Dieci passi verso il cambiamento che desideri

“Credere in te stesso non ti garantisce un successo sicuro. Ma non credere in te stesso produce senza dubbio un insuccesso” – A. Bandura

Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo desiderato modificare una situazione, un comportamento o un’abitudine. Potremmo aver potuto desiderare, per esempio, un miglioramento nella relazione di coppia, nella professione, oppure potremmo aver avuto bisogno di abbandonare alcune abitudini nocive per adottare uno stile di vita più sano. A volte sentiamo l’esigenza di apportare un cambiamento stravolgente nella nostra vita, altre volte invece, abbiamo semplicemente il desiderio di migliorare qualcosa.

Spesso capita che, nonostante ci rendiamo conto che siamo insoddisfatti/e, o addirittura frustrati/e nel vivere alcune situazioni, nonostante abbiamo un forte desiderio di cambiamento, non riusciamo ad ottenerlo. Perché? 

Per cambiare non è sufficiente il solo desiderio

Un cambiamento autentico richiede motivazione, intesa come volontà di agire, la quale a sua volta presuppone consapevolezza, ossia la capacità di comprendere la condizione in cui ci troviamo. Il Modello Transteorico del Cambiamento di Prochaska e Di Clemente (1982), considerato come uno dei modelli più utilizzati nella prevenzione e promozione della salute, ha il pregio di considerare il cambiamento un processo circolare, spinto dalla consapevolezza e dalla motivazione (Ragazzoni et al., 2014).

Il modello è costruito su tre dimensioni:

  1. Gli stadi del cambiamento: fasi temporali in cui si valuta progressivamente il rinnovamento;
  2. I processi del cambiamento: dimensione che prevede l’uso di strategie per mettere in atto il miglioramento;
  3. I fattori psicologici: determinano il passaggio da uno stadio a quello successivo.

Gli stadi del cambiamento

Secondo Prochaska e Di Clemente (1982), il cambiamento avverrebbe per stadi, ci sarebbe una prima fase di pre-contemplazione, in cui non abbiamo ancora iniziato ad avvertire la necessità di un cambiamento. Non siamo consapevoli del nostro bisogno o di avere un comportamento da modificare perché potrebbe essere per noi disfunzionale. 

Nel secondo stadio di contemplazione iniziamo a prendere in considerazione l’idea di modificare qualche nostro comportamento. Diventiamo consapevoli di vantaggi e svantaggi di un eventuale cambiamento. Vi è poi una fase di determinazione in cui decidiamo di effettuare il cambiamento e di modificare un nostro comportamento. Iniziamo a pianificare le modalità con cui affronteremo tale cambiamento. 

Al quarto stadio mettiamo in atto una serie di attività, nel tentativo di modificare un comportamento, un pensiero o un’abitudine, attuando il cambiamento. Chiaramente, in   questa fase, dobbiamo tenere conto anche degli insuccessi e dei tentativi falliti, le azioni non andate a buon fine. A seguito dello stadio di azione, troviamo una fase di mantenimento in cui ci impegniamo per mantenere stabile il cambiamento che abbiamo apportato nella nostra vita, nei nostri pensieri, nei nostri comportamenti o nelle nostre abitudini. In questa fase Le vecchie abitudini smettono di riproporsi con forza. Tuttavia, dopo aver ottenuto i primi risultati, il rischio è quello di adagiarsi e il pericolo è quello di tornare ai vecchi schemi.

Ricadute:

In ciascuna delle fasi del ciclo del cambiamento, c’è la possibilità di compiere errori e ricadere nelle abitudini del passato. Anche questo fa parte del ciclo del cambiamento. Le ricadute sono normali, non dobbiamo criticarci per questo, ma viverle come un’occasione di apprendimento. Se c’è stata una ricaduta durante il percorso, questo non significa che dovremo ricominciare tutto da capo, ma semplicemente che, prima di proseguire nel nostro percorso di cambiamento dobbiamo ancora imparare qualcosa dai nostri errori. Secondo Prochaska (1982) e collaboratori il cambiamento è una ruota che viene percorsa varie volte prima di poter arrivare a una conclusione positiva. 

Le ricadute sono parte integrante del processo di cambiamento. Solo il 5% delle persone impegnate nell’eliminazione di un comportamento disfunzionale ci riesce al primo tentativo. Tutte le altre percorrono più volte tutta la ruota del cambiamento mediamente almeno 3-4 volte (Prochaska et al., 1995). È importante essere consapevoli di questo per evitare sentimenti di autocritica, senso di colpa o vergogna a seguito di ricadute (Prochaska et al., 2005). Quando il cambiamento è ormai avvenuto. Agiamo e pensiamo in modo nuovo, abbiamo riconosciuto e sostituito i comportamenti nocivi messi in atto nel passato. 

