Con Cannibalismo si intende l’atto di cibarsi della carne dei propri simili. Tra gli uomini è una pratica che può essere legata a ragioni, culturali così come a situazioni di estrema denutrizione, per non parlare poi dei casi legati alla malattia mentale dei singoli individui [cfr. Treccani]
Fin dall’Antico Testamento viene posta come un’usanza aberrante, una pratica depravata e terribile: «e mangerai la carne dei tuoi figli e delle tue figlie» [Levitico 26.29]. Questa, infatti, è una delle temibili pene che colpirà il popolo ebraico nel caso non si attenga alla legge della Torah. Sarebbe tuttavia un errore relegare l’atto cannibalico a un fantasma del passato: l’atto di uccidere e mangiare le carni di un altro essere umano sembrerebbe uno dei pochi tabù ancora profondamente radicati nel nostro animo. Difatti troviamo ancora tracce di usanze antropofaghe in molti angoli del globo quali Africa, Asia, America e Oceania [cfr. Volhard, 2011].
La pratica antropofaga è legata a forme e visioni della società ben precise che l’antropologia da sempre cerca di decifrare, come già descritto in un nostro precedente articolo, tuttavia nel presente articolo vorremo soffermarci su due diversi aspetti della questione cannibalica: da un lato quello puramente deviante e legato alla psicopatologia e dall’altro analizzare il cannibalismo dalla prospettiva del materialismo culturale.
Il cannibalismo deviante
É questo il caso di Armin Meiwes, passato agli onori della cronaca come “il cannibale di Rotenburg”. Meiwes crebbe sotto l’egida di una madre opprimente e soffocante che contribuì certamente nel formarne il carattere solitario e introverso [cfr. La Marca, Camerani]. Fin da piccolo la sua psiche venne stimolata da fantasie antropofaghe che rimasero tuttavia sopite fino al 1999, anno della morte della madre. Venuto meno lo stringente controllo materno Meiwes potè dare sfogo a tutte le sue pulsioni. Iniziò pertanto a cercare vittime da uccidere e mangiare su internet, tuttavia la maggior parte dei candidati giunti al momento fatidico della macellazione si tirarono indietro e Meiwes si limitò a lasciarli andare. Per lui, infatti, era assolutamente fondamentale che la vittima fosse pienamente consapevole e consenziente di modo da poter realizzare con essa la sua morbosa idea di amore culminante con l’introiezione del partner. Nel marzo del 2001 incontrò la vittima perfetta, Bernd Jurgen Brandes. Meiwes mutilò il pene di Brandes e lo servì al suo ospite, lasciando la vittima a dissanguarsi. Meiwes consumerà poi il resto delle sue carni nell’arco dei successivi mesi.
Quello che colpisce di tutta la vicenda è proprio il profondo legame che pare intercorrere tra cannibalismo, sessualità e amore, seppur in una forma deviata. Per i due protagonisti della vicenda, infatti, pare fosse fondamentale il fatto che mediante l’atto cannibalico avrebbero realizzato una vera e propria comunione di corpo e spirito per cui Brandes avrebbe vissuto per sempre all’interno di Meiwes [cfr. Mastronardi, De Luca, 2011]. D’altronde anche Issei Sagawa, che nel 1981 uccise e mangiò una sua compagna d’università, ha recentemente dichiarato che: «il cannibalismo è un atto supremo d’amore» [cfr. D’Emilia]. Emerge quindi all’interno di queste psiche fortemente deviate un perverso ideale d’amore. Un amore che può essere consumato ed esperito solo mediante il pasto cannibalico, un amore il cui vibrante imperativo è di fondersi nell’altro, quasi a prevenire un eventuale abbandono.
Cannibalismo e Materialismo Culturale
L’antropologo statunitense Marvin Harris, nell’opera “Cannibali e Re” [1977], approccia, tra gli altri, il tema del cannibalismo dalla prospettiva del materialismo culturale: un paradigma delle scienze etno-antropologiche che analizza i fatti sociali considerandoli come figli dei bisogni biologici degli individui. Harris analizza il cannibalismo nel contesto del Nuovo Mondo concentrandosi principalmente sulla Civiltà Azteca sebbene, come egli stesso specifica, questa non fu affatto la sola a dedicarsi all’antropofagia. Dagli Irochesi delle Grandi Praterie ai Tupinamba del Brasile era pratica diffusa sacrificare ritualmente vittime umane e nutrirsi di esse.
