Analfabetismo funzionale: chi ne soffre e quali conseguenze comporta?

 

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Immagine realizzata da Darinka

Trovare in rete la definizione di questo fenomeno è semplicissimo. Pare che analfabeta funzionale sia chi aggiorna il suo stato di Facebook ma non comprende il senso di un articolo, chi non è capace di riassumere o rielaborare testi e di interpretare un grafico. Ma anche chi – con inconsapevole leggerezza e italiano sgrammaticato – commenta fatti di cronaca confondendo il falso dal vero, il verbo avere da una congiunzione disgiuntiva, la politica con l’idealismo figlio esclusivo delle proprie esperienze dirette ed infine non sa «intraprendere tutte quelle attività che richiedono l’alfabetizzazione ai fini del funzionamento efficace del suo gruppo o della sua comunità, che gli permettono di continuare a usare la lettura, la scrittura, e il calcolo per lo sviluppo suo proprio e quello della comunità» [UNESCO, 1978].

In una società che muta costantemente qui dove l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) parla di sviluppo sussiste il primo nodo fondamentale che spiega perché è essenziale che l’alfabetizzazione sia funzionale: lo sviluppo individuale corrisponde a uno sviluppo globale della società. In accordo con le più disparate fonti di informazione odierne, pare che il tasso di analfabetismo funzionale in Italia sia il più alto d’Europa – secondo OCSE 3 italiani su 10 (il 20% della popolazione attiva1) sembrano corrispondere al profilo di illetterato funzionale. Tutto ciò pare allarmante, ma pochi spiegano a cosa effettivamente il dato corrisponda

Innanzitutto è opportuno spiegare che il letteratismo2 non è definibile come una specifica competenza, ma come un insieme complesso di abilità nei diversi contesti che la vita adulta richiede:
  • Prose e document literacy: competenza funzionale nella comprensione dei testi, grafici, tabelle, raggiungimento dei propri obiettivi, accrescimento delle proprie potenzialità;
  • Numeracy: competenza matematica funzionale, utilizzo di strumenti in più contesti (rappresentazioni dirette, simboli, formule che modellizzano relazioni tra grandezze e variabili);
  • Problem solving: capacità di analisi e soluzione di problemi, ovvero l’attività ragionata in azione, quella del pensiero orientato ad uno scopo in una situazione per cui non esiste soluzione precostituita.

È a partire da queste capacità che l’indagine ALL, svolta in Italia su un campione di 6853 cittadini di età compresa tra 16 e 65 anni, ha prodotto i profili culturali relativi al tasso di alfabetizzazione più o meno funzionale. I profili sono di diverso livello: dal livello 1, più basso e indicativo di competenze fragili, al livello 5, che indica la padronanza degli alfabeti indispensabili a garantire oggi un agire efficace. Per tutte le prove proposte il livello è risultato abbastanza simile, mentre per quanto riguarda il problem solving, quasi il 70% delle persone non supera il livello 1.

A seguito di una successiva indagine comparativa internazionale , tra i dati raccolti da ALL, si evidenziano:

  • la drammatica limitatezza delle competenze alfabetiche funzionali della popolazione italiana;
  • l’importanza del possesso di queste competenze in relazione alla tasso di occupazione e al livello di inclusione sociale della popolazione (esercizio dei diritti di cittadinanza e stabilità economica)
  • le quote di giovani e giovani adulti che denunciano limitate abilità, se confrontate con i giovani di altri paesi;

Detto ciò, per quale motivo è importante non sottovalutare il fenomeno dell’analfabetismo funzionaleSottovalutarlo significa ignorare che la qualità della vita e l’utile disposizione al cambiamento dipendono proprio dal possesso di competenze alfabetiche funzionali. Nella società attuale infatti non è più sufficiente che una persona sappia solo leggere e scrivere, ma piuttosto che la stessa sappia padroneggiare il processo che dalla semplice abilità di espressione e acquisizione di informazioni porta un individuo a quella del raccogliere e produrre informazione efficacemente nella comunicazione sociale, nel lavoro e nell’interesse di sviluppare una cultura personale.