I processi: 10 passi verso il cambiamento

Prochaska e Di Clemente (1982) hanno identificato dieci differenti processi di cambiamento divisi in cinque strategie cognitive esperienziali (modi di pensare) e cinque strategie comportamentali (modi di agire) che ci permettono di progredire da una fase all’altra. Vediamoli nel dettaglio:

  1. Aumentare la consapevolezza: ci si rende conto di avere un problema e che si potrebbero ottenere dei benefici apportando un cambiamento. Es. “mia moglie vorrebbe che smettessi di fumare” penso a tutte le informazioni che riguardano il fumo e ai benefici di un eventuale cambiamento.
  2. Attivare le emozioni: si sperimentano e analizzano le reazioni emotive che ci governano, di fronte alle informazioni che abbiamo sul “comportamento problema”. Es. riflessione sulle campagne antifumo.
  3. Ridefinire la nostra immagine: si considera il grado in cui i nostri valori sono in accordo con la situazione che stiamo vivendo e quanto lo sarebbero se affrontassimo un cambiamento. Es. “mi sento disgustato di me quando fumo troppo” “mi sono sentito soddisfatto di me, quel giorno in cui non ho fumato”.
  4. Rivalutare l’ambiente: si valutano gli effetti che un eventuale cambiamento potrebbero avere sulle persone che ci circondano. Es. se modificando un comportamento posso essere un modello positivo o negativo per le altre persone.
  5. Liberarsi dell’influenza sociale: si analizzano le norme sociali che possono sostenere il cambiamento (Ragazzoni et al., 2014).
  6. Autoliberazione: si accettano le responsabilità del cambiamento e ci si impegna pubblicamente.
  7. Controllo dello stimolo: si controllano tutti gli stimoli che potrebbero provocare il comportamento che si vuole modificare. Es. evito di bere il caffè perché di solito, dopo averlo bevuto, accendo una sigaretta.
  8. Controcondizionamento: vengono sostituiti i comportamenti da modificare con altri comportamenti più salutari. Es. dopo il caffè vado a fare una corsa al parco al posto di fumare la sigaretta.
  9. Rinforzo: ci si gratifica con un rinforzo positivo dopo il comportamento modificato.
  10. Relazioni di aiuto: si ricerca supporto per modificare il comportamento (Ragazzoni et al., 2014)

I Fattori Psicologici

L’ultima dimensione del modello di Prochaska e Di Clemente (1982), infine, riguarda i fattori psicologici che determinano il passaggio da uno stadio a quello successivo. Tali fattori sono:

  1. Senso di autoefficacia: si riferisce alla  fiducia che abbiamo nelle nostre capacità di trovare strategie, con cui affrontare le situazioni. Il senso di autoefficacia influenza la valutazione che facciamo di noi stessi e definisce quindi anche la nostra autostima, ma con una differenza: Il senso di autoefficacia riguarda il giudizio delle nostre capacità personali, mentre l’autostima riguarda il giudizio del valore personale (Bandura 1977).
  2. Locus of control: Chi ha un locus of control interno è propenso a credere di poter avere un controllo sugli eventi della vita, attribuendo a sé stessi la riuscita o meno di compiti o obiettivi (es. “Non ho passato l’esame perché non ho studiato abbastanza), “se il risultato dipende da me, posso agire per modificarlo” (Rotter 1966). Mentre chi ha un locus of control esterno è portato a pensare che gli eventi della vita lo travolgano e che non ha controllo su di essi, ma soprattutto tende ad attribuire a fonti esterne il risultato di determinate azioni (es: Non ho passato l’esame perché il Professore era nervoso). 
  3. Bilancia decisionale: Tecnica con cui si valutano gli aspetti positivi e gli aspetti negativi del cambiamento che si desidera effettuare (Velicer et al., 1985).

Come visto, sono molti i fattori che ci spingono ad affrontare un cambiamento. La consapevolezza e la motivazione sono elementi fondamentali. Per mantenere poi stabile il cambiamento è necessario mettere in atto delle strategie cognitive e comportamentali. E’ bene essere consapevoli che una ricaduta alle vecchie abitudini è parte integrante della ruota del cambiamento e non deve essere vissuta come un fallimento, ma come un momento di apprendimento per poterci impegnare maggiormente verso il miglioramento. 

Barbara MarinoBarbara Marino

Info

 

 

 

Bibliografia

Bandura, A. (1977). Self-efficacy: Toward an unifying theory of behavioural change. Psychological Review, 84

Prochaska, J.O., DiClemente, C.C. (1982). Transtheoretical Therapy: Toward a More Integrative Model of Change. American Journal of Health Promotion, 12(1)

Prochaska, J. O., Norcross, J. C., e DiClemente, C. (1995). Changing for good. New York: Avon Books.

Prochaska, J.O., Norcross, J.C., e DiClemente, C. (2005). Stages of change: Prescriptive guidelines. In Koocher, G.P., Norcross, J.C. & Hill, S.S. (Ed.), Psychologists’ desk reference. New York: Oxford University Press.

Ragazzoni, P., Di Pilato, M., Longo, R., Scarponi, S. e Tortone, C. (cur.). (2014). Gli stadi del cambiamento: storia, teoria ed applicazioni. Modello transteorico di DiClemente e Prochaska. Torino: Regione Piemonte – ASS alla tutela della Salute e della Sanità. Quaderni del Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute. II edizione 2014.

Rotter, J. B. (1966). Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement. Psychological Monographs: General and Applied, 80(1)

Velicer, W. F., DiClemente, C. C., Prochaska, J. O., e Brandenburg, N. (1985). Decisional balance measure for assessing and predicting smoking status. Journal of Personality and Social Psychology, 48(5)

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