Brexit: una breve guida per capire cosa sta succedendo

maxresdefaultLa maggioranza dei cittadini britannici ha deciso di abbandonare l’Unione Europea.

Tutti si stano chiedendo: Cosa succederà? Quale impatto avrà la Brexit sull’Europa? Avrà un impatto sulle nostre vite? È stata una decisione assurda? È ancora presto per dare una risposta certa a queste domande. Nessuno, dai policy makers a Bruxelles, ai brokers di Piazza Affari a Milano, passando per la gente comune, le aziende internazionali e gli organizzatori stessi della Brexit hanno la certezza di cosa possa accadere. Questo è il motivo per cui venerdì le borse sono crollate così tanto: l’incertezza, la peggior situazione possibile per la finanza.

Ci sono numerose questioni da chiarire, variabili da analizzare per capire meglio i possibili scenari che si delineeranno in conseguenza del referendum britannico. In questo articolo proveremo, come gruppo di scrittori di Scienze Politiche dell’Antro di Chirone, a darvi un’analisi più approfondita di quello che è successo, quello che sta succedendo e quello che potrà succedere. Le principali questioni che verranno sollevate successivamente all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea riguardano 3 ambiti:

  • le future relazioni fra le due parti
  • gli effetti sulle diverse regioni britanniche, in particolare Irlanda del Nord e Scozia
  • la natura degli effetti che si ripercuoteranno sull’UE.

I rapporti fra queste parti sono sempre stati storicamente complicati.

In principio, la Gran Bretagna si rifiutò di far parte della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) nel 1949, prima istituzione verso l’integrazione europea e in seguito, quando nel 1961 fece richiesta per entrare all’interno della Comunità Economica Europea (CEE), venne ostacolata in tale proposito dalla Francia di De Gaulle, timorosa che l’entrata del Regno Unito si sarebbe tradotta in una maggior influenza degli Stati Uniti in Europa. Di conseguenza, la Gran Bretagna dovette aspettare il 1973 per dirsi parte della CEE, decisione presa senza alcun referendum. Questo suscitò un dibattito considerevole che portò Harold Wilson a indire una consultazione popolare nel 1975, al termine del quale il 67% degli inglesi risultò effettivamante d’accordo con la decisione presa.

La nazione si è sempre distinta per una discrasia di prospettiva rispetto agli altri membri della CEE: per questi ultimi l’elemento fondante della Comunità sarebbe stata la moneta unica, mentre la Gran Bretagna ha sempre focalizzato la propria attenzione primariamente sul Mercato Unico. Una seconda area di politiche per la quale la Gran Bretagna è sempre stata molto proattiva era costituita dalla questione dell’allargamento della Comunità ad altre nazioni, aumentandone quindi gli stati membri. Al contrario, l’isola d’Oltre Manica si è mostrata meno entusiasta in una vasta serie di misure prese dall’Europa per le quali si è dunque servita della clausola di opt-out, privilegio concesso ad alcuni paesi che permette allo stato o agli stati che la richiedono di non partecipare a determinate politiche europee, per esempio la moneta unica o misure contro la criminalità o l’adesione al Trattato di Schengen sulla libera circolazione delle persone sul territorio della allora Comunità Europa.[1] Inoltre la Gran Bretagna ha diminuito la propria contribuzione al budget europeo a seguito delle pressioni messe in atto da Margaret Thatcher negli anni ’80 e con Tony Blair, negli anni ’90, ha acquisito numerose variazioni nella politica agricola comune (PAC). Tuttavia l’Unione Europea ha avuto un’enorme influenza in Gran Bretagna, soprattutto a seguito dell’adeguazione alle norme europee di alcune aree che erano state armonizzate in ogni stato membro (agricoltura, pesca etc).

Come si è arrivati alla Brexit

Nel 2013 il primo ministro conservatore David Cameron tenne quello che, dati i risultati del referendum, diverrà un discorso storico: il Bloomberg Speech[2]. Quest’ultimo conteneva la promessa che, se i conservatori sarebbero stati rieletti nel 2015, avrebbero rinegoziato i termini della propria adesione all’Unione Europea, che sarebbero poi stati soggetti a un referendum sull’uscita o la permanenza all’interno dell’UE alle condizioni concordate. La promessa venne reiterata nelle elezioni del 2015, nonostante la ferma opposizione del partito laburista rispetto al referendum. I conservatori vennero dunque rieletti e si prepararono alla rinegoziazione di conseguenza.