Se il litteratismo è una competenza essenziale che incide sulla capacità degli adulti di apprendere in modo efficace, di cogliere opportunità di apprendimento producendo effetti positivi sullo sviluppo e realizzazione di politiche e iniziative pedagogiche di lifelong learning3 (apprendimento lungo tutto l’arco della vita), allora secondo la psicologa americana Sylvia Scribener – e non solo – le scuole devono sentirsi in dovere di fornire ai futuri adulti i necessari strumenti per sviluppare queste abilità, che gli permetteranno di far fronte funzionalmente alle situazioni di ogni giorno. Accrescere poi finanziamenti per l’educazione degli adulti è una scelta necessaria, accompagnata da iniziative motivazionali – dal momento che apprendere in età adulta è un atto volontario: i bassi livelli di competenza alfabetica si associano a più elevati tassi di disoccupazione con un conseguente costo personale e sociale molto elevato. Ecco che secondo Gallina & Co., le politiche volte ad incrementare la literacy richiedono un approccio multidimensionale, inteso come obiettivo centrale di un complesso di azioni integrate e finalizzate a garantire uno sviluppo sostenibile e, non di meno, una coesione sociale.

L’obiettivo finale, dunque, è quello di costituire una Learning Society così come P. Jarvis e R. Edwards la intendono: una società che rappresenta una nuova condizione umana all’interno della quale gli individui costruiscono la propria autonomia e auto-realizzazione grazie alle conoscenze e alle competenze condivise, cioè grazie a processi di apprendimento che si collocano come fondamento dell’economia e dello sviluppo sociale. La società diverrebbe dunque un sistema aperto e “cognitivo” il cui cuore è rappresentato dalle risorse umane, capace di strutturare le conoscenze ed i comportamenti di coloro che ne fanno parte al fine di orientare il sistema stesso all’innovazione. La possibilità di crescita e sviluppo della società dipende infatti dalle conoscenze e dalle competenze di coloro che la abitano.

 

Federica Mozzali

Info

 

 

 

1 Occorre precisare che l’Italia è in pessima condizione ma non da sola: nell’indagine PIAAC Italia e Spagna, agli ultimi posti si equivalgono, ma anche la Francia registra un pessimo risultato.

2 La IALS (International Adult Literacy Survey) ha condotto la Prima ricerca internazionale sull’alfabetizzazione degli adulti nel 1994; introducendo un nuovo concetto di alfabetizzazione e definisce la “literacy” non in funzione delle capacità di lettura, operando una distinzione tra quanti non sono in grado di leggere e quanti riescono a farlo, ma piuttosto come la capacità di raccogliere e trattare le informazioni riferite alla lettura, alla scrittura e al calcolo, necessarie per usare il materiale stampato comunemente diffuso nel lavoro, nella vita domestica e in quella sociale; si tratta quindi di esplorare non le competenze linguistiche in senso stretto, quanto le competenze alfabetiche funzionali.

3 Il lifelong learning è lo strumento essenziale per affrontare una complessa epoca di cambiamenti, per superare le barriere ancora esistenti tra educazione formale, non formale ed informale, per promuovere la realizzazione dell’individuo sia a livello individuale che sociale.

 

Bibliografia 

INVALSI, Gallina, V., Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni, Armando Editore, 2006

Alberici, A., Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno Mondadori, 2002

Sitografia

Sylvia Scribner, saggio : http://courseweb.ischool.illinois.edu/~katewill/maybe/scribner%201984%20literacy%20in%20three%20metaphors.pdf 1984http://antrodichirone.com/wp-admin/admin.php?page=adblock-notify

Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) http://www.unesco.org/education/GMR2006/full/chapt6_eng.pdf

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