Il turismo è sempre stato un tema molto discusso in diverse discipline. Il termine è ampio e molto diversificati appaiono i suoi contenuti. Anche l’antropologia si è interessata delle tematiche inerenti al turismo, riflettendo sulla sua nascita, e sull’evoluzione che ha avuto negli anni, fino ad indagare il concetto del tempo libero.
«La connessione tra turismo e cultura è un tratto specificamente europeo, dal Grand Tour settecentesco, legato rispettivamente alla formazione intellettuale alla contemplazione degli scenari rurali e urbani. Le città d’arte rinascimentali e il circuito museo-cattedrale costituirono un forte polo attrattivo negli stati nazionali ottocenteschi, rispetto cui il museo rappresentava il simbolo della sovranità politica e l’emblema di un’arte universale di contro alla cultura bassa o popolare e alla commercializzazione del tempo libero di massa del secondo periodo postbellico» [Simonicca 2015:173-174].
Una delle teorie in antropologia più condivise è quella di MacCannell del 1976, che individua nel turismo la struttura fondamentale della modernità, visto come una rete sociale che permette all’attuale viaggiatore a cercare in luoghi lontani ed esotici l’autenticità, luoghi che a loro volta sono costruiti in maniere intenzionalmente artefatta a favore dei visitatori da parte dei residenti [cfr. MacCannel, 1976]. In un’intervista etnografica[1] è emerso poi come i lavori che furono effettuati negli anni Novanta sulla via francese, ovvero quella via che collega Saint-Jean-Pied-de-Port a Santiago de Compostela, siano stati notevoli e consistenti: apertura di attività come bar o ristoranti, apertura di strutture che ospitano pellegrini per dormire, ristrutturazione di monumenti, di chiese, di basiliche e così via.
Turismo Culturale ed Etnico
Queste linee guida possono aiutare a rendere conto della complessità del turismo moderno contemporaneo, lo stesso Simonicca, nella sua opera, entra in profondità nel concetto di turismo, riflettendo sulla divisione che al suo interno si è venuta a creare, e le categorie che ne sono nate. Una delle divisioni che è emersa è quella tra “turismo culturale” e “turismo etnico”. Il primo è quell’attività che coinvolge il visitatore in maniera attiva e può essere inteso come quel settore che si caratterizza per interessi essenzialmente culturali come viaggi di studio, feste, visite a siti monumentali, escursioni naturalistiche, folklore, arte o pellegrinaggi. Differente è il turismo etnico, che si determina per il desiderio di incontrare popoli e promuovere quell’idea che i musei e i centri culturali non possono sostituire il diretto contatto con l’essere umano [cfr. Simonicca, 2015].
Ma forse è proprio di fronte al “turismo culturale” che possiamo cogliere un aspetto del turismo religioso? Sicuramente è un fenomeno complesso e articolato, e forse esiste anche un collegamento con il viaggio turistico, nel quale si evidenzia in modo eminente la caratterizzazione “religiosa”. Secondo Carlo Mazza, le origini del turismo religioso possono essere rintracciate sia nella forma turistica, sia all’interno dei pellegrinaggi. E in questo senso è interessante la domanda su che cos’è il turismo religioso quando ci troviamo davanti al Giubileo?
Il Turismo Religioso
Secondo Mazza, in un articolo intitolato Turismo religioso e modernità, pubblicato nel febbraio del 2019, il turismo religioso è generato dalla concorrenza di diversi fattori ed è caratterizzato da motivazioni nelle quali prevale un’esigenza esistenziale a sfondo palesemente religioso. Nel suo dispiegarsi utilizza lo schema-modello base del turismo, ma lo reinventa creativamente con l’innesto dell’esperienza religiosa che ne trasforma la qualità, la finalità, i ritmi e lo stile di attuazione, inoltre il turismo religioso si differenzia e allo stesso tempo si integra con quella tipologia di turismo detta “culturale” [cfr. Mazza, 1993].
Per Simonicca, invece, il turismo religioso è un fenomeno particolare del viaggio moderno e può essere ricondotto ad una forma di attività mediana fra due o più turismi a interessi speciali (in specie culturale e educazionale). «A risultare centrali sono in particolare i livelli motivazionali, le finalità del viaggio e il contesto ideologico (dichiaratamente religioso) di appartenenza» [Simonicca, 1997:163]. Di conseguenza le società che il turista incontra sono radicate attorno a istituti, valori e miti di forte ascendenza religiosa, destinati ad entrare in crisi di fronte alla modernizzazione operata dal turismo. Non di rado, il grado di penetrazione del turismo in ambiti tradizionali si è misurato in termini di commercializzazione della cultura, e relativa perdita dell’autenticità. Infine, Simonicca afferma che il turismo religioso è quello dove i partecipanti sono motivati, in parte o esclusivamente, da ragioni religiose e intrattengono strette o parziali connessioni con le vacanze, oppure con i viaggi sociali, culturali, di gruppo e politici; può svolgersi su un lungo o breve corso, può avere delle prevalenze di sesso, età e di standard stagionali. Ma il punto di partenza rimarrà sempre la motivazione religiosa [cfr. Simonicca, 1997].
