Il caos personificato: una riflessione sul trickster

 

Trickster è un termine usato dagli antropologi per definire una figura mitologica tra le più atipiche e bizzarre in cui può capitare di imbattersi. Burlone, mistificatore, imbroglione e, appunto, trickstersono solo alcuni dei termini usati per indicare questa figura presente nelle mitologie dei più svariati popoli. Indipendentemente da epoche e latitudini, infatti, notiamo la presenza di trickster in Africa, Nuova Zelanda, Polinesia, Grecia, Scandinavia e Giappone, per non parlare del continente americano che vanta molti e numerosi trickster come ad esempio Wakdjunkaga, Nanabozho o i più noti Corvo e Coyote. Ogni angolo del mondo sembra essere stato terreno fertile per le scorribande di almeno uno di questi «bricconi divini» [Radin, Jung, Kerényi, 2016]. Infatti, l’aspetto più evidente del trickster, sottolineato già dal nome, è proprio il suo essere un orditore d’inganni, inganni che raramente sembrano avere uno scopo diverso dal mero divertimento che ne ricava.

Tutto il suo agire sembra essere guidato dal profondo desiderio di violare ogni regola o tabù e di prendersi gioco di qualsiasi forma di ordinamento.

Trasgredisce qualunque norma ed ostacola l’azione demiurgica[1] per puro diletto. I suoi smodati appetiti per ogni tipo di piacere lo portano a compiere aberrazioni terribili quali necrofilia o incesto, e in genere nel tentativo di soddisfare queste sue brame provoca ogni genere di scompiglio di cui finisce per essere egli stesso la prima vittima [Miceli, 2000]; molto spesso, infatti, il suo agire totalmente dissennato gli è causa di atroci sofferenze, menomazioni e sventure.

Sarebbe però ingenuo ridurre il trickster a un mero profanatore, a poco più che uno sconsiderato orientato a una distruzione fine a sé stessa e autodistruttiva. Sicuramente il trickster è in parte questo, ciò nonostante all’interno dei burloni di tutto il mondo sembrano convivere due anime opposte e contraddittorie. Non a caso i suoi racconti sono un continuo susseguirsi di episodi in cui è un fiero oppositore dell’azione demiurgica ad altri in cui ne è un collaboratore e in ogni caso è spesso lui a dare forma alla vita sulla terra così come la consociamo. È Mircea Eliade a rilevarne questo aspetto: «proprio grazie a Coyote –trickster più noto del Nord America [N.d.A.]- che l’Uomo finisce per ottenere il suo attuale modo di esistere che implica sforzo, lavoro, sofferenza e morte ma rende anche possibile la continuazione della vita sulla Terra»[Eliade, 1972:171].  Sebbene, infatti, molte volte inganni gli uomini per il proprio piacere personale sono altrettanti gli episodi in cui svolge il ruolo dell’eroe civilizzatore che elargisce grandi doni all’umanità.

Citroviamo davanti ad una radicale contraddizione, non a caso, perché è proprio questa la caratteristica fondante il trickster, quella che ha permesso agli studiosi di riconoscerne tracce nei cicli narrativi di popoli così diversi. Si riconosce, infatti, un trickster ovunque vi siano azioni e qualificazioni che lo costituiscono nella sua particolarità esclusiva ovvero la sua «coerente contraddittorietà» [Miceli, 2000:24], la quale si esprime e si insedia in tutti i livelli della sua figura. Molti personaggi mitici convogliano su di loro contrasti apparentemente insanabili finalizzati però a mediare tra poli opposti, a superare dualità antitetiche. La contraddittorietà del trickster è invece radicata in un’ambivalenza assolutamente irrisolvibile.

Carl Gustav Jung interpreta il trickster come una rappresentazione di uno stadio della condizione umana estremamente primitivo che si è cristallizzato in un personaggio mitologico.

Un fedele riflesso di una coscienza umana assolutamente priva di qualsivoglia tipo di classificazione e corrispondente ad una psiche che difficilmente ha superato la fase animale. Inoltre il trickster sarebbe caratterizzato da controtendenze nell’inconscio e da una doppia personalità di carattere puerile e infantile: un difetto della personalità cosciente. Jung lo definisce quindi come un primitivo essere cosmico di natura divina-animale che agisce in un mondo ancora non normato e in preda al caos. Se da un lato egli è superiore all’uomo per via delle sue qualità sovrumane dall’altro la sua incoscienza e la totale mancanza di razionalità lo rendononferiore per diversi aspetti all’uomo, inoltre essendo goffo e carente d’istinto anche assimilarlo al regno animale risulta complesso. Ed è proprio in ciò che Jung ravvisa il senso del trickstera livello mitologico e della sua conservazione: è funzionale a ricordare all’uomo lo stadio barbaro e privo di civiltà in cui viveva in passato [Radin, Jung, Kerényi, 2016].

Silvana Miceli è totalmente contraria alla visione espressa da Jung.

Ritiene assurdo leggere il trickster come un individuo senza norme che agisce in un mondo ancora privo di regole. La totale indecenza tipica del burlone deriva proprio dal suo costante violare ogni tipo di norma, esso agisce in opposizione a un contesto normato ed è precisamente in virtù di questa sua attitudine che il pubblico che ascoltava i suoi miti aveva modo di identificarlo, ovvero come un sovvertitore dell’ordine. Per la studiosa il trickstersarebbe proprio questo: una rappresentazione del disordine e dell’anomalia, dell’eccezionalità di un individuo in rapporto ad una normalità condivisa da tutti gli altri, la rappresentazione di una possibilità dell’esistere alternativa a quella vigente [Miceli, 2000]

Come può il trickster riuscire a rappresentare il disordine in una vastità di contesti così diversi e sparsi per il globo?

