“Appena un secolo fa […] Quasi sempre l’opinione delle folle non era tenuta in considerazione. Oggi, le politiche tradizionali, le tendenze individuali dei governanti, le loro rivalità pesano poco. La voce delle folle è diventata preponderante” – Gustave Le Bon
Le parole sopra citate risalgono al lontano 1895, quando Gustave Le Bon pubblicò il famosissimo testo Psicologia delle folle, divenuto presto un volume irrinunciabile soprattutto tra personaggi quali Hitler, Stalin e Mussolini. Allo stesso tempo, però, risultò essere un libro molto stimolante anche per il padre della psicanalisi Sigmund Freud che, nel 1921, sviluppò la sua riflessione sulla psicologia delle masse nel saggio Massenpsychologie und Ich-Analyse. In quest’opera Freud s’interrogò sulla seguente questione: «Che cos’è dunque una massa, in che modo essa acquista la capacità di influire in misura così determinante sulla vita psichica del singolo e in che cosa consiste la modificazione psichica che essa impone?» [Freud, 2011:194]
Freud individua la presenza di due tipologie di masse: la prima, nella quale rientra la descrizione di folla di Le Bon, è di breve durata, composta da individui differenti tra loro riuniti affrettatamente a causa di un interesse transitorio. La seconda, invece, riguarda «associazioni stabili entro cui gli uomini trascorrono la loro vita e che si incarnano nelle istituzioni della società» [ivi, p.204], come nel caso della Chiesa o dell’esercito. Per Freud, al di là delle differenze, entrambe le tipologie sono accomunate da un unico elemento che lo porta a descrivere la massa come una connessione sociale tra individui, incentrata su legami emotivi.
Folle di passaggio
Oggi, così come nella storia dell’umanità, vi è un continuo nascere, ma soprattutto svanire di folle perché, come insegna Le Bon, «il tempo agisce, prodigandosi in quell’opera di distruzione a cui nessuno sfugge: né divinità, né uomini» [Le Bon, 2013:156]. Il corso del tempo, infatti, ha mostrato come gli individui appartenenti alle diverse tipologie di folle, prima o poi, «chiederanno di essere guidati nei loro più piccoli atti e lo Stato eserciterà la sua influenza volta ad assorbirli» [ivi, p.157].
Il comportamento effimero di queste folle rispecchia quanto descritto da Victor Turner [1972] su ciò che ha chiamato communitas, ovvero dei gruppi sociali organizzati in antitesi con le forme gerarchizzate delle società. Questo carattere anti-strutturale prende vita sotto forma di un impetuoso slancio iniziale che, tuttavia, tende ad affievolirsi col tempo per poi (ri)conformarsi alla struttura sociale [ibidem]. Gruppi quali hippies, movimenti millenaristici, così come alcuni movimenti antipolitici della storia recente italiana hanno condiviso tutti il medesimo percorso: agli occhi dei diversi spettatori, proprio come stelle cadenti, hanno squarciato lo spazio sociale con la loro energia, per poi svanire o fissarsi in una struttura inizialmente osteggiata.
Orde con un capo
Se le folle hanno una durata transitoria, le masse come quelle religiose e l’esercito presentano una lunga durata. Questa differenza è dovuta, secondo Freud [2011], al fatto che le masse salvaguardano la propria dissoluzione e i propri ideali servendosi di artifici, cioè forme di coercizione esterne. Infatti, basti pensare a come i tentativi di uscirne possano essere osteggiati tramite punizioni o vincolati a condizioni ben definite per osservare queste forme di resistenza allo sgretolamento. A questo va ad aggiungersi quella «medesima illusione, in base alla quale esiste un capo supremo […] che ama di amore uguale tutti i singoli componenti della massa» [ivi, p.215]. Grazie a questa illusione «ogni singolo individuo è libidicamente legato da un lato al capo (il Cristo, il comandante supremo), dall’altra agli altri componenti la massa» [ivi, p.216].
Le masse descritte da Freud, a differenza delle folle, sono in grado di resistere alla corrosione del tempo proprio grazie a questa duplice identificazione. Infatti, ciò che anima una massa è il fatto che un certo numero di individui condividono il medesimo affetto ed ammirazione per un capo (o un ideale). Nel fare ciò, ciascun singolo si spoglia della propria individualità e del proprio modo d’essere personale, per proiettare il proprio ideale dell’Io sulla figura del leader. Ad esempio, la vittoria di Trump nelle elezioni del 2017 può essere letta proprio in questa chiave freudiana. Infatti, Donald Trump incarnava quegli ideali dell’American Dream diffusi tra gli elettori statunitensi: «Due pilastri di questo mito fondativo sono il modello del self-made man e l’idea di “frontiera” intesa come sfida; […] il self-made man è colui che si costruisce attraverso una sfida e punta a raggiungere una meta, una “frontiera”» [Scarduelli, 2011:63].
Massa, folla, communitas: un bilancio
Come insegna Victor Turner, «la società (societas) sembra più un processo che una cosa – un processo dialettico con fasi successive di struttura e communitas. Sembrerebbe esserci un ‘bisogno’ umano […] di partecipare a entrambe le modalità» [Turner, 1972:216]. Questo “bisogno umano” è stato evidenziato da Freud come la ricerca di appartenere ad un gruppo nel quale acquisire un senso sia di appartenenza, che di invincibilità. La pulsione gregaria è una componente cruciale per la nostra specie, la quale ci ha permesso di sopravvivere almeno sin qui. Tuttavia, come Le Bon e Freud hanno messo in luce, all’interno della massa avviene una regressione dell’attività psichica: «La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile. [… Essa] non conosce quindi né dubbi né certezze. Corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente di odio feroce» [Freud, 2011:198].
Se è vero che le masse e le folle sono capaci di azioni riprovevoli, è altrettanto vero che in alcuni casi hanno portato a creazioni importanti proprio per il fatto che il comportamento etico può essere superiore (come inferiore) rispetto all’individuo isolato. Il rischio di smarrimento di sé c’è e ci sarà sempre fino a quando prenderanno vita queste aggregazioni sociali. Oggi, sulla base degli avvenimenti della storia più o meno recente, non ci resta che interrogarci se il prezzo di questa perdita individuale porti ad impatti effimeri o nocivi, oppure a risultati positivi e duraturi per le società.
Riccardo Montanari
Bibliografia
Freud, S., Psicologia delle masse e analisi dell’Io, Bollati Boringhieri, Torino 2011.
Le Bon, G., Psicologia delle folle, Edizioni Clandestine, Massa, 2013.
Scarduelli, P., I riti del potere, Carocci editore, Roma, 2014.
Turner, V., Il processo rituale. Struttura e antistruttura, Morcellania, Brescia, 1972.