Proprio il pellegrino mosso da motivazioni religiose che rende il pellegrinaggio un turismo religioso, un turismo che comunque al suo interno sembrerebbe giochino fattori economici non indifferenti. Durante una ricerca etnografica[2] nel pellegrinaggio di San Benedetto, mi è capitato di fermarmi a Monteleone di Spoleto, parlando con il proprietario di un bar è emerso che il pellegrinaggio, nato solamente dieci anni prima, aveva portato un introito economico che ha permesso all’attività di non chiudere durante la pandemia, ma soprattutto di avere buoni incrementi nei periodi estivi dove il pellegrinaggio viene calpestato da molte più persone, permettendo così nei periodi invernali la sua costante apertura. Questo può essere uno dei tanti esempi di come un pellegrinaggio, o itinerario culturale, probabilmente porta alle piccole e grandi località benefici economici. Questo succede anche alle piccole medie imprese come: ristoranti, locali, alberghi, ma anche al comune, incrementando le visite nei musei, nelle cattedrali, e perché no, anche in diversi negozi di vendita di oggetti, vestiti e alimenti. Ed è proprio questo ultimo aspetto, ovvero la possibilità che il pellegrino possa usufruire di strutture come hotel, b&b, che si ristora in ristoranti di medio lusso, di visitare una mostra, un museo, nel paese o città in cui si è fermato, che hanno fatto nascere un aspetto del pellegrino che prima non veniva considerato: ovvero il Turigrino.
Il Turigrino
La parola turigrino è un gioco di parole tra pellegrino e turista, è un termine che viene utilizzato molto in spagna, ma che non è ancora accettato dalla RAE: Real Academia Espanola. Il turigrino, (a detta dei pellegrini e degli hospitalieri) è colui che utilizza una serie di confort all’interno del pellegrinaggio, non perché ha difficoltà ad affrontarlo, ma perché il pellegrinaggio, inteso come lo vogliono i pellegrini: fatica, umiltà e condivisione, evidentemente non è nel loro interesse. È di loro interesse visitare i luoghi dove esso passa, le grandi basiliche e città importanti, e soprattutto è comodo dormire a prezzi molto economici nelle ospitalità pellegrine. Infatti, proprio chi si occupa di gestire queste strutture che ha fatto nascere il termine, perché vedeva con i loro occhi persone che non condividevano la cena, che uscivano la sera fino a notte tarda e il giorno dopo si svegliavano con calma per riprendere l’autobus o la macchina e continuare il viaggio.
Se si fa una ricerca nei vari forum dei pellegrinaggi, ma soprattutto in quelli spagnoli, si può notare come in alcuni commenti il pellegrino non prova molta simpatia per il turigrino, non perché ci può essere una passione spirituale e religiosa diversa, e nemmeno per la condivisione dello spazio e della cena, ma per il semplice fatto che spesso il pellegrino si trova senza posto letto, ed è costretto a fare chilometri in più, perché il turigrino muovendosi su gommato raggiunge prima le strutture e si accaparra il posto letto.
In conclusione, nel dialogare con i pellegrini è emerso che sempre di più il pellegrino sta lasciando le vie principali al turigrino, esempio la via francese per Compostela, o la via Francigena in Italia, decidendo di calpestare altre vie che portano lo stesso alla metà finale, Santiago e Roma. Questa può essere considerata la soluzione? O forse le ospitalità dovrebbero impegnarsi a trovare una sistemazione più equa per entrambe le figure che fanno il pellegrinaggio? inevitabilmente il turigrino porta un incremento economico, tanto quanto il pellegrino, soprattutto a pellegrinaggi minori, per questo forse continuano i lavori incessanti di riqualifica nei luoghi dove passano itinerari culturali.
Gianmarco Stramazzo
[1] Intervista fatta nel 2018 in Portogallo per un lavoro ancora in cantiere.
[2] Ricerca svolta nell’agosto 2022 per scrivere la tesi.
Bibliografia
MacCannel, D., 1976 (trad. It. 2005), Il turista. Una nuova teoria della classe agiata, Istituto Geografico De Agostini, Novara
Simonicca, A., 1997, Antropologia del turismo – Srategie di ricerca e contesti etnografici, Carocci, Roma.
Simonicca, A., 2015, Cultura Patrimonio Turismo – Dal viaggio alla mobilità culturale. Elementi di antropologia del presente, CISU, Roma.
Sitografia
Mazza, C., 2019, Turismo religioso e modernità https://fdocumenti.com/document/turismo-religioso-e-modernita-turismo-religioso-e-modernita-mons-carlo.html?page=1