Con il termine disabilità solitamente ci si riferisce alla disfunzionalità che un danno neuro-fisiologico (non eliminabile) produce nelle differenti aree dello sviluppo (Goussot, 2011). In molte condizioni di gravità vi è però un’associazione di più disabilità, tanto da definire tali situazioni con il termine ombrello di “disabilità complesse”.
Esse si caratterizzano sia per la complessità di diagnosi (non è facile comprendere se i sintomi psicopatologici siano espressione di disturbi psichiatrici o il risultato delle alterazioni neurobiologiche) sia per la molteplicità dei settori deficitari: cognitivo, comportamentale, comunicativo, affettivo-relazionale, della personalità e dell’autonomia (de Nicola, 2011), aspetti che andranno tutti osservati ed, eventualmente, saranno oggetto di intervento. Dunque, che fare? Come agire?
Definire il ruolo educativo
Partiamo dal presupposto che la persona con disabilità non ha solo bisogno di soddisfare i c.d. bisogni fondamentali ma ha anche la necessità di appagare i propri sentimenti, affetti, passioni, desideri ecc. Per fare questo l’individuo deve poter sperimentare sé stesso nel vasto mondo socio-relazionale, senza cui sarebbe difficile apprendere l’auto-controllo e si correrebbe il rischio di permanere in una perpetua condizione di dipendenza e infantilismo.
E’ proprio qui che si inseriscono gli educatori e le educatrici, «operatori della mediazione che costruiscono condizioni di sperimentazione, di crescita, di vita reale, di apprendimento globale attraverso esperienze di vita sociale. L’educatore in collaborazione con i suoi colleghi proietta il più possibile la persona con disabilità verso il mondo fuori, tiene conto delle specifiche caratteristiche di ognuno: vi è chi potrà sperimentare la vita sociale e lavorativa, chi la scuola, chi soltanto alcuni momenti di vita associativa, chi alcuni momenti di contatto con il mondo» (Goussot, 2011:83).
Insomma, i progetti vanno costruiti tenendo conto del principio pedagogico fondamentale: a ciascuno secondo i propri bisogni e le proprie capacità. Senza questo aspetto fondamentale non esiste né un progetto di vita, né l’accompagnamento al recupero del desiderio di vivere ma soprattutto non vi è valorizzazione della persona in quanto tale. Una volta che, come professionisti, abbiamo ben chiara questa nostra parte, bisogna attivarsi affinché si arrivi alla creazione di un intervento educativo – pedagogico mirato. In che modo?
L’osservazione indiretta e diretta, il diario e le storie di vita
L’osservazione indiretta è la raccolta di dati attraverso colloqui e interviste con genitori, familiari e tutti coloro che a vario titolo hanno a che fare con la persona con disabilità; l’osservazione diretta invece può essere strutturata (e quindi legata all’utilizzo di strumenti di raccolta dati quali, ad esempio, delle check list) oppure non strutturata (naturalistica) (Santrock, 2012; Pontis, 2020).
Prima di predisporre un programma di intervento è bene dunque acquisire informazioni sulla persona e osservarla direttamente, sia negli ambiti di vita quotidiana sia in ambito scolastico, extrascolastico o in un setting predisposto ad hoc, soffermandosi su cosa fa e come lo fa. L’obiettivo principale, così come scrive Pontis, «è raccogliere dati sulle sue motivazioni, sulle abilità acquisite ed emergenti e sulle sue maggiori difficoltà. Fase importantissima è anche quella di individuare il tipo di aiuti di cui ha bisogno» (2019:29). Buona prassi è quella di annotare quanto si osserva, quindi tenere una sorta di “diario di bordo” che permetta di avere davanti agli occhi tutto ciò che avviene ogni qualvolta ci sia un incontro operatore – utente.
Saper descrivere i casi, le storie, le persone con le quali si lavora, nonché le attività proposte e le risposte che ci vengono date, è importante perché permette di cogliere i bisogni, le tendenze, le caratteristiche e gli sviluppi e, in generale, aiuta a cogliere la dinamicità della storia stessa, ci permette di utilizzarla come promemoria dei progressi che vengono fatti e soprattutto diviene ulteriore punto di partenza per nuove proposte operative.
Una volta che si sono fatte tutte le osservazioni necessarie e son stati rilevati i bisogni del soggetto, sarà essenziale identificare gli obiettivi primari che tracceranno le linee dell’intervento educativo-pedagogico. Talvolta può essere utile descrivere non solo l’obiettivo finale (cioè dove si vuole arrivare) ma anche definire e pianificare gli obiettivi procedurali (ossia descrivere in che modo arrivare al fine).
Questa strategia di lavoro è anche il punto di partenza di un recente libro di Marco Pontis, Le checklist per l’autonomia (2020), in cui vengono proposti numerosi esempi di scomposizione di un compito, in questo caso connessi all’acquisizione di abilità di autonomia come apparecchiare la tavola, farsi la doccia, lavarsi i denti, preparare un panino, fino ad arrivare a compiti più complessi come andare a fare la spesa o prelevare al bancomat. Secondo l’autore infatti, identificare e organizzare in sequenza le singole azioni necessarie all’esecuzione efficace ed efficiente di un compito ne facilita l’apprendimento da parte della persona con disabilità.
Tanti piccoli passi portano lontano
«Spesso di fronte agli enormi problemi che la condizione di disabilità impone, ci dimentichiamo che la vita, la vera vita, non si fonda nel raggiungimento delle più elevate vette dello scibile umano, ma nelle semplici acquisizioni che rendono l’esistenza più agevole e meno dipendente dalle cose e dalle altre persone» (d’Alonzo, 2017:177), dunque non pensiamo di poter fare miracoli ma pensiamo al concreto e a tutti i piccoli passaggi e apprendimenti, seppur minimi, che sommati permetteranno alla persona con disabilità di raggiungere uno dei più grandi obiettivi dell’esistenza: l’autonomia e, più in generale, l’autodeterminazione.
Isabella Gramai
Bibliografia
D’Alonzo L., Disabilità e potenziale educativo, 2017, ELS LA SCUOLA
Fioriti F., Costruire l’indipendenza – Strumenti di facilitazione visiva nelle Residenze per disabili, 2007, Vannini Editrice
Goussot A. (a cura), Le disabilità complesse – Sofferenza psichica, presa in carico e relazione di cura, 2011, Maggioli Editore
Pontis M., Le checklist per l’autonomia – Materiali per valutare e insegnare le abilità di autonomia nelle disabilità complesse, 2020, Erickson
Sands D., Doll B., Pianificare obiettivi e prendere decisioni – Percorsi educativi per bambini con disabilità dello sviluppo, 2005, Vannini editrice
Santrock J. W., Psicologia dello sviluppo, 2012, McGraw-Hill
Sitografia