In un mondo sempre più globalizzato e iperconnesso non è affatto scomparsa o superata la contrapposizione oppressori-oppressi evidenziata dal celebre pedagogista brasiliano Paulo Freire, al contrario, in alcuni casi sembrerebbe essersi accentuata. Per questo motivo, oggi, alle prese con la Pandemia da Covid-19, l’educazione – vista come modalità privilegiata per raggiungere il fine dello sviluppo della coscienza critica – assume un carattere di necessità.
Abbiamo bisogno di educarci per liberarci, e l’educatore professionale ed il pedagogista possono ricoprire un ruolo fondamentale in questo. Con chi farlo? Come e con quali modalità?
Oppressori e oppressi del XXI secolo
Come sostenuto da Goffredo Fofi (Freire, 2017) e Piergiorgio Reggio (2017), se ci si sofferma a riflettere sulla società si dovrebbe riuscire a comprendere chi sia al potere e quali modalità oppressive utilizzi; ciò che però è cambiato – rispetto alla prima versione della Pedagogia degli oppressi – sono le forme di oppressione, divenute più sofisticate, nonché il volto degli stessi oppressi.
Come non pensare ai profughi della c.d. Rotta balcanica, ai migranti africani, agli sfruttati del caporalato o della prostituzione. Come non rivolgere uno sguardo ai disoccupati, a chi non possiede i mezzi (economici, sociali, culturali, digitali o altro) per poter avanzare nell’istruzione e nel lavoro. Questi sono solo alcuni esempi dei nuovi oppressi e difatti, nella realtà, lo siamo un po’ tutti: subiamo i modelli imposti dal potere e, perfino li introiettiamo (Fofi in Freire, 2017). Dunque, come prenderne coscienza?
Leadership rivoluzionaria: una Guida nel processo di coscientizzazione
Il processo di apprendimento problematizzante – dice Daniele Novara – prevede la rilevazione e l’analisi delle situazioni e dei problemi individuali e sociali vissuti e la conseguente ricerca di soluzioni, nell’ottica non solo di comprensione ma anche di azione trasformativa (della realtà e di sé stessi). Da questo lavoro – che coinvolge parallelamente sia gli educatori che i partecipanti – deriva una presa di coscienza, la cosiddetta coscientizzazione.
In alcune situazioni può essere necessario costituire quella che, nella terminologia freireiana, viene definita Leadership rivoluzionaria. Questa guida è incarnata da uomini e donne facenti parte delle classi sociali dominanti che, ad esempio, potrebbero appartenere alla classe dirigenziale oppure alle famiglie di impiegati o con “pensionati d’argento” . In un dato momento della loro esperienza esistenziale, con un atto di vera solidarietà, rinunciano alla propria classe per dare adesione alla classe degli oppressi. Questo assenso comporta un atto di amore e diviene un impegno reale, da vivere con loro.
Tra gli esempi preziosi di Leadership rivoluzionaria di questi ultimi anni, non verranno citati educatori – pedagogisti propriamente detti, ma personalità il cui lavoro ha sicuramente una valenza educativa e pedagogica. Tra questi possiamo parlare di Theresa Kachindamoto che, nel suo Malawi, cerca di contrastare i matrimoni con spose bambine, per dar loro l’opportunità di proseguire gli studi ed essere autonome e indipendenti rispetto alla cultura del patriarcato; Vittorio Arrigoni, il quale attraverso il suo Blog Guerrilla Radio e le sue numerose epistole ha raccontato il conflitto israelo-palestinese ed è morto per aver abbracciato, con tutto sé stesso, la causa della Palestina e del suo popolo; possiamo citare l’operato del giovane Nicolò Govoni e della sua associazione Still I Rise la cui mission è quella di offrire spazi di educazione ed istruzione, attraverso la creazione di “Scuole di emergenza” in paesi come Siria e Grecia, o Scuole internazionali come quella del Kenya. Loro, così come molti altri, hanno messo da parte la loro classe, i propri privilegi e si son messi a disposizione dell’umano dimenticato, sfruttato, represso.
In che modo si può favorire l’avvio del percorso di liberazione e sostenere l’altro nel processo di coscientizzazione?
Per favorire lo svelamento e dunque far emergere una profonda presa di coscienza, in primis sarebbe necessario abbandonare i postulati classici della relazione educatore – educando: «se l’educatore è colui che sa, se gli educandi sono coloro che non sanno, spetta a lui dare, consegnare, trasmettere il suo sapere a loro. Sapere che non è “esperienza fatta”, ma esperienza narrata o trasmessa» (Freire, 2011:60). Questa educazione depositaria minimizza il potere creatore degli educandi e soddisfa gli interessi degli oppressori, che si «ripromettono di trasformare la mentalità degli oppressi e non la situazione che li opprime» (Ivi).
L’educatore professionale ed il pedagogista possono e devono assistere gli oppressi nella comprensione dei loro diritti e dell’indispensabilità della lotta per il loro ottenimento: supportare la cognizione ma allo stesso tempo lottare con loro. «Insieme vuol dire non solo la comunità degli oppressi, ma quella tra educatori e educandi. Un procedere comune […]: ci si educa insieme (e si vince o si perde insieme)» (Fofi, in Freire, 2017:13).
Ne risulta che per un’educazione concepita come pratica della libertà, sia indispensabile l’utilizzo di strumenti che permettano l’abbandono dell’assioma relazionale di cui sopra. A questo proposito, il dialogo si presenta come strumento operativo necessario e utile per il raggiungimento delle suddette finalità educative. In questa educazione autentica, A (professionista) con B (educando) in un continuo dialogo, definiscono i contenuti da rilevare e analizzare e attraverso la mediazione del mondo (Freire, 2011, p.84), cioè la piena accettazione dell’altro e della sua visione e conoscenza della realtà, definiscono le azioni trasformative da mettere in atto.
Queste poche esemplificazioni e riferimenti metodologici divengono fondamentali per lanciare un monito: qualsiasi sia il contesto di azione, ogni qualvolta ci si ritrovi in presenza di condizioni di ineguaglianza, ingiustizia, repressione e/o oppressione, di qualsiasi natura esse siano, facciamoci promotori di una pedagogia liberatrice, diveniamo quei leader solidali, propugnatori di riflessione, azione e umanizzazzione. “Stay human”, direbbe Arrigoni.
Isabella Gramai
Bibliografia
Beretta Arrigoni E., Il viaggio di Vittorio, 2012, Baldini e Castoldi
Freire P., La pedagogia degli oppressi, 2011, Edizioni gruppo Abele
Freire P., Le virtù dell’educatore, 2017, EDB
Freire P., L’educazione come pratica della libertà, 1973, Oscar Saggi Mondadori
Reggio P., Reinventare Freire- Lavorare nel sociale con i temi generatori, 2017, FrancoAngeli
Tagliavia A., L’eredità di Paulo Freire, 2011, EMI
Sitografia
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/theresa-riporta-a-scuolale-spose-bambine
https://vittorioarrigoni.wordpress.com/
https://www.fondazionevikutopia.org/
https://www.stillirisengo.org/
https://www.istat.it/it/files//2018/02/GruppiSociali-nota.pdf