Aprire le porte della percezione: la sinestesia

 

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Immagine realizzata da Martina Lofrinch

È possibile ascoltare un dipinto? E vedere una canzone?

Siamo abituati a pensare ai sensi come qualcosa di ben definito e differenziato, eppure, ci sono individui le cui percezioni sensoriali si compenetrano l’una con l’altra, generando sensazioni spesso più complesse delle singole parti. Quando questo accade, si parla di sinestesia (dal greco syn-aisthanestai, “percepire insieme”), un disturbo in cui una determinata esperienza sensoriale ne provoca istantaneamente e automaticamente un’altra.

Spesso nominata fra i banchi di scuola come figura retorica di accostamento di termini che appartengono ad ambiti sensoriali diversi, la sinestesia si può manifestare in moltissime forme. Ascoltare un dipinto, toccare un giorno della settimana, vedere la musica… sono solo alcuni degli esempi di questo curioso fenomeno percettivo, che da secoli affascina scienziati e non.

Le combinazioni sono pressoché infinite, ma in tutti i casi è possibile distinguere fra due componenti, correlate fra loro: uno stimolo induttore, paragonabile ad un ”interruttore”, e un evento concorrente, che “si accende” alla presentazione del primo, trasferendo sinestesicamente a esso le sue caratteristiche percettive. Nella maggior parte delle forme di sinestesia, lo stimolo induttore e la risposta sensoriale concorrente appartengono a modalità sensoriali diverse, anche se vi sono delle eccezioni. Ad esempio, nella sinestesia grafema-colore, la più comune, l’individuo sinestesico percepisce un determinato colore ogni volta che legge una certa lettera dell’alfabeto: sia il colore che la lettura, infatti, sono legati alla modalità visiva. Mentre l’induttore tende a essere variabile, il concorrente rimane stabile: riprendendo l’esempio precedente, la lettera A scritta in corsivo o in stampatello, in maiuscolo o in minuscolo, produrrà sempre la stessa sensazione cromatica.

La percentuale delle persone che hanno questo tipo di percezioni è molto bassa. In passato (Baron-Cohen et al., 1996) si pensava non superasse lo 0.5 % della popolazione, ma studi più recenti hanno riscontrato una diffusione molto più elevata, dell’ordine del 4% (cfr. Simner, Mulvenna, Sagiv et al., 2006). Questa discrepanza può essere imputata al fatto che, molto spesso, questi soggetti considerano la loro percezione come normale, fino a quando non vengono a conoscenza del fenomeno e realizzano di essere “diversi”.

Sinestesia congenita o acquisita?

Nella maggior parte dei casi, la sinestesia è presente fin dalla nascita (la cosiddetta sinestesia genuina o congenita), ma è possibile che si sviluppi più tardi per via acquisita. Oltre alle lesioni cerebrali, che possono causare fenomeni sinestesici sia transitori sia permanenti, anche alcune droghe, in particolare gli allucinogeni, possono favorirne la comparsa. In questa categoria rientrano l’LSD e la psilocibina, una sostanza allucinogena contenuta in alcune specie di funghi e tartufi, recentemente rivalutata e portata all’attenzione della ricerca farmacologica per le sue proprietà antidepressive e ansiolitiche (cfr. Carhart-Harris, Bolstridge, Rucker et al., 2016). L’assunzione di queste droghe, in molti casi, porterebbe all’aumento dell’interconnessione cerebrale, causando spesso fenomeni di sovrapposizione sensoriale. Nel suo famoso racconto, “Le porte della percezione”, Aldous Huxley narra le sue esperienze e sensazioni derivanti dall’assunzione di allucinogeni, descrivendo molti fenomeni riconducibili alla sinestesia.