Nel successivo discorso di Chatam House[3], Cameron enumerò le materie che aveva intenzione di sottoporre a revisione. I temi principali riguardavano:

  • la non discriminazione dei paesi europei che avevano scelto di non adottare l’euro come moneta comune,
  • un miglioramento del mercato unico
  • la possibilità di esercitare la clausola di opt-out rispetto al progetto di “Ever closer Union”[4], che prevedeva una maggior integrazione fra gli stati membri
  • un accresciuto potere dei parlamenti nazionali nel determinare le decisioni prese a livello di UE e, in ultimo
  • una riduzione della possibilità di movimento dei cittadini di altri stati membri verso il Regno Unito.

Quest’ultima fu la richiesta di più ardua risoluzione. Si giunse a un compromesso nel 19 febbraio 2016, giorno a seguito del quale Cameron comunicò la data del referendum che tutti conosciamo.

I temi del dibattito durante la campagna per il Brexit

Durante il dibattito referendario i principali temi sui quali si è posta l’attenzione sono stati:

  • di tipo economico
  • la questione della migrazione dei cittadini di altri stati europei ed extra-europei nel Regno Unito
  • la questione della sovranità dello stato e, dunque, sul sedicente eccessivo potere dell’UE sugli stati membri.

La questione economica e quella migratoria sono strettamente correlate poiché se si continuasse a partecipare al mercato unico ciò implicherebbe inevitabilmente una garanzia per il movimento delle persone, oltre che delle merci, sul territorio. Anche rinunciando al mercato unico, non si potrebbe evitare il persistere di un certo flusso migratorio all’interno dell’Unione. Per quanto riguarda le migrazioni che più spaventano l’Europa, quelle che provengono dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, non toccano da vicino il Regno Unito in quanto i migranti potrebbero in effetti stabilirsi sul territorio inglese solo dopo aver acquisito la cittadinanza di un altro stato membro dell’Unione Europea, ma, una volta conseguito il titolo di cittadino europeo, è molto difficile che i migranti si dirigano verso la Gran Bretagna in quanto probabilmente si saranno già integrati nel paese d’asilo, visti i lunghi tempi per ottenere la cittadinanza e i requisiti per il suo conseguimento, fra cui la conoscenza della lingua del paese ospitante.

Le profonde divisioni all’interno del Regno Unito

Vi è stata una differente ricezione delle politiche europee e dell’Unione Europea nel suo complesso nei vari stati del Regno Unito. La Scozia si è sempre schierata su posizioni più marcatamente europeiste, mentre l’Inghilterra e il Galles, prima del referendum, si dimostravano composte da un numero più o meno simile di cittadini pro e contro l’UE. Queste divisioni hanno condotto i nazionalisti scozzesi ad affermare che, in caso di Brexit, la Scozia proporrà un secondo referendum per distaccarsi dal Regno Unito e ricongiungersi con l’Europa. In Irlanda del Nord la questione si fa ancora più pressante perché probabilmente l’uscita dall’UE potrebbe portare alla chiusura delle frontiere con l’Irlanda, creando una questione di frontiera non poco controversa.

Boris Johnson: il probabile dopo-Cameron

Oltre alle richieste all’UE di Cameron, al desiderio di ‘Remain’ della City di Londra e del partito laburista, non vanno sottovalutate le dinamiche interne nè le strumentalizzazioni di Brexit per agevolare alcuni giochi di potere. Un chiaro esempio è costituito dall’atteggiamento di Boris Johnson, sindaco di Londra per due mandati, dal 2008 al 2016. Uno dei principali sostenitori della campagna Brexit, Boris Johnson è attualmente il favorito a sostituire David Cameron, dimessosi nelle prime ore dopo il risultato del referendum (Foster, 2016).

Johnson, membro del partito conservatore, ha sicuramente visto nel referendum un trampolino di lancio per la sua carriera politica, cogliendo così l’occasione per sfidare l’ex primo ministro Cameron, cambiando repentinamente la sua visione del Regno Unito all’interno dell’UE. Se infatti prima si professava pro Unione Europea e conservatore moderato, negli ultimi mesi ha optato per la campagna Leave, raccogliendo consensi. Riguardo l’esito del referendum ha commentato che quest’ultimo rappresenta sicuramente “un’opportunità gloriosa” per il Regno Unito, che “continuerà ad essere una grande potenza europea” (Heffer, 2016).

E dopo la Brexit?

