Il sesso è ancora complicato (e per fortuna è così)

 

Immagine realizzata da Martina Lofrinch

È percezione comune che questa sia un’epoca sessualmente illuminata, caratterizzata dalla libertà dei costumi e dalla valorizzazione delle differenze individuali. In teoria, dovremmo considerare il sesso come una questione semplice, da affrontare con serenità e naturalezza. Dopotutto non siamo né vittoriani, né moralisti. Con la rivoluzione sessuale degli anni ’60, il sesso ha cominciato ad essere visto sotto una nuova luce: la gente ha iniziato a indossare bikini, a parlare di autoerotismo, a menzionare apertamente il sesso orale, a guardare i film porno e a familiarizzare con un argomento che, in passato, era stato fonte di inutile frustrazione. In quegli anni sembrava incredibile che i nostri antenati fossero così repressi. Eppure anche oggi, nel XXI secolo, il sesso rimane complicato e imbarazzante, fonte di insicurezze e problematiche di coppia. Circa il 45% delle donne e il 33% degli uomini soffre di qualche disfunzione sessuale, cioè un problema che impedisce a chi ne è affetto di desiderare o godersi l’attività sessuale (cfr. Laumann, Paik e Rosen, 1999).

Questi dati si scontrano con un indubbio paradosso, rappresentato dall’evidente sessualizzazione del mondo che ci circonda. Coefficiente a tutti gli effetti di tipo commerciale, oggi il sesso è diventato un ottimo venditore, una vera e propria calamita capace di attrarre il consumatore in maniera inconsapevole, spesso subdola. Qualsiasi prodotto può ammantarsi della sua caratterizzazione erotica, manifesta o latente, rilevante o decisamente inappropriata. Il diluvio di immagini, allusioni, riferimenti e messaggi sessuali a cui ogni giorno siamo sottoposti, ha tuttavia avuto come unico risultato quello di indebolire l’erotismo, mutandolo paradossalmente in qualcosa di anti-erotico. La sessualità obbligatoria, che spinge al conformismo, ha portato all’affermazione di un anticonformismo reazionario, dominato dall’indifferenza verso la dimensione erotica. Come risultato, la sfera erotica rimane tenacemente disgiunta da quella amorosa e ne soffre le amare conseguenze. La sessualità, ridotta al sesso come atto fisico, perde di qualità e viene inglobata dalla logica consumistica, in cui la quantità vince sulla qualità. Purtroppo, mentre un prodotto può essere assemblato in serie senza essere soggetto ad alcuna alterazione, il sesso “prefabbricato” vede in questo modo sfumare le sue caratteristiche peculiari e identitarie, perdendo di qualità proprio nelle sue fondamenta prettamente psicologiche e umane.

L’anti-erotismo, dunque, si connota per la mancanza di naturalezza e per l’assenza di creatività e di personalità. Nel suo libro, “Une jeunesse sexuellement libérée (ou presque)”, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), la giovane sessuologa Thérèse Hargot critica duramente quest’approccio al sesso, sempre più tecnicizzato, igienizzato, sterilizzato, ridotto alla combinazione meccanica di corpi resi innaturalmente glabri. La sessualità, al contrario di chi ne sostiene la liberazione, non è mai stata tanto “regolamentata” come oggi, a causa del rapporto tra l’importanza prioritaria data alla performance, imposta dall’industria pornografica, e l’ansietà derivata da una morale fortemente igienista e omologante. In sostanza, sostiene l’autrice, anche se la norma che regolamenta la sfera sessuale è cambiata, il rapporto con essa rimane invariato: dal dovere di procreare si è passati al dovere di godere, dal precetto di non avere relazioni sessuali prima del matrimonio, a quello di avere relazioni sessuali il prima possibile. L’industria pornografica ha oggi il ruolo che avevano le istituzioni – principalmente religiose – in passato, dettando le norme da rispettare e le modalità da seguire. La vera differenza è che la norma è stata interiorizzata, individualizzata, ed è percepita come una condizione invariabile, uno status quo da accettare per come è, in una condizione che ad alcuni può ricordare “Il mondo nuovo” descritto da Aldous Huxley.

Le conseguenze a livello psicologico e comportamentale di questo tsunami sessuale sono varie.

