Fare sempre meno figli, a un’età sempre crescente, dopo aver desiderato intensamente o pianificato a lungo la formazione di una famiglia, fa sì che l’arrivo di un/a figlio/a assuma più che mai le caratteristiche di «alto concentrato emozionale» (Iafrate e Rosnati, 2007:100).
Già durante l’attesa (che sia costituita da una gravidanza oppure dal lungo iter previsto per le adozioni) è facile cominciare a fantasticare sull’esperienza stessa della genitorialità e provare a immaginarsi il futuro che verrà. Anzi, forse sarebbe impossibile non farlo.cQuesto in parte aiuta ad entrare nel nuovo ruolo genitoriale e realizzare che davvero nella propria vita è alle porte un cambiamento stravolgente per il quale si può provare entusiasmo, ansia, speranza, timore e tanto altro ancora. Accanto a tanti sentimenti, c’è spazio anche per la formazione di alcune aspettative, che i genitori possono cominciare a nutrire anche molto tempo prima che un figlio o una figlia arrivino realmente. Ma cosa sono le aspettative genitoriali? Che caratteristiche hanno? Quali rischi comportano?
Fisiologico sì, rischioso anche
A ben vedere, nessun essere umano nasce nel vuoto. Piuttosto, è il caso di dire che tutti/e noi nasciamo in «uno spazio già denso di storia» (Iafrate e Rosnati, 2007:131). Ciò comporta che tra una generazione e l’altra non vi sia soltanto una trasmissione genetica, ma anche un altro tipo di trasmissione che riguarda un patrimonio di beni materiali e immateriali (Cigoli e Scabini, 2000). L’eredità immateriale cui si sta facendo riferimento comprende status, valori, credenze, tradizioni, modalità relazionali, miti, tabù e, per l’appunto, aspettative. Di fatto, ciascuna famiglia ha una propria storia sedimentata attraverso più generazioni, la quale comunemente veicola una certa dose di significati e aspettative specifiche.
La buona notizia è che tutto ciò è fisiologico, ma la cattiva notizia? Sebbene sia fisiologico, non è affatto privo di rischi. Dal punto di vista pedagogico, infatti, il fattore delle aspettative può incidere in vari modi e a vari livelli sulla costruzione di un rapporto genitoriale equilibrato e rispettoso, tale da permettere una crescita armoniosa alle nuove generazioni, lontano dall’educazione violenta e dai troppi squilibri di potere tra i membri della famiglia. I risvolti problematici possono intravedersi nei casi in cui il massiccio investimento (prima di tutto emotivo) nei confronti della prole, porti con sé un eccesso di aspettative (Iafrate e Rosnati, 2007), le quali potrebbero rivelarsi:
- troppo elevate,
- troppo specifiche,
- poco realistiche,
- eccessivamente pressanti / intrusive,
- coercitive (che sfociano in ricatti emotivi o vere e proprie costrizioni).
Spesso può trattarsi di aspettative circa il futuro professionale e/o il successo scolastico, sportivo e così via, in cui l’enfasi non è posta sul benessere della persona in fase di sviluppo, ma sulle sue prestazioni. Altre volte ad essere caricata di aspettative è la personalità stessa dei figli e delle figlie, dunque il loro modo di essere, fare, pensare, scegliere… vivere. Un primo grande pericolo che deriva dall’eccesso di aspettative è quello di compromettere la capacità di comprendere, riconoscere e accettare la differenza tra il figlio dei propri sogni e quello reale (Iafrate e Rosnati, 2007). Di fatto può accadere che come genitori, invece di limitarsi ad aspettare un/a figlio/a, si cominci ad aspettarselo/a in un determinato modo, a volte in modo «potenzialmente perfetto» (Iafrate e Rosnati, 2007:101).
Nei panni di chi prova a crescere tra le aspettative
Nessuno/a dovrebbe mai essere ridotto/a ad un prolungamento dei propri genitori. Crescere eccessivamente investiti/e di attese genitoriali da realizzare, può essere motivo di dolore morale non trascurabile, causato dall’assenza di riconoscimento e apprezzamento come persona unica, che ha valore e dignità in sé, fosse anche solo per il fatto di esistere (senza dover necessariamente dimostrare altro).
I figli e le figlie che cercano di fare il loro meglio per adeguarsi a quanto richiesto più o meno esplicitamente dai genitori, possono cominciare a modificare i propri gusti e atteggiamenti e a farsi condizionare nelle scelte che prendono (di vita, amorose e amicali, di studio e altro ancora). Talvolta, finiscono per rinunciare ad alcune parti di sé e della propria individualità che rimarranno inespresse, soffocando le proprie opinioni divergenti e i propri moti di ribellione per non perdere l’amore genitoriale che si illudono di ricevere, con gravi ripercussioni sulla possibilità di auto-esplorare la propria persona, vivere spontaneamente e sviluppare una solida autostima. Ogni figlio/a, con le sue caratteristiche e un suo destino, «appartiene a una nuova generazione familiare e sociale» (Iafrate e Rosnati, 2007:100); non necessariamente dovrà porsi in modo lineare, simile e continuativo con chi l’ha preceduto e generato.
Cos’è possibile fare? In che direzione muoversi?
Una volta compresa la delicatezza della questione, è possibile riconoscere di nutrire aspettative eccessive o inappropriate in qualità di genitori e maturare il desiderio di avviare un cambiamento. I rischi possono essere contenuti a patto che si riesca a:
- individuare le proprie aspettative, ammettendo la loro esistenza con se stesse/i ed altre persone;
- comprenderne i potenziali rischi qualora con il tempo non venissero ridimensionate e superate;
- esprimere autenticamente i propri sentimenti e bisogni, in primo luogo in merito all’esistenza stessa di tali aspettative, in secondo luogo in relazione alla possibilità che figli e figlie le mettano in discussione e le rifiutino;
- provare a comprendere l’importanza e la fatica di differenziarsi dalle figure genitoriali; per i/le giovani significa mantenere fede al proprio compito di sviluppo ed è necessario per diventare persone davvero adulte e libere;
- allenarsi ad assumere una postura non giudicante, ma curiosa e aperta, che permetta di prendere consapevolezza delle caratteristiche reali di un/a figlio/a e a provare meraviglia per esse;
- sperimentare empatia anche verso se stessi, in considerazione della propria umanità e imperfezione. Solo così è possibile accordarsi il permesso di apprendere dai propri errori e mettere in atto delle azioni riparative.
Può risultare difficile, impegnativo e doloroso, ma impegnarsi in questa “sfida” è una responsabilità importante per un genitore; la posta in gioco è la qualità della relazione, il rispetto di giovani vite e la tutela della loro fragilità, dovuta anche all’età. Qualora un padre o una madre avvertissero l’esigenza di approfondire la questione facendosi sostenere e accompagnare da un/a professionista, potrebbe essere particolarmente indicato intraprendere un percorso di consulenza pedagogica.
Cinzia Perrotta
Bibliografia
Cigoli V., Scabini E., (2000), Il famigliare: legami, simboli e transizioni, Raffaello Cortina Editore.
Iafrate R., Rosati R., (2007), Riconoscersi genitori: i percorsi di promozione e arricchimento del legame genitoriale, Trento, Erikson.