A prima vista, la sinestesia indotta dalle droghe sembra essere associabile al tipo congenito. Tuttavia, con un’analisi più accurata, si possono notare alcune fondamentali differenze. Innanzitutto, gli allucinogeni producono una sensazione sinestesica solo transitoria, la quale si manifesta solo nelle fasi più intense dell’intossicazione. Inoltre, mentre nel tipo congenito l’associazione fra induttore e concorrente rimane invariata, in questo tipo di sinestesia indotta le sensazioni possono variare. Ad esempio, ascoltare una certa nota può evocare il colore blu in un primo momento e il giallo in un secondo, oppure indurre una sensazione tattile sulla pelle, o non causare nessuna sensazione in particolare.

Alla luce di tali differenze, alcuni ricercatori si sono domandati se le somiglianze fra i due tipi di sinestesia non siano meramente superficiali, e se possano essere causati da due meccanismi diversi. Vari casi documentati sembrano invece chiarire la correlazione fra i due fenomeni: ad esempio, un sinesteta congenito, sotto l’influenza di LSD, provava una sinestesia di tipo audio-visivo in aggiunta alla sua di tipo grafema-colore. Inoltre, gli allucinogeni sembrano in grado di annullare l’associazione induttore-concorrente congenita, sostituendola con concorrenti diversi (cfr. Sinke, Halpern, Zedler et al., 2012).

Un altro filone di studi si è concentrato sulla possibilità di apprendimento della sinestesia da parte di soggetti non-sinestesici. In particolare, uno studio si è concentrato sul rinforzo dell’associazione grafema-colore, sottoponendo a soggetti sani dei testi con lettere colorate (Colizoli, Murre & Rouw, 2012). Anche se questo metodo si è rivelato in qualche misura efficace, i fenomeni sinestesici si sono affievoliti e sono scomparsi nel giro di pochi mesi. Per questo motivo, si ritiene che i soggetti non abbiano effettivamente provato una vera esperienza sinestesica, anche se esiste un’aspra controversia su cosa possa essere considerato tale.

In conclusione, sia l’assunzione di droghe che l’allenamento possono portare a fenomeni associabili alla sinestesia, anche se con alcune importanti differenze, che possono far sorgere dubbi sull’effettiva analogia tra sinestesia innata e indotta. Eppure, in qualche misura, siamo tutti un po’ sinestesici. Lo conferma questa semplice domanda: fra queste due immagini, quale è Buba, e quale Kiki?

bubakiki98 persone su 100, secondo Ramachandran, non avranno dubbi: Buba a sinistra, Kiki a destra.

Emma Messinaemma messina

Info

 

 

 

Bibliografia

Baron-Cohen, S., Burt, L., Smith-Laittan, F., Harrison, J., & Bolton, P. (1996). “Synaesthesia: prevalence and familiality”, in Perception, 25(9)

Carhart-Harris, R. L., Bolstridge, M., Rucker, J., Day, C. M., Erritzoe, D., Kaelen, M., … & Taylor, D. (2016). “Psilocybin with psychological support for treatment-resistant depression: an open-label feasibility study”, in The Lancet Psychiatry.

Colizoli, O., Murre, J. M., & Rouw, R. (2012). “Pseudo-synesthesia through reading books with colored letters”, in PloS one, 7(6)

Grossenbacher, P. G., & Lovelace, C. T. (2001). “Mechanisms of synesthesia: cognitive and physiological constraints”, in Trends in cognitive sciences, 5(1)

Ramachandran, V. S., & Hubbard, E. M. (2003). “Hearing colors, tasting shapes”, in Scientific American Edition 288(5)

Sacks, O. (2010). Musicophilia: Tales of music and the brain. Vintage, Canada

Simner, J., Mulvenna, C., Sagiv, N., Tsakanikos, E., Witherby, S. A., Fraser, C., … & Ward, J. (2006). “Synaesthesia: The prevalence of atypical cross-modal experiences”, in Perception, 35(8)

Sinke, C., Halpern, J. H., Zedler, M., Neufeld, J., Emrich, H. M., & Passie, T. (2012). “Genuine and drug-induced synesthesia: a comparison”, in Consciousness and cognition, 21(3)

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