’educazione musicale sono:
- Favorire lo sviluppo del linguaggio: Levitin ha scoperto che la musica coinvolge le aree sensoriali e facilita la loro differenziazione e il loro sviluppo. Coinvolgendo il cervelletto, la corteccia e i lobi frontali la musica svolge un importante ruolo nello sviluppo del linguaggio (Letvin 2006, in Foran, 2009). Un importante studio guidato da Nina Kraus – direttrice del Laboratorio di neuroscienze uditive della Northwestern University (Illinois) – dimostrò il forte collegamento tra capacità di linguaggio, senso del ritmo e musica. Gli studiosi per la prima volta dimostrarono “l’esistenza di un collegamento neourobiologico tra capacità di tenere il ritmo e quella di codificare i suoni della lingua parlata, con significative ricadute sulle capacità di lettura. Da questo esperimento venne rilevato che bambini che si dimostravano migliori nel mantenere il ritmo erano anche quelli che pronunciavano le sillabe nel miglior modo.
- Favorire l’apprendimento delle altre discipline: Peter Gouzouasis, professore di educazione alla British Columbia University e autore di uno studio pubblicato sul Journal of Educational Psychology, ha dimostrato che gli studenti che seguono corsi di musica – rispetto ai coetanei che non studiano musica – ottengono risultati significativamente migliori anche in materie come la matematica, le scienze e l’inglese. A tal proposito anche lo psicologo americano, Howard Gardner, individuava nell’intelligenza musicale una capacità che influisce direttamente sullo sviluppo emotivo, spirituale e culturale ponendo l’accento sul fatto che la musica aiuta a strutturare il pensiero ed il lavoro delle persone, soprattutto nell’apprendimento delle abilità matematiche, linguistiche e spaziali (Gardner, 2002).
- Favorire una mentalità aperta e creatività: secondo un’altra ricerca guidata da uno dei maggiori psicologi dell’Università di Westminster (Londra), Catherine Loveday, gli adulti che hanno ascoltato musica reggae e classica da bambini hanno, in molti casi, ad una predisposizione per il pensiero divergente, una mentalità più aperta, e di larghe vedute, che li porta a sperimentare cose nuove: nuovi cibi, sport, mode e libri e, dunque, ad avere più chance nella vita.
- Favorire l’attivazione di emozioni: «Non esiste nessun’altra forma espressiva umana che sia collegata in modo così diretto con l’anima come il canto» (Weber, 2006, p. 109). La musica ha una funzione attivatrice di emozioni, in quanto è in grado di evocare esperienze sensoriali e affettive molto remote depositate nell’inconscio personale. La musica ha inoltre una sotto-funzione chiamata “mnestica”, essa riguarda unicamente il processo ricettivo: la musica può attivare facilmente ricordi ed emozioni, relativi anche a situazioni, a persone anche molto lontane nel tempo (Cano, 2002).
- Favorire la socializzazione e la memoria: tra le funzioni della musica Cano riconosce anche quella della socializzazione che comprende tutte quelle azioni orientate all’organizzazione dei gruppi e alla vita sociale (funzione di comunione, di intrattenimento, celebrativa,rievocativa, regolativo-strumentale, fatica). Inoltre la musica aiuta anche lo sviluppo della memoria a breve termine in quanto suonare uno strumento richiede un grande sforzo di memorizzazione: più ci si esercita con uno strumento più la memoria a breve termine si rafforza. Uno studio del 2013 ha rilevato che la pratica musicale sviluppa le capacità mnemoniche dei musicisti, la velocità di elaborazione e le loro capacità di ragionamento.
- Favorire la relazione con bambini “ADHD”: l’utilizzo della musica permetta di contenere e migliorare i comportamenti di disattenzione, impulsività e iperattività, in modo che il bambino con disturbo da deficit di attenzione/iperattività possa canalizzare le proprie energie in modo per lui funzionale, incrementando i tempi di attenzione e la capacità di ascolto attivo. Inoltre riesce a stimolare le aree ritmiche del cervello e di conseguenza anche risposte motorie e riflessi. Emerge così l’importanza di un approccio educativo alla musica allo scopo di migliorare significativamente la capacità di ascolto e di auto-regolarizzazione, l’attenzione e il benessere del bambino.
Da questi numerosi benefici è evidente come debba essere riconosciuto alla musica un valore prioritario nelle future generazioni non solo, quindi, come momento di svago, ma principalmente in quanto strumento di crescita e maturazione della persona perché, come affermato da Friedrich W. Nietzsche “la vita senza musica, non è vita”.
Bibliografia
AIGAM, (2009), Atti del convegno Il bambino in ascolto. L’apprendimento musicale tra senso e sensorialità, ed. Curci
Cano, C. (2002), La musica nel cinema. Musica, immagine, racconto. Ed. Gremese.
Foran, L. (2009). Linstening to Music: Helping Children Regulate Their Emotions and Improve Learning in the Classroom.
Gardner H., (2002), Formae mentis, saggio sulle pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli
Tomatis A., (2009), La notte uterina, la vita prima della nascita il suo universo sonoro. Red edizioni, Milano
Weber, E. (2006), La musica al centro. Riflessioni sulle relazioni tra la musica e le intelligenze. Ed. Educultura.
Sitografia
https://www.sciencedaily.com/releases/2019/06/190624111504.htm
https://www.jneurosci.org/content/33/38/14981