Tra rischio e incertezza. Cos’è la Risk Intelligence?

Potremmo definire il XXI secolo contraddistinto soprattutto dalla rivoluzione digitale, la quale ha portato di conseguenza ad una nuova organizzazione sociale del lavoro, totalmente diversa dai secoli scorsi. I grandi mutamenti della società contemporanea hanno coinvolto anche lo sviluppo di carriera, che è oggi caratterizzato da instabilità e richiede sempre più una continua definizione e ridefinizione delle sue caratteristiche. I cambiamenti ai quali stiamo assistendo rischiano di trasformare il lavoro, prima considerato base solida per il futuro, in una fonte di ansia e insicurezze, in un contesto ambiguo, dovuto alle numerose e continue rielaborazioni delle proprie competenze e abilità.

Queste frequenti transizioni richiedono maggiore necessità di supporto attraverso azioni di career counseling (termine che fa riferimento ad un intervento che ha lo scopo di aiutare la persona che lo richiede a compiere scelte di carriera lavorativa o scolastica), affinché queste aiutino i lavoratori a costruire e ri-costruire la propria identità e siano efficaci nei confronti dei lavoratori per saper gestire situazioni di lavoro che si presentano a quel punto piene di incertezze e rischio (Magnano et al.,2016).

E’ a questo proposito che si fa riferimento alla Risk Intelligence.

Il costrutto di Risk Intelligence (RI) nasce in ambito manageriale e si riferisce ai comportamenti organizzativi o comportamenti adottati in ambito organizzativo; viene definita  come la capacità di stimare accuratamente la probabilità e la valutazione di rischi nel prendere o meno delle decisioni (Evans in Magnano et.al, 2016). In particolar modo, la RI si riferisce ad un atteggiamento specifico ossia ad una valutazione dei rischi nel prendere decisioni. Come spiega Knight (1921) nel suo volume Risk, Uncertainty and Profit, vi è però una distinzione fondamentale tra rischio ed incertezza. Se il rischio fa riferimento a delle probabilità misurabili, l’incertezza implica invece probabilità non misurabili e opportunità indeterminabili. 

Alcuni studiosi (Vol & Gigerenzer, 2012) hanno condiviso la teoria di Knight applicandola alle situazioni decisionali, che possono essere classificate in: 

  • Situazione di certezza
  • Situazioni di rischio
  • Situazioni di incertezza

Le prime fanno riferimento alle azioni che conducono ad un esito prestabilito, le seconde prendono invece in considerazioni tutti i possibili esiti e le probabilità, infine le ultime si riferiscono ad esiti conoscibili ma di cui non si hanno probabilità conoscibili. 

Molti studiosi dimostrano che le persone mostrano meno sensibilità verso l’incertezza rispetto al rischio, arrivando così a presupporre che il mondo del rischio sia considerato un mondo piccolo nel quale tutte le alternative sono conoscibili come lo sono le conseguenze, ed è per questo che è considerato più sicuro rispetto al grande mondo delle incertezze, all’interno del quale invece l’informazione non è conoscibile e gli esiti possono essere molteplici e imprevedibili (ibidem). L’incertezza, infatti, si presenta agli occhi della maggior parte delle persone come qualcosa di indesiderabile, che comporta paura per l’imprevedibilità degli eventi,  e per questo poco amata dalle persone che hanno invece un’elevata esigenza di certezze, tali per cui tendono ad adottare comportamenti stereotipati, mostrandosi di conseguenza meno aperti ad accogliere le informazioni che potrebbero confutare i propri stereotipi, dato che hanno una funzione di semplificazione nei confronti di un mondo complesso (Neuberg & Newson, 1993).

Secondo la definizione di Funston e Wagner (2010), la RI è considerata come la capacità di distinguere tra due tipi di rischi: quelli che devono essere evitati per sopravvivere e quelli che invece devono essere assunti per ricavare guadagno competitivo. A questo punto, possiamo definire la RI come la capacità di una persona di valutare efficacemente i rischi, considerando al contempo vantaggi e svantaggi, sentendosi in grado di gestire l’incertezza come esito della propria scelta, sia sul piano emotivo che su quello progettuale.

