Pochi consigli e tanto empowerment: conosci la consulenza pedagogica?

La consulenza pedagogica è l’opzione da attivare con l’emergere di bisogni di natura educativa, specialmente rispetto a questioni percepite come problematiche (Negri, 2014). Essa si declina in vari ambiti, tra i più noti vi sono quello giuridico, familiare e scolastico. La richiesta di consulenti pedagogici risulta inoltre crescente in contesti lavorativi e aziendali.

A contattare un/una pedagogista però potrebbe essere semplicemente un “privato”, dunque una persona qualsiasi interessata a intervenire su alcuni aspetti della sua vita e fiduciosa nella consulenza pedagogica come strumento di aiuto e cambiamento per la persona e il suo contesto. Il presente articolo si riferisce proprio a quest’ultima declinazione della consulenza pedagogica, proponendosi di descriverne le caratteristiche principali. 

Prima di tutto, il termine consulenza deriva da «cum-sedère», cioè stare seduti insieme; ma a far cosa? Si provi ad immaginare una persona pronta a ricevere direttive e soluzioni, seduta di fronte ad un’altra pronta ad accontentarla dispensando consigli, informazioni e prescrizioni. Forse può risultare un’esperienza poco incoraggiante, pertanto è il caso di evidenziare cosa preveda davvero un percorso di consulenza pedagogica, nel quale è più verosimile sedersi insieme a ragionare, riflettere, condividere pensieri e dilemmi, desideri e paure, parole e silenzi, lacrime e sorrisi, finendo per scoprire problemi e risorse da cui partire per progettare un cambiamento

Cliente e pedagogista nel processo di consulenza: definiamo i due ruoli

Il ruolo del cliente:

Un primo principio è che la persona che richiede una (o più) consulenza pedagogica andrebbe considerata non come acquirente di un prodotto, bensì come partner di un processo. Chi si appresta ad entrare nel ruolo di cliente, infatti, dovrebbe prima di tutto rinunciare all’illusione che il/la professionista possa offrire una “bacchetta magica” esonerandolo così dalle dimensioni dell’impegno e della responsabilità personale, dalle quali non si può prescindere.

D’altra parte, mettersi in gioco e riconoscersi come protagonisti del proprio percorso presenta diversi vantaggi, poiché consente la scoperta delle proprie risorse e competenze, concretizzando la possibilità di divenire «artefici della propria vita, a scegliere, innovare, creare, porsi obiettivi e individuare strategie per raggiungerli, utilizzando le risorse del contesto» (Putton e Molinari, 2011:11)

Al contrario, non riconoscere e non rendere onore al proprio potere intrinseco e trovarsi a cederlo per delega ad altri, comporta seri rischi, ovvero quello di diventare «sempre più privi di potere per affrontare le questioni importanti della propria vita» (Reggio, 2017:142), e quello di ignorare le energie più creative ed autentiche di cui si è in possesso – non sempre consapevolmente.

Il ruolo del consulente pedagogico:

La riflessione appena proposta può aiutare a comprendere la complessità e la delicatezza del mandato professionale del/della pedagogista che, in qualità di consulente, è chiamata/o a porsi ripetutamente il problema del potere e del controllo, per poter ambire non solo a “conferire potere alla persona”, ma anche a “non toglierglielo mai” (Rogers, 1978).

Lavorare in questa direzione significa allontanarsi dal modello di «educazione depositaria» lucidamente analizzato e fortemente criticato da Paulo Freire (1971), padre della Pedagogia degli Oppressi. Il/la pedagogista che sceglie di distanziarsi dal ruolo dell’erogatore di un servizio / detentore di un sapere, sapendosi porre e riconoscere come facilitatore di un processo, lavorerà per catalizzare le energie trasformative del soggetto e allestire un ambiente di apprendimento reciproco, accompagnando l’individuo a formulare un progetto educativo rispondente ai propri bisogni (Negri, 2014). 

Caratteristiche salienti della consulenza pedagogica

La possibilità che la persona che si avvale di questo tipo di consulenza abbia bisogno di alcune informazioni è naturale e frequente; è legittimo infatti che queste informazioni vengano condivise, ricercate, discusse e non certo negate. Ciò vuol dire che quella informativa può essere una fase preziosa del percorso consulenziale, a patto però che non diventi la parte preponderante.

A ben vedere, la parte preponderante del processo di consulenza pedagogica, dovrebbe riguardare quanto segue:

  • Accompagnare il/la cliente nella crescita e nella scoperta di abilità e potenzialità, tenendo in seria considerazione la globalità del soggetto e la sua tensione dinamica e migliorativa. Per far sì che questo risulti davvero possibile è di notevole rilevanza la concezione che si ha dell’uomo, definito da Rogers «organismo fondamentale degno di fiducia» (Rogers 1978:14).
     
  • Stringere un patto di corresponsabilità tra consulente e cliente per ridurre l’asimmetria tra loro e mettere il/la cliente nella posizione di prendere autenticamente in carico il problema e provare a risolverlo grazie alle risorse interne di cui dispone.
  • Attribuire congiuntamente un significato ampio alla situazione-problema divenuta oggetto della consulenza, facendone una diagnosi dinamica e cooperativa attraverso letture complesse, proprie di quello che Negri (2014) chiama proprio «approccio complesso».
  • Fare in modo che il punto focale resti l’individuo e non il suo problema particolare, aiutandolo a raggiungere un’autonomia sempre crescente. In questo senso «si lavora perché possa affrontare sia il problema attuale che quelli successivi» (Rogers, 1978:13) e quindi è importante per il cliente sentirsi sempre meno dipendente dal/dalla professionista, rafforzando il proprio senso di auto-efficacia.
  • Essere disposti/e a rinunciare non solo alla già citata «bacchetta magica», ma anche al mito delle certezze; chiedere una consulenza per ottenere un annullamento del proprio carico di incertezze potrebbe essere una tentazione seducente ma non utile. L’atteggiamento pedagogico è tipicamente «dubitativo e interrogante» (Negri, 2014:46) e volto a problematizzare, che equivale a «risvegliare le forze della riflessione» (Milani, 1994:29).

La “magia” della consulenza pedagogica dunque potrebbe trovarsi tutta qui: nella solidità e peculiarità dell’alleanza educativa che si instaura tra cliente e consulente e nel loro coraggio a percorrere insieme strade faticose e piene di incertezze, per costruire attivamente il cambiamento desiderato.

cinzia perrottaCinzia Perrotta

Info

 

 

 

Bibliografia

Milani, P., (1994), Progetto genitori. Itinerari educativi in piccolo e grande gruppo, Erickson.

Negri, S., (2014), La consulenza pedagogica, Carocci.

Paulo, F. (1971, La Pedagogia degli Oppressi, Mondadori.

Putton, A. – Molinari, A., (2011), Manuale di empowerment con i genitori, preparare i figli ad affrontare la vita, Maggioli Editore.

Rogers, R. C., (1978), Potere Personale, la forza interiore e il suo effetto rivoluzionario, Astrolabio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.