In particolar modo, si può riconoscere lo sviluppo di due tipi di sessualità: una sostanzialmente repressa, che si sfoga nella pornografia o addirittura sfocia negli abusi, un’altra patologica, che porta a un reale cambiamento comportamentale nella quotidianità. La sessualità patologica, propria dei più giovani, si traduce in un ostentato esibizionismo (Kafka, 2010). L’ossessiva esibizione del corpo conduce all’indebolimento dei rapporti umani e all’affievolimento delle capacità affettive ed emozionali, in quanto l’ostentazione corporea si presenta come un’offerta, che però risulta sempre essere incompleta, insufficiente, mai all’altezza del modello di riferimento. Lo stesso esibizionismo si rivela essere un’attitudine completamente anti-erotica, perché fondato sull’essenziale vergogna a mostrarsi per come si è realmente, per il principio che scoprire il corpo equivale a trincerare l’anima (cfr. Fabbrini & Melucci, 2000). La sovraesposizione corporea stessa, quindi, si tramuta in alienazione nel momento in cui l’offerta sessuale, che sembra voler eccitare, allo stesso tempo respinge. Ammirare ma non toccare, insomma. Dall’altra parte del continuum, la repressione sessuale non è altrettanto preferibile. Wilhelm Reich, figura controversa della psicoanalisi considerata al confine tra genio e follia, individuava proprio nella repressione la causa primaria di tutte le problematiche psicologiche lamentate dall’individuo. Nel suo famoso saggio “La rivoluzione sessuale” (1945), l’autore sostiene che una vita sessuale soddisfacente e appagante sia la chiave per raggiungere una vera salute mentale.

Alla luce di queste considerazioni, è opinione di chi scrive che la liberazione sessuale non sia mai davvero avvenuta. Anche se indossiamo un bikini, rimaniamo intrappolati nella paura e nella vergogna. Il sesso non riesce ad adattarsi comodamente all’amore, restando un argomento problematico come è sempre stato, ma con una difficoltà in più: ci siamo convinti che dovrebbe essere semplice. Come risultato, all’interno della vita di coppia, a volte l’unica possibilità che si riesce a vedere è quella di mentire per proteggere l’amore. Tra essere innamorati ed essere onesti, la maggior parte di noi sceglie la prima opzione, ma restiamo appesantiti da una sessualità che ci tormenta e ci angoscia. Soffriamo profondamente, spesso senza neanche conoscerne il vero motivo, ma preferiremmo morire piuttosto che esporci all’altro, rivelando ciò che davvero proviamo, sentiamo, desideriamo.

La vera liberazione è una sfida che non abbiamo ancora affrontato. Stiamo ancora cercando il coraggio per riconoscere la nostra natura distintiva, e imparare a parlare con la persona che amiamo, con audace onestà, di cosa si cela davvero nella nostra mente.

«Come la vista per i colori, l’udito per i suoni, il tatto per le superfici, così la sessualità non è un punto di passaggio o uno strumento per la manifestazione dell’esistenza, ma è l’espressione dell’esistenza, nel senso che esprime il modo in cui l’esistenza si relaziona ai corpi e al mondo […]la sessualità non è un’infrastruttura biologica, ma una dimensione che attraversa da parte a parte l’esistenza» – Umberto Galimberti

emma messinaEmma Messina

Info

 

 

 

Bibliografia

Fabbrini, A., & Melucci, A. (2000). L’età dell’oro. Adolescenti tra sogno ed esperienza. Feltrinelli Editore

Galimberti, U. (1988). “La parodia dell’immaginario”. In Pasini W., Crépault C., Galimberti U., L’immaginario sessuale, Cortina, Milano

Hargot, T. (2016) Une jeunesse sexuellement libérée (ou presque). Albin Michel

Huxley, A. (1932). Brave new world. Ernst Klett Sprachen

Kafka, M. P. (2010). Hypersexual disorder: A proposed diagnosis for DSM-V. Archives of sexual behavior39(2), 377-400.

Laumann, E. O., Paik, A., & Rosen, R. C. (1999). “Sexual dysfunction in the United States: prevalence and predictors”. In Jama281(6)

Reich, W. (1945). Die Sexualität im Kulturkampf. Sexpol

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