L’accezione di rischio di cui sopra, non fa riferimento all’incolumità delle persone ma a una dimensione adattiva che favorisce la progettualità

Chi sono le persone che vanno incontro a rischi?

Molti studi hanno dimostrato che esistono diversi tratti di personalità associati alla predisposizione all’assunzione di rischi, quali: basso self control, impulsività e sensation-seeking (Zuckermann, 2007). Esistono inoltre specifici tratti di personalità associati alla  predisposizione all’assunzione di rischi, la risk propensity, ossia la tendenza ad evitare o assumersi  rischi, definita come un tratto individuale sufficientemente stabile (Sitkin & Weingart, 1995). 

Altro tratto caratterizzante è  la risk attitude (Rohrmann,2005) ovvero un orientamento generico verso l’assunzione o l’evitamento del rischio qualora sia necessario prendere delle decisioni che abbiano un esito incerto; essa viene distanta dalla risk aversion che è   l’atteggiamento verso l’evitamento dei rischi.

Il rapporto con il rischio può essere influenzato anche dal contesto, ulteriori ricerche, hanno dimostrato infatti, che le persone che si imbattono in un nuovo lavoro sono più propense ad affrontare rischi, sono state verificate inoltre delle relazioni positive tra l’assunzione di rischi e senso di autoefficacia, considerando quest’ultima come un fattore-risorsa che consente di confrontarsi meglio con situazioni di incertezza (Simon, Houghton, & Aquino, 2000); (Schwarzer, 2014). 

In conclusione, diversi autori dimostrano che l’assunzione di rischio è una tipica caratteristica dei manager innovativi, mentre la risk aversion si associa ad una minore disponibilità verso l’innovazione, quindi ad un atteggiamento di evitamento dei rischi. A questo proposito, diverse ricerche hanno dimostrato che gli innovatori dotati di maggiore creatività, sono più propensi all’assunzione di rischi, all’estroversione e al perseguimento di obiettivi (Tesluk, Farr, & Klein, 1997).

Chiara Imbrogliera

Info

 

 

 

Bibliografia

Evans, D., (2012), “Risk Intelligence”, In S. Roeser, R.Hillerbrand,P. Sandin, & M. Peterson (Eds.), Handbook of Risk Theory, Springer.

Funston, F., & Wagner, S., (2010), Surviving and thriving in uncertainty: Creating the risk intelligent enterprise. John Wiley & Sons.

Knight, F. H., (2012), Risk, uncertainty and profit, Courier Corporation.

Neuberg, S.L., & Newsom, J.T., (1993), “Personal need for structure: individual differences in the desire for simple structure”, Journal of Personality and Social Psychology, 65.

Paolillo, P. M. G. C. A., & Costantino, V, (2016), “La Risk Intelligence: un nuovo costrutto per il career counseling”, in Soresi, L. Nota, M. C. Ginevra (a cura di), Il counselling in Italia. Funzioni, criticità, prospettive e applicazioni, Padova, CLEUP.

Rohrmann, B., (2005), “Risk attitude scales: concepts, questionnaires, utilizations”, in Project Report, 1-21.

Schwarzer, R., (2014), Self-efficacy: Thought control of action. New York, NY, Routledge.

Simon, M., Houghton, S. M., & Aquino, K., (2000), “Cognitive biases, risk perception and venture formation: how individuals decide to start companies”, in Journal of Business Venturing, 15.

Sitkin, S.B., & Weingart, L.R. (1995), “Determinants of risky decision making behavior: a test of the mediating role of risk perceptions and propensity”, in Academy of Management Journal, 38.

Tesluk, P.E., Farr, J.L., & Klein, S.R., (1997), “Influences of organizational culture and climate on individual creativity”, in The Journal of Creative Behavior, 31.

Volz, K. G., & Gigerenzer, G., (2012),” Cognitive processes in decisions under risk are not the same as in decisions under uncertainty”, in Frontiers in neuroscience, 6

Zuckerman, M., (2007), Sensation seeking and risky behavior. American Psychological Association.

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