Tirare al pungiball riduce l’aggressività? La catarsi è un luogo comune

Molti pensano che tirando pugni ad un pungiball, lasciando oggetti con violenza o urlando in momenti di rabbia si possa ridurre l’aggressività con la liberazione di energia repressa. Questo è un luogo comune, un’opinione così diffusa e familiare da diventare un’ovvietà per gli individui senza che il contenuto stesso venga verificato. Questa particolare convinzione è chiamata ipotesi catartica.

L’idea di catarsi ha una lunga storia: il termine fu utilizzato per la prima volta nella Grecia antica da Aristotele, il quale sosteneva che la tragedia avesse una funzione purificatrice, catartica, e che liberasse l’anima dello spettatore dalle frustranti passioni che esprimeva.

Prendendo spunto da tale pensiero, Freud e Breurer formularono nel 1895 l’ipotesi catartica, dichiarando che fosse possibile guarire un paziente dall’isteria facendogli rivivere emotivamente l’esperienza traumatica per mezzo dell’ipnosi. Ben presto, però, lo stesso Freud abbandonò questa idea.

Attualmente, un esempio di metodo catartito proviene dal Giappone:

alcune società forniscono ai dipendenti una camera contenente una riproduzione giocattolo del capo, che possono aggredire verbalmente per liberare il proprio stress.

Come possibile sapere se un luogo comune è vero o no? Basta metterlo alla prova, sottoponendolo al metodo sperimentale. Questo è ciò che ha fatto Brad Bushman (1990) con il suo interessante esperimento che mette alla prova l’ipotesi catartica: l’autore chiese ai soggetti sperimentali di scrivere un saggio. Dopoché furono scritti, li ritirò e li riconsegnò ai proprietari con il commento: “questo è il saggio peggiore che io abbia mai letto!”. In un secondo momento, i soggetti furono suddivisi in due gruppi: uno tirò pugni ai pungiball e l’altro rimase seduto. Infine, ai soggetti fu detto che avrebbero dovuto giocare contro l’autore del commento: il gioco consisteva nel premere un pulsante il più velocemente possibile, e il più veloce dei due partecipanti avrebbe fatto ascoltare all’altro un rumore terribile, scegliendo l’intensità del suono.

Dai risultati emerse che i soggetti che usarono il pungiball avevano impostato mediamente il volume a 8,5 decibel, a differenza di quelli rimasti seduti che le impostarono a 2,47 decibel. Bushman, pertanto, riuscì a dimostrare che “sfogarsi per ridurre l’ira è come usare la benzina per spegnere il fuoco: non fa che alimentare la fiamma”: il gruppo che ha tirato i pugni a seguito di un evento frustrante ha incrementato l’aggressività.

In accordo con Bushman, Zillman (1979) sostiene che il comportamento aggressivo si esprime a seguito di un’attivazione fisiologica di un’altra fonte. Ad esempio, è più probabile che un ragazzo sia aggressivo con qualcuno a seguito di un allenamento in palestra, e ciò accade perché interpreta la sua attivazione fisiologica come espressione di rabbia, “dimenticandosi” dell’attività appena svolta.

L’aggressività è una componente inscindibile dalla natura umana, e il modo migliore per ridurla non è esprimerla, bensì controllarla: la gestione dell’ira, il rinforzo di comportamenti prosociali e, nei bambini, la premiazione di comportamenti non violenti sono tecniche efficaci per la crescita del controllo personale e riduzione dell’aggressività.

Maria Grazia CultreraImmagine1-300x289

Info

 

Bibliografia

Bushman, B. J., Baumeister, R. F., & Stack, A. D. (1999) Catharsis, aggression, and persuasive influence: self-fulfilling or self-defeating prophecies? Journal of Personality and Social Psychology.

Hogg, M. A & Vaughan, M. G.(2010). Essentials of social psychology. Pearson Education Limited, United Kingdom.

Zillmann, D. (1979). Hostility and aggression. Hillsdale, NJ: Erlbaum.

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