Sono Afro-Italiano

 

Il sociologo franco algerino A. Sayad [2002] sostiene come la simbiosi tra immigrazione e migrazione permetterebbe la tessitura di nuove trame teatrali tali da riflettersi sia sugli individui ospitanti che quelli ospitati in un paese, così da generare nuove formule di convivenza e rappresentanza. Nonostante Sayad abbia studiato il fenomeno delle comunità algerine in Francia non è del tutto differente il contesto italiano, in quanto paese sicuro (ovvero garante dei diritti umani) e approdo di persone provenienti da un sud oltre mare.

Coloro che si identificano come afroitaliani, benché culturalmente radicati da tempo nel paesaggio italiano, vivono quella stessa esperienza del doppiamente assenti [cfr. Sayad, 2002] e vengono posti tra: una società dal basso che li rigetta e non li integra e quella nativa in cui non sono né più presenti né aventi un ruolo pubblico. La “Treccani” inserisce il termine tra i neologismi (2016), intendendo per Afro-Italianiquelle persone che condividono un’origine relativa sia all’Africa che all’Italia; facendo esclusivo riferimento a coloro cui è possibile tracciare una linea di discendenza fino ai paesi dell’Africa subsahariana.

Dal Jazz-pop, il vento musicale tutto afro ha continuato a garantire quelle influenze culturali provenienti dagli USA, importando dagli anni ’90 sul suolo italiano lo stile rap che avrebbe caratterizzato gli afro-americans (dal quale si discostano gli afroitaliani); oggi arma di conquista per gli omonimi in Italia. Un’Italia che attribuisce la discendenza degli afroitaliani alle diaspore africane degli ultimi decenni, gettando nel dimenticatoio tutti quegli stranieri che popolavano la nazione in qualità di studiosi e/o collaboratori in ambito diplomatico/internazionale [cfr. Cristaldi, 2015].

Dal punto di vista mediatico, queste persone vengono connotate come «ultimi, lasciati lì a tempo indeterminato e senza alcuna speranza» [Bauman, 2016:12], nel tentativo di volerne esorcizzare e svalorizzare ogni possibilità di recupero identitario. Tra questi: era il 2016 quando la cantante afroitaliana Cecile si presentò al pubblico dell’Ariston di Sanremo portando in gara la canzone N.E.G.R.A., con la quale mise a confronto il colore del suo sangue con quello dell’intera umanità senza riscontrare differenze. È possibile rinvenire queste “macchie rupestri” nella storia mediatica italiana della fusione con l’Altro anche nel mondo calcistico e sportivo, dove “Super” Mario Balotelli – «un nome italiano, ma comunque africano»- con le parole dell’icona afroitaliana Tommy Kuti –avrebbe tirato un calcio a pregiudizi ed accuse contro la tifoseria avversaria in quello storico 3 novembre del 2019.

Quindi, se gli afroitaliani sono tutte quelle persone che vivono per metà in Africa e per l’altra metà in Italia, in Europa come profetizzava il cantante Rino Gaetano nel 1980: che cosa è successo affinché ci ritrovassimo qui dinanzi a parlarne?

Gli enormi balzi temporali e la poca attenzione sociale ai movimenti d’emancipazione della stessa società civile hanno reso in ombra l’importante spinta culturale e Soul (presentata in copertina dalla rivista “Il Venerdì”). Un’emancipazione che non si abbandona al solo posizionamento politico nel tessuto sociale, ma che mira al riconoscimento delle proprietà culturali, politiche e sociali, soprattutto civiche degli individui. Al ricollocamento di quel “territorio etnico” che vive già da tempo nella comunità e che ha le sue radici, ora, discriminato e segregato, rivendica il proprio posto. [cfr. Fellman, Getis, 2007]

Dallo ius sanguinis allo ius soli, fino alla consecutio (estrema e critica per alcuni concittadini) dello ius culturae, nascono nuovi interrogativi per un mondo che si avvicina sempre più virtualmente ad una realtà necessaria per trovare risposte a: Chi è italiano? Che cos’è l’italiano? Chi sono gli italiani? Ma soprattutto: Dov’è l’Italia? Il movimento afroitaliano contribuirebbe proprio a ricordare che «il mondo è cambiato, non è complicato», come canta Tommy Kuti [2017].

Quindi, che cosa è successo?

È successo che, secondo i dati ISTAT (https://www.istat.it/it/archivio/240930), le seconde generazioni arrivate tempo fa, negli ultimi 5 anni hanno raggiunto quell’età culturale tale da renderli consapevoli della propria presenza sulterritorio e il contributo ine perquesto paese.

Ma questa “rivoluzione mediatica”, quando è iniziata?

Lo strumento di lotta più temibile quanto efficace contro la lettura ideologizzata della “nazionalità italiana” rimane ancora la parola. Ai tempi della comunicazione digitale, essa passa per immagini e la TV è sicuramente la via più utilizzata dallo sguardo dei suoi utenti e con un impatto di maggior pressing.Basterebbe pensare agli innumerevoli talk show che accompagnano l’utente all’informazione corale dalla mattina alla sera; i notiziari giornalistici; senza tenere fuori il mondo on-linee quella moltitudine di canali socialche si agganciano alla divulgazione filo-giornalistica. Tutti luoghi dove queste facce portano la propria “voce sociale”, una testimonianza. [Di Pasquale C., 2012]

Questa “rivoluzione” inizierebbe con lo schermo, in particolare attraverso la serie firmata RAI «È arrivata la felicità»,dove la protagonista italo-etiope Tezeta è riuscita ad abbattere il pregiudizio cinematografico dell’africano svenduto al crimine, riabilitandone la figura a quella del (con-)cittadino integrato e agente nella e per la società, alternando la sua quotidianità tra scuola e lavoro.