Acquisita la volontà del popolo inglese di distaccarsi dall’Unione Europea, quali sono ora le sue possibilità? La Gran Bretagna potrebbe ritornare a far parte dell’EFTA, associazione intergovernativa di libero scambio composta da 4 stati (Islanda, Svizzera, Norvegia e Liechtenstein),  che aveva abbandonato nel 1973 per entrare a far parte della Comunità Europea. Una seconda alternativa potrebbe essere vista in una serie di accordi bilaterali con l’Unione Europea, su ispirazione svizzera. Un’ulteriore prospettiva potrebbe essere costituita da un accordo completamente inedito fra i due attori, il “Bespoke Deal”, in cui viene trattata un accordo bilaterale Regno Unito-UE “su misura” dei due negoziatori. Se l’Unione Europea non si rendesse disponibile a trattare, la Gran Bretagna potrebbe optare per un’entrata nell’EEA (European Economic Area). Questa associazione mira a integrare alcuni paesi non membri dell’Europa, nel caso specifico Liechtenstein, Norvegia e Islanda, nel mercato unico. Predire quali di questi sentieri verrà percorso è impossibile e dipenderà da una molteplicità di fattori tale da non poter fare alcun pronostico certo.

Le conseguenze della Brexit non comprenderanno un immediato ritiro della nazione dal mercato unico. Dopo l’abbandono formale, che sarà conseguito solo in un secondo momento, le conseguenze dell’uscita della Gran Bretagna sono molto incerte e dipenderanno sostanzialmente dagli esiti dei negoziati con l’UE. In particolar modo, si dovrà stabilire se una nazione esterna all’Unione possa mantenersi all’interno del mercato unico europeo senza garantire una libera circolazione delle persone, fatto senza precedenti, e, seppure molto improbabile, non per questo impossibile.

Scrive Giles Merritt, segretario generale di Friends of Europe, una dei think-thank più attivi e influenti a Bruxelles: “

“Tutto è cambiato, cambiato completamente. È nata una terribile bellezza.” scrisse Yeats nel 1916 durante l’insurezzione irlandese di Dublino nella Pasqua del 1916. Dopo un secolo lo stesso si potrebbe scrivere rispetto al risultato del referendum britannico riguardante l’uscita del paese d’Oltremanica dall’Unione Europea.”

Giulia Azzarone

Rossana Moselli

Francesca Loffari

Gabriele Peirano

Informazioni, contatti e articoli degli autori a questo link.

Bibliografia

 Towards Brexit? The UK’s EU referendum”, University of Edinburgh , lezioni del 13.06.2016 e del 20.06.2013, Anthony Salamone, Laura Cram e Charlie Jeffery

Sitografia

Prime Minister David Cameron discussed the future of the European Union at Bloomberg, https://www.gov.uk/government/speeches/eu-speech-at-bloomberg , Ultima consultazione 26/06/2016

The Future of Britain’s Relationship with the European Union https://www.chathamhouse.org/event/future-britains-relationship-european-union, Ultima Consultazione 26/06/2016

European Council, 18-19/02/2016, http://www.consilium.europa.eu/en/meetings/european-council/2016/02/18-19/ , Ultima consultazione 26/06/2016

EU reform: PM’s letter to President of the European Council Donald Tusk, https://www.gov.uk/government/publications/eu-reform-pms-letter-to-president-of-the-european-council-donald-tusk , Ultima Consultazione 26/06/2016

‘All changed, changed utterly’-How the Brexit vision of UK freedom risks turning sour, http://www.friendsofeurope.org/future-europe/frankly-speaking-all-changed-changed-utterly-how-the-brexit-vision-of-uk-freedom-risks-turning-sour/ , Ultima Consultazione 26/06/2016

[1] Opting out (clausola di esenzione), http://eur-lex.europa.eu/summary/glossary/opting_out.html?locale=it , Ultima Consultazione 26/06/2016

[2] U.K.’s Cameron Speaks on EU Membership, http://www.bloomberg.com/news/videos/b/d3c09fe3-0212-4f2d-9088-11eb2293c658, Ultima consultazione: 26/06/2016

[3] The Future of Britain’s Relationship with the European Union, https://www.chathamhouse.org/event/future-britains-relationship-european-union , Ultima consultazione: 26/06/2016

[4] An ever closer union among the peoples of Europe?, http://ec.europa.eu/research/social-sciences/pdf/policy_reviews/kina26814enc.pdf , Ultima Consultazione 26/06/2016

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