In genere, indipendentemente che si tratti di società statuali o pre-statuali, l’antropofagia e i sacrifici umani ad essa connessi si svolgevano sui prigionieri di guerra. Essendo le torture e le brutalità di ogni genere parte di ogni conflitto armato Harris ricerca la loro spiegazione all’interno dell’economia bellica. Ad esempio, il fatto che un popolo catturi prigionieri non è affatto scontato come potrebbe sembrare: tale capacità, infatti, è direttamente connessa al possesso delle abilità atte a trionfare in altri ipotetici scontri sulla via del ritorno durante il trasporto dei prigionieri. Ad ogni modo, una volta che i prigionieri sono portati al villaggio, la tortura ha un suo ben preciso ruolo: essa infatti permette sia di mostrare ai guerrieri quello che subirebbero se cadessero nelle mani nemiche, sia di impratichire le nuove leve nell’esercizio della violenza e dell’efferatezza.
Tuttavia, queste sono riflessioni che si possono applicare a qualunque popolazione indipendentemente dalla localizzazione geografica. Infatti ciò che per Harris distingue specificatamente il Vecchio Mondo dal Nuovo Mondo è che, se nel primo la nascita delle forme statuali e delle religioni organizzate ha contribuito nel far del cannibalismo un tabù, nel Nuovo Mondo invece sembrano essere proprio gli stessi dei ad incoraggiare il consumo di carne. Nel caso degli Aztechi, ad esempio, sembra che i loro altari reclamassero costantemente sangue e cuori umani. Per Harris le stesse guerre costanti che hanno caratterizzato questa civiltà erano probabilmente funzionali alla conquista di un numero adeguato di prigionieri da sacrificare. I sacrifici umani venivano praticati quotidianamente, per non parlare poi delle narrazioni riguardanti alcune celebrazioni nelle quali sembra che le vittime venissero immolate a centinaia . Ma cosa accadeva alla moltitudine di corpi che ogni giorno venivano gettati dalle piramidi presso cui si svolgevano i sacrifici umani? Questi subivano una vera e propria macellazione paragonabile a quella che viene praticata al giorno d’oggi sugli animali d’allevamento. Ed è proprio in questa pratica che Harris trova il motivo della radicata tendenza antropofaga del continente americano: secoli di produzione intensiva e crescita demografica esponenziale avevano portato ad un esaurimento dell’ecosistema al punto tale che, la carne umana, era diventata un efficace soluzione in termini di costi benefici al fine di reperire proteine animali. Chiaramente i sacrifici umani non erano in grado di soddisfare il fabbisogno proteico di una popolazione così vasta, tuttavia, l’élite si premurava di distribuire la carne umana presso nobili e soldati in modo da bilanciare i deficit del ciclo agricolo. Così, i capi, da questa redistribuzione dei corpi immolati riuscivano ad avere un pieno controllo sulla popolazione a mantenere una leadership salda [cfr. Harris, 2015].
Indipendentemente che lo interpretiamo come legato a una precisa visione culturale o come una risposta adattiva all’ambiente nella pratica cannibalica tendiamo a vedere qualcosa di profondamente animalesco che fa vacillare tutte le nostre certezze circa una presunta razionalità umana e che ci relega a una condizione di bestie incapaci di una convivenza civile. Sembra tuttavia evidente che voler ridurre una pratica così complessa e densa di significati, se non altro per chi la pratica, a un mero sintomo di barbarie o follia ne svilisce la vasta e multiforme sfera di significati, allontanandoci ulteriormente dalla possibilità di comprendere un fenomeno così complesso.
Daniele Baracetti
Bibliografia
Harris, M., (2015), Cannibali e re, Feltrinelli, Milano
La Sacra Bibbia, CEI, Antoniana s.p.a., Padova
Mastronardi V.M., De Luca R., (2011), I Serial Killers, Newton Compton Editori, Roma
Sitografia
La Marca, M., Camerani, C., Biografia Criminale di Armin Meiwes : http://www.cepic-psicologia.it/contributi/
“Cannibalismo” in Enciclopedia Treccani: https://www.treccani.it
Il caso Meiws: https://www.leggo.it/news/esteri/il_cannibale_evir_cucin_pene_di_un_uomo_d_accordo_mangiammo_insieme-1542463.html
Issei Sagawa sull’ amore in: https://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/09/tokyo-cannibale-parigi-30-anni-dopo-mangiare-ami-atto-supremo-damore/1573657/