Come nel film di R. Marcellini Sentinelle di bronzo (1937), viene restituita un’immagine della presenza storica e reale di questo incontro (anche filmografico): dapprima come una figura “barbaramente” rappresentata negli usi e nei costumi, nel comportamento e nell’idioma; poi come spazialmente lontana da un Noi. Il cammino del miglioramento tecnologico è passato a gattoni con il tubo catodico, ergendosi attraverso il via cavo, fino allo sconfinato mondo dell’informatica, permettendo che la cinepresa non si volgesse più versola comunità mnemonica [cfr. Gillis, 1994], ma daquesta stessa comunità. I ruoli antropologici di questi testimoni di culturesi sono invertiti: non più attori ma registi; con lo scopo sotteso di restituire una corporeità, un corpo fatto di sangue ed ossa a questa “generazione fantasma”. Oppressa tra un multiculturalismo divorato dagli ospitanti e un’integrazione che rigetta i suoi ospiti. [cfr. Levi-Strauss, 2015]

Perché è successo e perché sta accadendo?

Se le (im)migrazioni rappresentano solo la punta di quell’iceberg antico centomila anni [cfr. Bauman, 2016], i dati dicono che: l’economia nostrana si poggia in gran parte anche su quella degli stranieri; mentre la mixité urbana arreda il paesaggio di un clima più esotico.

La popolazione autoctona respingerebbe questa “invasione” perché non ha ancora avuto il tempo antropologico per staccarsi dal “miracolo economico” degli anni ’50, alla crisi petrolifera del ’70[cfr. Cristaldi, Leonardi, 2018], e da poco alle prese con il riconoscimento di tutte quelle minoranze culturali, sociali, religiose e di genere che aveva omesso dalla storia dell’Unità; non permettendo così l’innesto con quel «biologismo»tale da adattare l’uomo al cambiamento. [cfr. Fouillée, 1893]

Non sarebbe quindi possibile poter ascoltare l’accento romano, milanese o bresciano se non si indossano gli occhiali adatti per rendersi conto del “con-culturale” che si ha accanto sul metro.

Perché? Perché questi movimenti d’emancipazione proliferano ed esistono per risonare la voce di quei sempre più che amano il proprio paese: l’Italia…e perché no? L’Africa. Dal mondo musicale a quello politico, da quello televisivo a quello quanto più civico, tra i banchi di scuola e gli enti di volontariato, e lavorativo, la cara Italia –cantata dall’italo-tunisino Ghali- trasformerebbe il suo stivale in un mosaico di altre sfumature e dialetti, concorrendo ad influenzare profondamente la cultura mainstream(per ora).

E noi, in che paese siamo?

Damiano Pro

 

Bibliografia

Bauman, Z., Stranieri alle porte, Laterza, Bari, 2016.

Cristaldi, F., “Volevano braccia, sono arrivati uomini”: il nuovo umanesimo e gli spazi del lavoro migrante, Libreria Vaticana Editrice, 2015

Cristaldi, F., Leonardi, S., “Introduzione: tra nuovi anziani e nuove migrazioni”, in Pensionati in fuga? Geografia di una nuova emigrazione, Editrice Tau, 2018

Di Pasquale, C., “L’avvento del testimone: anteprime italiane”, in Il De Martino, 21, 2012

Fellmann, J., Getis, A., Getis, J.,Geografia umana, McGraw-Hill, Milano, 2007

Fouillée, A., Critique Des Systemes de Morale Contemporains…, Nabu press, Firenze, 2011

Gillis, J., Commemorations: The Politics of National Identity, Princeton Univ Pr, Princeton, 1994.

Levi-Strauss, C., Il pensiero selvaggio, Il Saggiatore, Milano, 2015

Sayad, A., Doppia Assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2002

Sitografia

Pagliardi, M.,L’influenza della Civiltà Musicale Afro-Americana nell’Italia dell’immediato secondo dopoguerra, in JazzItalia.net:

http://www.jazzitalia.net/articoli/JazzitalianoDopoguerra.asp – .XtVHYjozY2w

Buccini, G., Erion, Marie e gli altri immigrati. Quelli che assumono gli italiani, in FondazioneLeoneMoressa.org:

http://www.fondazioneleonemoressa.org/new/wp-content/uploads/2019/10/Buccini-10.10.2019.pdf

Videtti, G., Pistolini, S., Da Mahmood a Chadia, tredici italiani veri, in repubblica.it/venerdi/: https://www.repubblica.it/venerdi/2019/04/04/news/italiani_veri-223200345/

Istituto Nazionale di Statistica, in istat.it:

https://www.istat.it/it/archivio/240930

 Videografia

AFROITALIANS VS. AFROAMERICANS, in YouTube, Tia Taylor, 2 set 2017:

https://www.youtube.com/watch?v=EOjehL0NvZw&t=206s

Tommy Kuti – #AFROITALIANO, in Youtube, Tommy Kuti, 5 apr 2017:

https://www.youtube.com/watch?v=C-WhDMUmYMc

Cecile – N.E.G.R.A., in YouTube, HitManiaOffice, 30 nov 2015:

https://www.youtube.com/watch?v=P5gQSdmMAog

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