Ciò deriverebbe dal fatto che in tutti questi ambienti culturali vi è la comune esperienza di conflitto tipica di ogni individuo in una società a solidarietà più meccanica che organica. La distinzione tra queste due tipologie di società è stata introdotta da Émile Durkheim: la prima è tipica delle società premoderne in cui è scarsamente sviluppata la divisione del lavoro con conseguente poco spazio per individualità e differenze e in cui norma e sentire comune non differiscono, sono a tutti gli effetti sovrapponibili. Con un’omologazione così alta la solidarietà è, appunto, meccanica, frutto di una risposta automatica. Diventando però le società più complesse gli individui si differenziano in quanto si specializzano in attività diverse e si sviluppa una solidarietà organica frutto della coscienza di essere componenti interdipendenti di un unico organismo. Il trickster diverrebbe espressione del conflitto tipico di ogni individuo che, se da un lato percepisce le norme comunitarie come limitative e oppressive, dall’altro è consapevole di non avere alcuna possibilità di sopravvivenza lontano da queste.

Tale conflitto diviene poi ancora più forte in società come quelle sopra descritte in cui norma e normalità vengono a coincidere e l’esperienza del diverso diviene a tutti gli effetti deviante e portatrice di rischio radicale dal momento che può mettere in crisi un intero sistema di vita. Il trickster rappresenta l’individuo deviante, portatore di novità e cambiamento. Cambiamento che può essere potenzialmente distruttivo dell’ordine esistente ma anche costitutivo di altri e diversi ordini possibili. Infatti, sempre secondo Miceli, i miti dei vari trickster altro non sarebbero che un’esplorazione attraverso il racconto delle possibilità sia creative che distruttive del disordine, non a caso il trickster è un personaggio equivoco che abita una realtà in cui tutto è ancora possibile ma senza mai svolgervi il ruolo di autore delle cose, quanto piuttosto quello di colui che è destinato a mutarle introducendo ambivalenza e diversità.

Per Tim Callahan invece il trickster altro non è che un personaggio atto a esemplificare chiaramente la capricciosità della natura divina.

La sua completa incomprensibilità su un piano sia dell’essere che dell’agire diverrebbe funzionale a sottolineare come l’uomo non possa pretendere che la condotta di dio si conformi a concezioni prettamente umane quali la giustizia. Il tricksterdunque sembrerebbe insegnarci che il mondo così come le divinità che l’hanno creato non devono necessariamente essere giusti né tantomeno comprensibili per gli uomini. Se non impariamo a riconoscere negli dei alcuni aspetti del trickster quali la volubilità o l’imprevedibilità perderemmo il senno nel tentativo di far coincidere la vita e il mondo con le nostre idee di senso e razionalità. Forse è proprio per l’importanza di questo messaggio di cui sarebbe depositario che Tim Callahan rileva caratteristiche tipiche del trickster in molti personaggi del folklore e della narrativa europea. Uno fra tutti è proprio Il Matto, l’arcano numero zero dei Tarocchi [Callahan, 1991].  Alfred Douglas descrive il Matto come un folle caratterizzato da un estro e un’intuizione incredibilmente geniali ma al contempo totalmente ingenuo e privo di conoscenze circa il mondo. La società ne fa un reietto per via della sua estraneità a ogni regola e ordinarietà tuttavia sarà proprio lui ad esserne il catalizzatore del cambiamento. La sua infantilità lo porta a essere incredibilmente sconsiderato; tuttavia è proprio il suo distacco da questo mondo che lo porterà a esserne l’innovatore. Esattamente come il tricksterdunque egli è un emarginato estraneo a ogni schema e proprio in virtù di questo portatore d’innovazione [Douglas,1972].

Il trickster sembra dunque essere un tentativo da parte di svariati popoli di dare forma e nome al disordine in modo da poter racchiudere in un mito e allontanare con una risata i rischi derivanti da esso, confinare in spazi sociali ben definiti il caos che questo scatena e cristallizzare all’interno di un personaggio l’ambivalenza propria di una confusione al contempo sia distruttrice sia creatrice di ogni futuro ordine possibile.

Daniele Baracetti

Info

 

 

 

[1]con demiurgo all’interno della storia delle religioni generalmente si intende l’artefice dell’universo e dell’ordine cosmico

 

Bibliografia

Callahan T., “Devil, Trickster and Fool” in Mythlore Vol 17, n.4, 1991

Douglas A., The Tarot, the origins, meanings and uses of the cards, New York, Taplinger Publishing Co.Inc., 1972

Eliade, M., La nostalgia delle origini, Brescia, Morcelliana, 1972 (ed. or. 1969)

Fabietti U., Storia dell’antropologia, Bologna, Zanichelli, 2001

Miceli S., Il demiurgo trasgressivo, Palermo, Sellero Editore, 2000 (ed. or. 1984)

Radin, Jung, Kerenyi, Il briccone divino, Milano, SE, 2016 (ed. or. 1954)

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